Della sterminata biografia di Gabriele D'Annunzio (1863-1938) è uno il tratto che colpisce maggiormente il lettore d'oggi: il suo progetto del "vivere inimitabile" (che, per ironia della sorte, sarà di gran lunga il più imitato, nell’ultimo secolo, dai nostri immarcescibili decadenti di provincia) ha davvero un tratto di grande modernità, se non addirittura postmodernità. L’abilità cioè di costruire, a fini propagandistici e non solo, una "vita-opera", un’esistenza testualizzata che trascende di gran lunga l’interesse e l’importanza delle singole opere letterarie (e teatrali, e cinematografiche) da lui stesso licenziate. Gli stessi “fatti” di questa esistenza, a partire per esempio dalle “gesta” più o meno eroiche della Grande Guerra (affrontata da volontario a cinquant’anni passati), sono come solidificati – resi plastici e icastici, dunque memorabili appunto – dalla consapevolezza, nel protagonista assai precoce, d’essere incorniciati, e insieme reificati, da questo frame testuale. Sono fatti insomma che, sin dall’attimo del loro primo compiersi, hanno appunto la forma di gesta: porzioni di una leggenda biografica che fissano i tratti di un uomo che scelse di vivere come monumento a se stesso.
Andrea Cortellessa è un critico letterario italiano, storico della letteratura e professore associato all'Università Roma Tre, dove insegna Letteratura Italiana Contemporanea e Letterature Comparate. Collabora con diverse riviste e quotidiani tra cui alfabeta2, il manifesto e La Stampa - Tuttolibri.