La cavalla storna, penultimo testo dei Canti di Castelvecchio pascoliani, riprende una tematica che è ossessivamente presente (si pensi anche solo a X Agosto) nella fantasia e nella mente del poeta: l’assassinio del padre Ruggero il 10 agosto 1867, ad opera di ignoti.
Metro: distici di endecasillabi a rima baciata.
- Nella Torre 1 il silenzio era già alto.
- Sussurravano i pioppi del Rio Salto 2.
- I cavalli normanni alle lor poste
- frangean la biada con rumor di croste 3.
- Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
- nata tra i pini su la salsa spiaggia;
- che nelle froge avea del mar gli spruzzi 4
- ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
- Con su la greppia un gomito, da essa
- era mia madre 5; e le dicea sommessa:
- “O cavallina, cavallina storna 6,
- che portavi colui che non ritorna 7;
- tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
- Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
- il primo d’otto 8 tra miei figli e figlie;
- e la sua mano non toccò mai briglie 9.
- Tu che ti senti ai fianchi l’uragano
- tu dai retta alla sua piccola mano.
- Tu ch’hai nel cuore la marina brulla,
- tu dai retta alla sua voce fanciulla 10”
- La cavalla volgea la scarna testa
- verso mia madre, che dicea più mesta:
- “O cavallina, cavallina storna,
- che portavi colui che non ritorna;
- lo so, lo so, che tu l’amavi forte!
- Con lui c’eri tu sola e la sua morte.
- O nata in selve tra l’ondate e il vento,
- tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
- sentendo lasso nella bocca il morso 11,
- nel cuor veloce tu premesti il corso:
- adagio seguitasti la tua via,
- perché facesse in pace l’agonia…”.
- La scarna lunga testa era daccanto
- al dolce viso di mia madre in pianto.
- “O cavallina, cavallina storna,
- che portavi colui che non ritorna;
- oh! due parole egli dové pur dire!
- E tu capisci, ma non sai ridire 12.
- Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
- con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
- con negli orecchi l’eco degli scoppi,
- seguitasti 13 la via tra gli alti pioppi:
- lo riportavi tra il morir del sole,
- perché udissimo noi le sue parole”.
- Stava attenta la lunga testa 14 fiera.
- Mia madre l’abbracciò su la criniera.
- “O cavallina, cavallina storna,
- portavi a casa sua chi non ritorna!
- a me, chi non ritornerà più mai!
- Tu fosti buona... Ma parlar non sai!
- Tu non sai, poverina; altri non osa.
- Oh! ma tu devi dirmi una una cosa 15!
- Tu l’hai veduto l’uomo che l’uccise:
- esso t’è qui nelle pupille fise.
- Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
- E tu fa cenno. Dio t’insegni, come”.
- Ora, i cavalli non frangean la biada:
- dormian sognando il bianco della strada.
- La paglia non battean con l’unghie vuote;
- dormian sognando il rullo delle ruote 16.
- Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
- disse un nome... Sonò alto un nitrito 17.
- Il silenzio era già assoluto presso la Torre.
- I pioppi del Rio Salto sussurravano al vento.
- I cavalli normanni, nelle loro stalle,
- masticavano la biada con un sonoro ruminio.
- Laggiù c’era la cavalla selvaggia,
- nata fra i pini di una spiaggia salata,
- e questa sulle mucose del naso aveva ancora
- gli spruzzi del mare, e negli orecchi le urla stridenti.
- Mia madre, a fianco a lei, le teneva un gomito
- sul dorso; e le diceva con voce bassa:
- “O cavallina, cavallina pezzata di grigio,
- che portavi con te chi non tornerà più;
- tu che capivi i suoi gesti e i suoi comandi!
- Lui ha lasciato un orfano di pochi anni;
- [lui] è il primo dei miei figli e delle mie figlie;
- e lui non ha mai preso delle briglie in mano.
- Tu [cavallina] che senti ai tuoi fianchi il caos
- del delitto e ti fidi della sua piccola mano.
- Tu che hai nel cuore le erbe del mare.
- tu che ti fidi della sua voce da bambino”.
- La cavalla girava la testa piccola e magra
- verso mia madre, che diceva ancor più triste:
- “O cavallina, cavallina grigia,
- che portavi con te chi non può tornare più;
- come so bene che l’amavi tantissimo!
- Con lui, c’eravate solo tu e la morte.
- O tu, nata in un bosco tra il vento e le onde,
- tu hai tenuto stretto nel cuore il tuo spavento;
- quando hai sentito allentarsi il morso in bocca,
- hai preso a galoppare nel tuo cuore:
- lentamente hai seguito la strada verso casa,
- perché Ruggero morisse in pace…”.
- La magra testa della cavallina era a fianco
- al viso dolce di mia madre, rigato dalle lacrime.
- “O cavallina, cavallina pezzata,
- che portavi con te chi non c’è più;
- oh! lui avrà dovuto pur dire qualcosa!
- Tu l’hai capito, ma non lo puoi ripetere.
- Tu, con le briglie che ti cadono tra le zampe,
- con lingue di fuoco dentro gli occhi,
- con l’eco dei colpi di fucile negli orecchi,
- hai seguito la strada tra i filari dei pioppi:
- tu riportavi a casa Ruggero al tramonto,
- affinché noi udissimo le sue parole”.
- La lunga testa della cavallina stava attenta e fiera.
