Alessandro Condina presenta la vita e le opere di
Torquato Tasso alla luce del contesto storico del tardo Rinascimento.
Il secondo Rinascimento si presenta come un
'epoca di crisi per la società e la cultura italiana. La società rinascimentale delle corti, giunta al suo massimo splendore, è già in decadenza.
Torquato Tassodunque si presenta come
l'interprete di questa crisi sociale e culturale. Nasce a Sorrento nel 1544, figlio del nobile
Bernardo Tasso e di
Porzia de Rossi, una nobildonna pistoiese. Fin dall'infanzia deve affrontare diverse difficoltà e cambiamenti: il padre, al servizio del principe di Salerno, alla caduta di questo viene proclamato ribelle e il suo patrimonio sequestrato. Torquato nel
1552 si trova a
Napoli con la madre e frequenta la scuola gesuita. Torquato pochi anni dopo raggiunge il padre, che vive a Roma poveramente. La madre muore nel 1556. L'anno successivo il Bernardo Tasso diventa
poeta ufficiale della corte di Urbino, dove si trasferisce con il figlio. Il tempo trascorso conio padre è altamente formativo dal punto di vista culturale per il giovane Torquato. Bernardo è un poeta e intellettuale e il figlio decide di seguire le sue orme.
Continuano le sue peregrinazioni da
Urbino a Venezia, poi a
Padova, e infine a
Bologna, e
Tasso aspira alla vita dell'intellettuale di corte. Desiderio che si avvera a Ferrara, dove dal 1565 al 1572 è al servizio del cardinale
Luigi d'Este, e nel 1572 passa al servizio di Alfonso II d'Este. Proprio in questo periodo Tasso, che vive momenti di serenità e benessere, realizza le sue opere più importanti:
nel 1573 pubblica la commedia pastorale Aminta in endecasillabi e settenari e nel
1574 completa il poema Gerusalemme liberata. Ma nel 1579, dopo un periodo di viaggi in giro per l'Italia, Tasso entra in conflitto con i nobili d'Este, e viene costretto al ricovero nell'ospedale psichiatrico di Sant'Anna, dopo aver dato in escandescenze alle nozze di Alfonso II.
Nasce così l'immagine cara ai romantici di Tasso, genio e folle, non compreso dalla società dell'epoca. Nel 1581 avviene la pubblicazione del poema
Gerusalemme liberata. Ma la diffusione dell'opera sfugge al controllo del poeta: inizialmente viene pubblicata con il titolo di
Goffredo e in seguito con il titolo
Gerusalemme liberata. Inizia un nuovo periodo di peregrinazioni. Negli ultimi anni della sua vita vive una sorta di
avvicinamento alla vita religiosa, e a questi anni risale la revisione del poema secondo i principi della Controriforma, al quale viene cambiato il titolo:
Gerusalemme conquistata. Muore nel 1595 La vita di Tasso è sempre volta alla ricerca di un equilibrio, di una serenità che non riesce mai a raggiungere, come si può evincere dall'abbozzo di canzone,
Canzone al Metauro. Alessandro Condina è giornalista e docente liceale di italiano e latino a Milano. Si è laureato all'università di Messina con una tesi sul
Commentario all'Apocalisse di Apringio di Beja. Collabora con varie testate online, tra cui D - La Repubblica e Blogo. Pensa che il web possa essere un ottimo strumento per la didattica, oltre che per l'informazione.
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In questa prima lezione su Torquato Tasso raccontiamo come l’autore sia veramente un interprete del secondo Rinascimento, un’età di crisi in cui, di fatto, la società italiana, la società letteraria e culturale del tempo, attraversa un periodo di grande difficoltà vedendo smantellarsi e sparire tutto quel mondo che era esistito fino a quel momento. Tasso si può considerare inoltre il primo intellettuale veramente italiano, anche per motivi anagrafici. Nasce a Sorrento dal padre Bernardo, un nobiluomo di origine bergamasca e dalla madre Porzia de’ Rossi che invece era una donna di origini pistoiesi. Già dalla prima infanzia Tasso dovette affrontare molte difficoltà, dovette cambiare città molto spesso; questo è un po’ il segno della sua esistenza, un’esistenza che deve affrontare cambiamenti, difficoltà, ricerca di sicurezze e che lo mette alla prova, impedendogli di realizzare davvero quell’ideale di intellettuale cortigiano che invece è il suo sogno, la sua ambizione. La vita di Tasso quindi può rappresentare, costituire il modello di questa crisi in cui una società arrivata al massimo splendore comincia subito l’epoca della decadenza.
