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Pascoli, "L'assiuolo": testo e parafrasi

Parafrasi Analisi

L'assiuolo di Giovanni Pascoli fa parte della raccolta Myricae, e compare nella sezione In campagna. La poesia si svolge infatti in una campagna addormentata, notturna, in cui il poeta fatica a scorgere la luna. Dal buio gli arriva alle orecchie un pianto triste e lontano, il verso dell'assiuolo, un uccello notturno, che, lugubre, ispira al poeta pensieri legati alla mortePascoli si interroga quindi sul mistero che incombe sul nostro universo e sul destino dell'uomo, votato alla morte senza rimedio. La figura retorica più caratterizzante di questo componimento è l'onomatopea, utilizzata dal poeta per rendere il verso dell'assiuolo, chiù, che chiude ogni strofe con un sinistro presagio di sventura. Questo è un tratto caratteristico del fonosimbolismo pascoliano, ovvero della sensibilità del poeta per quegli elementi della natura che combinano al tempo stesso fascino e paura.

Pubblicata per la prima volta su «Il Marzocco» del 3 gennaio 1897, la poesia venne poi raccolta in Myricae a partire dalla quarta edizione di quello stesso anno.

Metro: tre coppie di quartine di novenari a rima alterna ABABCDCd (dove l'ultimo verso è sempre l'onomatopeico chiù, monosillabico).

  1. Dov'era la luna 1? Ché il cielo
  2. notava in un'alba di perla 2,
  3. ed ergersi il mandorlo e il melo
  4. parevano a meglio vederla.
  5. Venivano soffi di lampi 3
  6. da un nero di nubi 4 laggiù:
  7. veniva una voce dai campi:
  8. chiù 5...
  9. Le stelle lucevano rare
  10. tra mezzo alla nebbia di latte 6:
  11. sentivo il cullare del mare,
  12. sentivo un fru fru 7 tra le fratte;
  13. sentivo nel cuore un sussulto,
  14. com'eco d'un grido che fu 8.
  15. Sonava lontano il singulto:
  16. chiù...
  17. Su tutte le lucide 9 vette
  18. tremava un sospiro di vento;
  19. squassavano 10 le cavallette
  20. finissimi sistri d'argento 11
  21. (tintinni a invisibili porte
  22. che forse non s'aprono più? 12... );
  23. e c'era quel pianto di morte...
  24. chiù...
  1. Dov’era la luna? Perché il cielo
  2. era tutto immerso in una luce perlacea,
  3. e sembrava che il mandorlo e il melo si allungassero
  4. per cercare di vederla.
  5. Provenivano fremiti di lampi 
  6. dalle nubi nere in lontananza:
  7. e dai campi si sentiva venire un verso:
  8. chiù
  9. Le poche stelle risplendevano
  10. fra la nebbia color latte:
  11. sentivo il rumore delle onde del mare che mi cullava,
  12. sentivo un fruscio fra i cespugli;
  13. sentivo nel cuore un sussulto,
  14. provocato forse dal ricordo di un dolore passato.
  15. In lontananza risuonava come un singulto:
  16. chiù
  17. Su tutte le cime degli alberi, lucide per luce lunare,
  18. passava tremante un soffio di vento;
  19. le cavallette suonavano scuotendoli
  20. come dei finissimi sistri d’argento
  21. (forse segnali tintinnanti a porte invisibili
  22. che probabilmente non si apriranno più?…);
  23. e ancora si sentiva quel pianto di lutto
  24. chiù

1 Dov'era la luna: nonostante il colore perlaceo diffuso nell’aria la luna probabilmente è ancora sotto la linea dell’orizzonte, e quindi non visibile. Spicca, come spesso nella poesia pascoliana, il dato coloristico, lieve e sfumato, con cui si apre la scenografia notturna de L'assiuolo.

2 un'alba di perlaanalogia pascoliana, tipica della poetica del fanciullino e, più in generale, dello stile simbolista.

3 soffi di lampisinestesia che unisce sensazioni di ambiti sensoriali distinti e che, nel ricchissimo bagaglio tecnico pascoliano, serve ad esprimere tutte le sfumature e le impressioni delle tempesta notturna in arrivo.

4 nero di nubi: l'espressione, anziché concentrare l'attenzione sulle nubi, la sposta sul loro colore cupo e minaccioso.

5 chiù: questo è il suono onomatopeico che Pascoli attribuisce al canto dell’assiuolo, un rapace notturno somigliante al gufo ma poco più grande di un merlo comune; il verso dell’assiuolo, monotono e monosillabico, viene percepito come un melanconico e tristo presagio di morte.

6 nebbia di latte: i primi due versi della seconda strofe focalizzano l'attenzione sulla luce notturna e lunare, che filtra per una nebbia che impedisce la vista delle stelle, ma fa comunque filtrare un indefinito chiarore.

7 fru frualtro suono onomatopeico che rappresenta il fruscio dei cespugli.

8 Il ricordo del dolore del passato che riaffiora in superficie a causa del suono lugubre dell’assiuolo.

9 lucideil dato coloristico è ulteriormente arricchito e - al tempo stesso - sfumato: le "vette" degli alberi sono rese luminose dal riflesso della luce lunare.

10 squassavano: verbo di sapore onomatopeico, che contribuisce all'allitterazione della sibilante "s".

11 sistri d'argento: I sistri sono strumenti metallici a scotimento che emettono un sibilo acuto; erano utilizzati nell'antico Egitto per il culto misterico della dea Iside, che prometteva la resurrezione dopo la morte.

12 Le invisibili porte della morte probabilmente non si apriranno più per restituire i morti alla vita. Quindi il culto di Iside, evocato dal suono dei sistri, non ha effetto. Il tema dei “cari” defunti è molto presente nell’opera di Pascoli, che fu molto segnato dalla morte prematura del padre e della madre, come si vede emblematicamente in X Agosto o ne La cavalla storna.