Introduzione
La prima edizione dei Canti di Castelvecchio (i cui singoli componimenti sono precedentemente apparsi su diverse riviste) viene pubblicata nel 1903 e, come già avvenuto in Myricae, viene poi rivista ed accresciuta nel corso degli anni, sino all’edizione postuma del 1912. La raccolta, dedicata alla memoria della madre, presenta la stessa epigrafe di Myricae, tratta dalla quarta bucolica di Virgilio (vv. 1-2: “Sicelides Musae, paulo maiora canamus! | Non omnis arbusta iuvant humilesque myricae”), e descrive sempre l’umile vita campagnola e il mondo della natura, privilegiando in questo caso la realtà della Garfagnana (il poeta dal 1895 risiede a Castelvecchio di Barga, in provincia di Lucca).
Tematiche
La celebrazione del mondo della Natura
Dal punto di vista tematico, i Canti di Castelvecchio si avvicinano a Myricae nell'attenzione riservata al mondo naturale, che si fa portatore e simbolo del valore delle cose semplici e umili, intese spesso come uno “schermo”, una protezione contro i lutti e i dolori del mondo, e come un universo protetto dove ricostruire il proprio “nido” familiare.
La prospettiva rispetto a Myricae è però in parte diversa: se nella prima raccolta Pascoli descriveva un microcosmo misterioso e perturbante (si pensi a L’assiuolo o Lavandare) qui si privilegia il ciclo naturale delle stagioni, con l’alternarsi delle diverse stagioni. La scelta per Pascoli ha valore simbolico: all’eterno ritorno del mondo naturale, che si rinnova e rinasce, si contrappone il tema pascoliano della morte e l’angoscia della vita individuale (come ne La mia sera).
La morte, la poesia e il cosmo
La percezione della morte spinge da un lato il poeta a rifugiarsi nella dimensione del ricordo e della giovinezza, spesso evocati sulla pagina con sapore nostalgico e malinconico 1; dall’altro acquistano più rilievo i toni lirici, che, rispetto a Myricae, sono ben più numerosi di quelli narrativi o descrittivi. L’incupirsi delle proprie prospettive esistenziali conduce Pascoli ad assegnare uno specifico compito alla poesia, che ora deve esorcizzare il pensiero della morte o consolare il dolore individuale, data anche l’insufficienza delle risposte assicurate dalla fede religiosa.
Da non dimenticare anche un particolare filone pascoliano, presente dai Canti in poi, dedicato alla tematica astrale: in alcuni testi (come Il bolide), il poeta riflette sul rapporto tra mondo umano-naturale e macrocosmo celeste.
L’ispirazione simbolista e lo stile dei Canti di Castelvecchio
Caratteristica dei Canti di Castelvecchio è una più marcata impronta simbolista, che porta alla massima elaborazione lo stile dell’autore, in direzione di un linguaggio poetico “nuovo” e di sapore analogico, che traduca sulla pagina tutte le sfumature dell’acutissima sensibilità del poeta nei confronti del mondo.
La sintassi e il lessico puntano così a distaccarsi dal linguaggio quotidiano, mescolando livelli diversi (da quello “basso” a quello aulico, passando per i termini tecnico-settoriali o specialistici), lingue classiche o straniere 2, e ricorrendo ad un ampio panorama di figure retoriche e di soluzioni metriche e fonico-lessicali (come in testi quali Nebbia, Il gelsomino notturno, La cavalla storna), che avranno un profondo influsso sulla poesia italiana primo-novecentesca.
1 A questo tema, si ricollega anche quello intimistico della memoria dei propri morti.
2 Pascoli vinse per tredici volte il prestigioso Concorso di poesia latina di Amsterdam e ricorre all’inglese nel suo poemetto Italy.