Vediamo come Tasso da Salerno passi a Napoli quando il padre è costretto all’esilio, poi vada a Roma e, subito dopo essersi separato dalla madre, viva il trauma della morte della madre. Da qui comincia un’epoca di formazione a seguito del padre, il quale era un intellettuale molto noto all’epoca, anzi per molto tempo il Tasso è Bernardo Tasso e il nostro Torquato è definito dagli intellettuali dell’epoca il Tassino, nel senso di Tasso Jr. Il padre, infatti, partecipa all’esperienza della creazione di un poema epico con L’Amadigi e Torquato, a modo suo, decide di seguire le stesse orme. Quando è a Venezia, molto giovane, comincia la stesura di un poema epico dedicato alla prima Crociata: La Gerusalemme liberata; si rende tuttavia conto che questa impresa è superiore ai suoi mezzi e quindi si dedica allo studio. Continua così una peregrinazione che lo porta a Bergamo, a Urbino, a Venezia, a Padova, a Bologna dove si sommano la sua formazione culturale e varie esperienze di tipo intellettuale nonché l’aspirazione alla vita dell’intellettuale di corte. Questo ruolo comincia a viverlo a Ferrara (1562 – 1572), quando è al servizio di Luigi d’Este, il cardinale d’Este, tuttavia già a partire dal 1572 passa al servizio di Alfonso II, duca d’Este, alla Corte di Ferrara. È qui che Tasso vive il suo periodo migliore dal punto di vista umano, culturale e creativo infatti è qui a Ferrara che Tasso può realizzare le sue opere più importanti. Questa è l’epoca di maggiore creatività, ma subito cominciano delle peregrinazioni legate e motivate anche da alcuni problemi della psiche di Tasso, del suo fragile equilibrio che lo porta a entrare in conflitto anche con i Signori, i protettori che sono in difficoltà in questo rapporto. Nel 1579, infatti, dopo aver dato in escandescenze durante le terze nozze del duca Alfonso, viene costretto al ricovero coatto nell’ospedale psichiatrico di Sant’Anna. Qui nasce l’immagine molto cara ai Romantici di un Tasso che unisce la follia al genio, la cui grandezza non viene compresa dai contemporanei e che lo porta a fuggire, a rifiutare quella società che non lo riesce a comprendere.
Ne 1581, quando il suo soggiorno coatto non è più così stretto, avviene la pubblicazione del poema che però è sfuggito dal suo controllo: viene infatti diffuso prima sotto il nome di Goffredo e poi con il titolo di La Gerusalemme liberata. Tasso è molto scontento di questo avvenimento perché sente di aver perso il controllo della sua opera e ricomincia un’epoca di peregrinazioni: per un periodo è a Mantova alla corte dei Gonzaga dove lo accoglie Vincenzo Gonzaga, ma poi si allontana anche da lì e negli ultimi anni della sua vita vive una sorta di riavvicinamento o immersione più profonda nella vita religiosa, nel senso religioso. Non a caso, a questi anni risale la revisione del poema che Tasso riscrive secondo i princìpi della Controriforma e che riceve un nuovo titolo, quello dell’autore: La Gerusalemme conquistata. È importante capire come questa nuova temperie, queste nuove esperienze influenzino anche le scelte di poetica di Tasso. Tutta la sua vita è comunque una ricerca di un equilibrio, di una protezione, di una serenità che non riesce mai a raggiungere. Questo lo troviamo già in un testo, in una canzone che non è stata mai compiuta, ma che ci dà le coordinate delle ambizioni di Tasso e dei suoi pensieri frustrati. È la famosa Canzone al Metauro, un fiume che scorre vicino alla reggia di Urbino. È a questo fiume che si rivolge il Tasso per invocare la protezione dei signori della Rovere, cioè i signori di Urbino.
O del grand'Apennino
figlio picciolo sì, ma glorioso
e di nome più chiaro assai che d'onde,
fugace peregrino
a queste tue cortesi amiche sponde
per sicurezza vengo e per riposo.
L'alta Quercia che tu bagni e feconde
con dolcissimi humori, ond'ella spiega
i rami sì ch'i monti e i mari ingombra,
mi ricopra con l'ombra.
L'ombra sacra, hospital, ch'altrui non niega
al suo fresco gentil riposo e sede,
entro al piú denso mi raccoglia e chiuda,
sì ch'io celato sia da quella cruda,
e cieca Dea, ch'è cieca e pur mi vede,
bench'io da lei m'appiatti in monte o'n valle
e per solingo calle
notturno io mova e sconosciuto il piede,
e mi saetta sì che ne'miei mali
mostra tanti occhi haver quanti ella ha strali.
Qui abbiamo l’immagine del poeta “fugace e peregrino” che cerca riparo e conforto contro questa divinità cieca e malvagia: la sfortuna, la sorte che lo perseguita, una sorte che già da fanciullo lo ha colpito:
Me dal sen de la madre empia fortuna
pargoletto divelse, e da que' baci,
ch'ella bagnò di lagrime dolenti,
con sospir mi rimembra, e da gli ardenti
preghi che se'n portar l'aure fugaci:
ch'io non dovea giunger più volto a volto
fra quelle braccia accolto
con nodi così stretti e sì tenaci,
L’esperienza di Tasso può essere veramente paradigmatica della crisi degli intellettuali e della crisi del secondo Cinquecento.