Introduzione
Autunno, pubblicata in rivista nel 1931, viene poi inclusa da Vincenzo Cardarelli nella raccolta Giorni in piena (1934). Cardarelli è spesso ricordato nelle storie letterarie come promotore della cosiddetta “restaurazione rondista”. In contrasto col periodo dello sperimentalismo espressivo tipico degli anni ‘10 del Novecento - pensiamo ad esempio ai futuristi - un gruppo di intellettuali raccolti intorno alla rivista letteraria “La Ronda” (1919-23) predicava il ritorno alle forme letterarie classiche, ispirandosi specialmente alla prosa di Leopardi. I rondisti davano infatti più importanza alla prosa che alla lirica. Anche per la poesia di Cardarelli si può parlare di classicismo, sottolinenadone però le tensioni interne e gli elementi di modernità.
Nella lirica Autunno il poeta utilizza uno stile preciso e misurato, che apparentemente non dà spazio all’espressione di emozioni personali. L’autunno, presentito nei fenomeni atmosferici estivi (il vento e le piogge), è immagine della fugacità della giovinezza, che sopravvive solo nel lungo “addio” della nostalgia. Il tema della giovinezza fuggevole, topos di tutta la letteratura fin dalla classicità greco-romana, è filtrato attraverso richiami leopardiani. Secondo il critico Pier Vincenzo Mengaldo, lo scorrere del tempo è un motivo fondamentale nella poesia di Cardarelli: lo stile lucido e raziocinante della sua poesia può essere visto come un’arma di difesa che il poeta oppone alla transitorietà e alla vanità della vita. Sempre Mengaldo segnala che la poesia di Cardarelli “rifugge dal colore e dal lusso delle immagini [...] cercando invece l’esattezza definitoria”. Dietro uno stile asciutto e distaccato si percepisce però una tragicità tutta moderna: altri critici hanno parlato infatti di “segreto e disperato pathos” (Martignoni) e di “disperato classicismo” (Solmi). Questa vena tragica si percepisce bene nel tono perentorio, monologante e rassegnato di Autunno.
Metrica: dodici versi di lunghezza variabile, tra cui tre endecasillabi posti in apertura e chiusura (vv. 1, 11, 12) e poi senari, settenari e ottonari. Numerosi i richiami fonici (notiamo ad esempio l’insistenza sulle consonanti - n - e - m - ai vv. 1-2). La sintassi mediamente involuta e l’uso di vocaboli lunghi (“torrenziali”, v. 4; “indicibile”, v. 10; “lungamente”, v. 12) generano un marcato effetto di lentezza che caratterizza il ritmo del componimento.
- Autunno 1. Già lo sentimmo 2 venire
- nel vento d'agosto,
- nelle pioggie 3 di settembre
- torrenziali e piangenti 4
- e un brivido percorse la terra
- che ora, nuda e triste,
- accoglie un sole smarrito 5.
- Ora passa e declina,
- in quest'autunno che incede 6
- con lentezza indicibile 7,
- il miglior tempo 8 della nostra vita
- e lungamente ci dice addio 9.
- È autunno. Presentivamo la sua venuta
- dentro il vento di agosto,
- nella pioggia di settembre
- abbondante e scrosciante come lacrime
- e un fremito ha percorso la terra
- che adesso, brulla e triste,
- è illuminata da un sole più debole.
- In questo momento scorre e tramonta,
- nell’autunno che avanza
- con una lentezza inesprimibile,
- la nostra giovinezza,
- e a lungo ci saluta per sempre.
Bibliografia:
P. V. Mengaldo, Poeti italiani del Novecento, Milano, Mondadori, 1978.
C. Segre - C. Ossola, Antologia della poesia italiana, Novecento, Torino, Einaudi, 1999.
N. Lorenzini, Poesia del Novecento italiano, Milano, Carocci, 2002.
1 Autunno: quello che potrebbe sembrare un vocativo, per la collocazione iniziale, la coincidenza col titolo e gli illustri modelli letterari (ad esempio D’Annunzio), è in realtà un’espressione estremamente sintetica che indica la presenza dell’autunno. Benché priva di un segnale temporale esplicito si riferisce al presente, in contrapposizione col passato su cui si apre la frase immediatamente successiva. Si tratta di una parola-chiave per l’intero componimento.
2 L’uso della prima persona plurale conferisce solennità e universalità all’argomentazione: la riflessione non vale solo per il poeta ma, in generale, per tutti gli uomini.
3 Attraverso delle immagini atmosferiche come il vento e la pioggia, i versi spiegano come la giovinezza sia minata dal presentimento della vita adulta, età lenta e dolorosa in cui le speranze cedono il posto a una “dolcissima agonia” (come dice sempre Cardarelli nella sua Ottobre, v. 29).
4 torrenziali e piangenti: la coppia di aggettivi associa un termine concreto (“torrenziali”) ad uno traslato (“piangenti”), che contribuisce all’umanizzazione della natura autunnale.
5 un sole smarrito: la sfera semantica prevalente (si veda anche al v. 6 “nuda e triste”) è insomma quello del dolore dell’esistenza di fronte allo scorrere - apparentemente assurdo - della vita umana.
6 Nella seconda parte del testo, apertasi col v. 8, l’autunno e la “giovinezza in fuga” non sono più fuse in un’unica immagine “stagionale”, ma vengono separati e accostati in parallelo: mentre l’autunno avanza la giovinezza tramonta. Questo procedimento retorico aumenta il tono distaccato e realistico del componimento.
7 Nella poesia Ottobre Cardarelli definisce l’autunno come “la stanca stagione | che ha già vendemmiato” (v. 6-7): Lentezza e stanchezza sono attributi che esprimono l’assenza delle energie e delle speranze tipiche della giovinezza.
8 il tempo migliore: richiamo esplicito a due poesie di Leopardi: gli uccelli che vagano nel cielo “festeggiando il loro tempo migliore” de Il passero solitario (v. 11) e il poeta che ricorda di aver dedicato la giovinezza agli studi (A Silvia, vv. 17-18: “il tempo mio primo | e di me si spendea la miglior parte”).
9 Il congedo definitivo dura a lungo per via del ricordo, doloroso ma sempre vivo, della passata età felice.