Introduzione
La cavalla storna è un componimento di Giovanni Pascoli che ritroviamo inserito nella raccolta Canti di Castelvecchio. Lo sfondo poetico, come in numerose poesie della produzione pascoliana, è quello della campagna romagnola; siamo infatti nei pressi di San Mauro. Il paesaggio agreste, così familiare al poeta, è tuttavia avvertito in termini simbolisti: il mondo di Natura, anziché rappresentare un pacifico e sereno locus amoenus estraneo ai turbamenti della realtà, diventa, secondo la poetica del fanciullino, il tramite per alludere ad una realtà ulteriore e misteriosa, celata alla maggior parte di noi ed indicata solo da ambigui segnali. L'atteggiamento della cavallina (e le tragiche circostanze dell'episodio narrato dal poeta) sono allora il punto di partenza per una deformazione quasi allucinata della realtà.
Il tema della morte nella poesia
Il tema affrontato è quello dell'assassinio del padre 1, evento drammatico che colpisce profondamente l'esistenza del poeta ne segna a lungo la poetica, ossessivamente attraversata dalla percezione della morte, del dolore e della provvisorietà del “nido” familiare.
L’ambientazione del testo e la scena descritta contribuiscono al’atmosfera di angoscia e di strazio dell’evento: la fedele cavalla del padre (detta “storna” in riferimento al manto grigio e chiazzato) torna a casa trainando il calesse con il corpo del defunto, mentre la madre che le si rivolge quasi fosse un essere umano, cercando di scoprire chi abbia ucciso il marito. Il paesaggio naturale - siamo ormai a sera inoltrata, quando “nella Torre il silenzio era già alto” 2 - contribuisce a creare un senso di inquietante mistero, come se dal mondo esterno giungessero segnali indecifrabili della tragedia che s’è compiuta.
In tal senso, l’umanizzazione della cavallina, evidente soprattutto nelle parole che la madre del poeta le rivolge, è un elemento fondamentale: essa infatti è l'unica testimone dell'omicidio di Ruggero, e deve svelare il nome dell'assassino. Il dialogo tra la madre e la cavallina sfocia allora, mentre cresce la tensione emotiva, in una scioccante rivelazione finale, durante la quale la cavalla sembra indicare l'identità dell'omicida, nitrendo al suono del suo nome (come detto nel distico conclusivo: "Mia madre alzò nel gran silenzio un dito: | disse un nome... Sonò alto un nitrito").
È così centrale nel testo l'elemento patetico, rappresentato proprio dalla cavallina (vv. 23-26: “O cavallina, cavallina storna, | che portavi colui che non ritorna; | lo so, lo so, che tu l’amavi forte! | Con lui c’eri tu sola e la sua morte") che diventa emblema della violazione del "nido" del poeta. Attraverso il silenzio dell’animale e la sua sofferta “confessione” a gesti e nitriti (v. 50: “Tu fosti buona... Ma parlar non sai!”) si esplicita la visione del mondo di Pascoli: un segnale ambiguo e misterioso, carico di pathos e di angoscia, che fa intravedere ed intuire al di sotto della realtà le relazioni inedite tra le cose del mondo.
Lo schema di una filastrocca
Metricamente, La cavalla storna è composta da trentuno distici di endecasillabi, e la rima è baciata, secondo il modello AA BB CC DD. Questa particolare scelta metrica rende la poesia simile a una filastrocca, elemento che ha contribuito alla sua celebrità e diffusione, e che si ricollega alla prospettiva straniante del "fanciullino" (con cui Pascoli intuisce una realtà "diversa" e al di là dei canonici rapporti di causa-effetto) e alla presenza ossessiva della morte.