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Pascoli, "Il gelsomino notturno": analisi del testo

Introduzione

 

Il gelsomino notturno di Giovanni Pascoli fa parte dell'ampia raccolta i Canti di Castelvecchio, pubblicati per la prima volta nel 1903 (e poi in edizione definitiva postuma nel 1912). Il testo, composto da sei quartine di novenari, a rima alternata, viene dedicata dal poeta all’amico Gabriele Birganti, in occasione  delle sue nozze. Nel Gelsomino notturno, ritroviamo tutto il respiro simbolista pascoliano, che trova nel mondo naturale il termine di confronto per la propria acutissima sensibilità e per l’inquietudine esistenziale che attraversa la sua poesia.

 

Analisi

 

A partire dal titolo stesso Il gelsomino notturno si presenta come una sfumata metafora erotica; la dedica all’amico che si appresta a consumare la prima notte di nozze introduce la tematica sessuale, da cui il poeta si sente drammaticamente escluso. Pascoli si serve così di una serie di immagini e referenti dal mondo naturale per sviluppare questo tema. Innanzitutto i “fiori notturni” (v. 1), ovvero quei gelsomini che hanno appunto la caratteristica di aprirsi con il calare delle tenebre per richiudersi poi con l'avvento del mattino, e in seguito le “farfalle crepuscolari” (v. 4), che anticipano il momento della giornata - la sera - in cui è ambientata la poesia.

Nella seconda e terza quartina prevale l’atmosfera di pace della fine del giorno, attraversata però dall’attesa di qualcosa di misterioso che sta per giungere. “L’odore di fragole rosse” (v. 10) è appunto la sinestesia che Pascoli usa per alludere ellitticamente l’esperienza sessuale che gli sembra preclusa 1. Egli appunto si trasfigura nella “ape tardiva” (v. 13) che trova tutto il suo alveare occupato da chi è arrivata prima di lei; e la scena ha subito un parallelo in una dimensione “cosmica”, sullo sfondo del cielo attraversato dalle Pleiadi sfavillanti (la “Chioccetta” del v. 15 è nome popolare per la nota costellazione). Anche lo sguardo del poeta, che sembra osservare la scena dall’esterno della casa, è un indizio della sua sofferenza silenziosa; egli non può che vedere il lume in mano allo sposo salire “su per la scala” (v. 19), dove però poi si spegne.

Il passaggio all’ultima quartina del testo è mediato da un’ellissi, attraverso la quale si passa all’alba successiva; la “felicità nuova” (v. 24), che allude alla futura gravidanza della moglie dell’amico, è la causa per cui i petali del gelsomino sono “un poco gualciti” (v. 22). La conclusione del Gelsomino raggiunge così il vertice dell’allusività erotica e il punto più alto della metafora dell’esclusione che caratterizza il testo: il poeta è infatti estraneo al ciclo della vita simboleggiato da “l’urna molle e segreta” (v. 23) del gelsomino 2.

 

Il simbolismo pascoliano: tra percezione dell’indefinito e ricerca stilistica

 

Il gelsomino notturno è considerato un testo-chiave del Simbolismo pascoliano per la sua raffinata capacità di evocare ed alludere la realtà amoroso-erotica in maniera indiretta e sfumata, con una mpio ricorso ad alcune figure retoriche tipiche dell’autore. 

Molto interessante osservare come Pascoli sappia abilmente bilanciare spinte divergenti. Da un lato c’è infatti l’atmosfera sfumata ed allusiva della situazione descritta dal poeta (il paesaggio serale e poi notturno, la sensibilità raffinatissima nel cogliere il profumo dei fiori, il ronzio dell’ape solitaria, il gioco delle luci); dall’altro un uso precisissimo sia della metrica 3 e di alcune figure retoriche, come sinestesie (v. 10: “l’odore di fragole rosse”) e metonimie (v. 7: “Sotto l’ali dormono i nidi”), in un generale clima dominato dall’analogia, che istituisce legami misteriosi ed oscuri - noti solo al poeta-fanciullino - tra le cose. 

Molto curato anche l’aspetto fonosimbolico e percettivo del testo, grazie ad un’attenta alternanza tra vocali aperte e chiuse, e tra verbi e sostantivi che rimandano all’ambito uditivo (“si tacquero i gridi”, “una casa bisbiglia”, “un’ape tardiva sussurra”, “col suo pigolìo di stelle”) e visivo (“s’aprono i fiori”, “sono apparse [...] le farfalle crepuscolari”, “splende un lume”, “l’aia azzurra”, “passa il lume”, “si chiudono i petali”) e alla dimensione coloristica (il “rosso” simbolico delle fragole, l’azzurro del cielo notturno, il brillare del “lume per la scala”).

1 In questo senso, il Gelsomino notturno si avvicina assai ad una poesia come Digitale purpurea.

2 Il gelsomino notturno è del resto attraversato anche dalla consapevolezza della morte e dal tema pascoliano della violazione del “nido”: al v. 2 è esplicito il richiamo funereo alla morte dei propri “cari”, secondo un atteggiamento che ritorna anche in X Agosto e ne La cavalla storna.

3 Il ritmo dei novenari è scandito dalla rima alternata e dagli accenti sulla seconda sillaba dei primi due versi di ogni strofe e sulla terza sillaba nel terzo e quarto verso: ciò crea un effetto ritmico cadenzato e cantilenante. Da notare poi la raffinata scelta metrica del v. 21, dove l’ultima sillaba della parola sdrucciola “petali”, “-li”, si collega metricamente al verso seguente.