Aristotele (Stagira, 384 a.C. – Calcide 322 a.C.) entra in giovane età (nel 367 a. C.) all'Accademia platonica, presso cui studierà per vent'anni. Nel 347, alla morte del maestro, Aristotele lascia la scuola e si reca ad Asso dove, protetto dal tiranno Ermia, fonda una scuola platonica. Pochi anni più tardi (342 a.C.), Filippo di Macedonia lo nomina precettore del figlio Alessandro, con cui Aristotele stringe negli anni un rapporto di profonda amicizia e a cui trasmette i valori fondanti della cultura greca. Nel 335, sempre supportato da Alessandro, apre ad Atene la propria scuola, chiamata Liceo; alla scrittura filosofica affianca l'attività didattica tra i suoi allievi e i suoi collaboratori, fino al 323 a.C. quando, morto Alessandro, deve abbandonare Atene, in aperta ribellione alla passata dominazione macedone, Giunto a Calcide, nell'Eubea,, muore l'anno successivo nel 322 a.C. all'età di 63 anni, probabilmente per una malattia allo stomaco.
Le opere di Aristotele si suddividono in:
1) Acroamatiche ("insegnamenti orali") o esoteriche ("segrete, riservate a pochi"): si trattava dei testi delle lezioni destinati agli allievi e tenute da Aristotele. Lo stile è scarno ed essenziale, dato che questi testi erano i manuali scolastici, con finalità didattiche.
2) Essoteriche ("destinati al pubblico"), costruiti in forma di dialoghi e caratterizzati da uno stile più vivace e raffinato. Il testo più importante è il Protrettico, una "esortazione alla filosofia" dove il filosofo enuncia il celebre ragionamento: "O si deve filosofare o non si deve, ma per decidere di non filosofare è pur sempre necessario filosofare: dunque in ogni caso filosofare è necessario".
Gianfranco Marini, laureato in Filosofia all'Università di Cagliari e in Tecnologia della comunicazione multimediale all'Università di Ferrara, è insegnante di Storia e Filosofia al Liceo Scientifico "G. Brotzu" di Quartu sant'Elena. Gestisce, inoltre, il blog dedicato alla didattica Aula Blog, il cui motto riprende la citazione spinoziana: "non ridere, non lugere, neque detestari, sed intelligere!"