- Mia madre le strinse la criniera.
- “O cavallina, cavallina dal manto grigio,
- tu conducevi con te chi non può tornare!
- a me [portavi] chi non tornerà mai a casa!
- Sei buona… ma non puoi parlare!
- Tu non sai [parlare], poveretta; altri non osano farlo.
- Oh! Ma devi svelarmi una cosa!
- Tu hai visto il volto dell’assassino:
- esso è qui, fissato nelle tue pupille
- Chi è stato? Chi è? Ti dirò un nome.
- Tu fai un cenno - Dio ti dirà come”
- Ora, i cavalli non mangiavan più la biada:
- dormivano, sognando strade bianche.
- Non picchiavano con lo zoccolo sulla paglia;
- dormivano sognando il rotolio delle ruote dei carri.
- Mia madre, nel silenzio del mondo, alzò un dito:
- disse un nome… s’alzò un nitrito nel cielo.
1 Nella Torre: i Pascoli, famiglia agiata della borghesia contadina romagnola di metà Ottocento, erano amministratori della tenuta “La Torre”, di proprietà dei principi Torlonia.
2 Rio Salto: si tratta di una località a un paio di chilometri da San Mauro di Romagna (oggi San Mauro Pascoli), paese natale del poeta.
3 frangean la biada con rumor di croste: il verso è un buon esempio del lavorìo attento di Pascoli sugli effetti fonici e fonosimbolici della sua poesia; si noti qui l’insistenza sul suono della - r - come per riprodurre il ruminare lento e costante dei cavalli nella stalla.
4 avea del mar gli spruzzi: l’iperbato (cioè l’inversione dell’ordine consueto e normale dei componenti della frase) spezza la linearità del verso, anche per necessità di rima “spruzzi | aguzzi”.
5 La sintonia tra la “cavalla storna” e la madre del poeta, nella dolorosissima confessione del nome dell’assassino, è uno dei Leitmotiv del testo, e troverà scioglimento solo nell’ultimo distico del testo.
6 storna: l’aggettivo viene da un tipo di uccello, lo storno, una specie di passero il cui manto è di colore grigio scuro maculato di piccole chiazze bianche, uniformemente distribuite. La cavallina che tira il calesse di Ruggero Pascoli è insomma pezzata.
7 Il distico tornerà più avanti altre tre volte (ogni volta che la madre prende parola per rivolgersi alla cavallina), come una sorta di ritornello di filastrocca; Pascoli, per creare un senso di suspense attorno a ciò che sta raccontando sfrutta proprio la contrapposizione tra l’ingenua musicalità di questo refrain e la drammaticità delle circostanze.
8 il primo d’otto: i Pascoli ebbero in realtà dieci figli, ma due morirono poco dopo la nascita; il poeta era il quarto nella successione genealogica.
9 e la sua mano non toccò mai le briglie: la poesia tematizza così la perdita d’unità del “nido” familiare; la morte di Ruggero spezza infatti la trasmissione del sapere e della conoscenza tra il pater familias e la sua discendenza.
10 alla sua voce fanciulla: si noti l’aggettivazione (anche sopra al v. 18: “piccola mano”), che contribuisce a creare commozione per la morte ingiusta ed impunita di Ruggero.
11 il morso: è la parte della briglia che l’animale stringe in bocca e che aiuta a dirigerne i movimenti.
12 ma non sai ridire: si inserisce qui il tema patetico dell’impossibilità della cavallina di parlare e di svelare il nome dei colpevoli.
13 seguitasti: il verbo, che ha una sfumatura continuativa (come se l’azione del tornare a casa fosse protratta per un tempo quasi infinito), sottolinea la drammaticità dell’agguato in cui Ruggero Pascoli ha perso la vita: la cavallina al calesse, conoscendo la strada, riporta lentamente il cadavere a casa.
14 testa: l’insistenza sulla “testa” dell’animale contribuisce ad umanizzarne la descrizione, come se fosse una interlocutrice (purtroppo muta, ma partecipe al dolore) della madre del poeta.
15 Il distico introduce il tema su cui si chiude La cavalla storna: la rivelazione dei nomi degli assassini del padre. Di recente, sono stati confermati quei sospetti che erano anche del poeta: mandante dell’omicidio del 10 agosto fu Pietro Cacciaguerra (che prenderà il posto di Ruggero quale amministratore delle terre dei Torlonia) ed esecutori materiali Michele Della Rocca e Luigi Pagliarani (che erano antagonisti politici del padre di Pascoli, cavouriano di formazione).
16 La poesia si chiude così su una struttura circolare: i cavalli nella stalla ormai non mangiano più ed anzi stanno dormendo, sognando l’attività del giorno seguente. Alla serenità del mondo naturale corrisponde allora la tragedia degli uomini.
17 L’ultimo distico svela tutta l’abilità compositiva di Pascoli: se la rivelazione dei colpevoli, protratta fino alla fine del testo, si risolve in un nuovo enigma (la cavallina risponde con un “nitrito” ad un “nome” fatto dalla madre del poeta), si può notare anche la particolare struttura del periodo. Le tre frasi, coordinate per asindeto, sono scandite ritmicamente dai tre predicati (“alzò”, “disse”, “sonò”) e dalle parole in rima (“dito | nitrito”), che vengono così ulteriormente sottolineate. L’effetto è quello di una conclusione assai icastica e drammatica.