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L’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert e la filosofia dell’Illuminismo

L’esperienza dell’Encyclopédie

 

La storia della pubblicazione dell’Encylopédie

 

L’Encyclopédie, o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, nasce dall’idea di un libraio parigino, André Le Breton, di far tradurre a Denis Diderot (1713-1784) la Cyclopaedia, o Dizionario universale delle arti e delle scienze (1728) dell’inglese Ephraim Chambers (1680-1740), membro della Royal Society di Londra ed autore di quello che all’epoca era ritenuto un punto di riferimento per la circolaizone del sapere. Breton si associa con tre colleghi (David, Durand e Briasson) ma è Diderot, affiancato da Jean-Baptiste Le Rond D’Alembert (1717-1783) per la parte matematica, a trasformare il progetto originale in un piano di ben più ampio respiro, riversando nei volumi di Le Breton tutta la tensione al rinnovamento filosofico e politico-sociale che animava l’Illuminismo e il gruppo dei philosophes.

Per quanto riguarda la cronologia dell’opera, il primo volume viene pubblicato nel luglio del 1751, mentre il secondo volume esce l’anno seguente (nel 1756, alla pubblicazione del sesto volume, le sottoscrizioni saranno più di quattromila). La pubblicazione deve tuttavia subire più d’una battuta d’arresto, a causa delle aspre opposizioni di gesuiti, giansenisti e dell’ambiente religioso di corte; grazie all’aiuto di Madame de Pompadour e del giurista Guillame Malesherbes, un anno dopo, nel 1753, può uscire anche il terzo volume. Nel 1757 la produzione entra in crisi a causa di problemi tra i collaboratori (alcuni dei quali, come D’Alembert, abbandonano il progetto), dovuta principalmente alle tensionidovute a una campagna di diffamazione contro gli enciclopedisti e all’inasprimento della censura dopo un attentato a Luigi XV. Dopo svariati anni di direzione solitaria di Diderot, affiancato solo da pochi amici devoti, nel 1772 esce l’ultimo tomo dell’Encyclopédie, che annovera diciassette volumi di voci ed undici di tavole illustrate.

 

L’Encyclopédie e l’Illuminismo

 

Al ciclopico lavoro dell’Encyclopédie si deve senza ombra di dubbio una delle maggiori rivoluzioni nella diffusione della cultura e del pensiero in Europa. Tale rivoluzione che si inserisce in un contesto particolare: se da un lato infatti si assiste a una sempre maggiore diffusione delle scienze matematiche e allo sviluppo della borghesia e della cultura ad essa connessa, è anche vero che in Francia l’assolutismo di Luigi XIV “ha spento in ogni campo la libera critica e ritardato il progresso delle scienze. [...] Poiché ogni enunciazione delle nuove idee [è] perseguitata come un atto sovversivo - e punita con pubbliche condanne e mandati d’arresto - le nuove idee [acquistano] una carica rivoluzionaria” 1. Possiamo quindi considerare l’Encyclopédie come il primo strumento di diffusione di una visione del mondo laica e moderna. Tra i capisaldi del progetto, esposti nel Prospectus e soprattutto nel Discorso preliminare dell’opera, si possono individuare:

- La preferenza accordata all’aspetto pratico e sperimentale del sapere, in reazione alle speculazioni della metafisica o all’erudizione fine a se stessa; il modello di riferimento, nell’esaltazione della tecnica applicata, è il filosofo inglese Francis Bacon (1561-1626), insieme con i “padri” della rivoluzione scientifica (Newton, Locke, Galileo, Huygens)
- La concezione della cultura e del sapere come vettori di progresso e, al tempo stesso, come elemento di libertà politica e culturale contro tutte le forme di tradizionalismo e di imposizione di principio di autorità
- Una concezione dell’intellettuale e del filosofo che privilegi il suo ruolo attivo e partecipe nella società, e focalizzi un suo impegno laico

Rilevantissimo è il profilo culturale dell’impresa (benché ovviamente la qualità delle singole voci conosca molte oscillazioni): negli anni tra il 1751 e il 1772 alcuni tra i più grandi esponenti della filosofia e della cultura francese danno il proprio contributo con la stesura di intere voci. Charles Louis Montesquieu (1689-1755) scrisse un Saggio sul gusto come voce di enciclopedia, Jacques Turgot (1727-1781) si dedicò alle definizioni di Etimologia ed Esistenza, Rousseau (1712-1778) si occupò della parte musicale e di economia politica, vi collaborarono fra gli altri Georges-Louis Buffon (1707-1788), Voltaire (François-Maire Arouet, 1694-1778) e  Paul Henry Thiry D’Holbac (1723-1789), nonché una quantità ingente di collaboratori anonimi. L’Encyclopédie resta insomma un’opera composita, manifesto di una cultura in cui le polemiche politiche e filosofiche sono dissimulate in modo sapiente e arguto.

 

L’esperienza culturale di Diderot

 

L’opera di Denis Diderot (1713-1784) è esemplificativa di quel rinnovamento culturale e sociale di cui si fa portavoce l’Illuminismo. Infatti, se il pensatore è ricordato principalmente per la sua direzione dell’Encyclopédie, della sua vastissima opera letteraria e filosofica possiamo citare: i Pensieri filosofici (1746), condannati dalla censura, i Gioielli indiscreti (1747), in cui mette apertamente in ridicolo Luigi XV e la sua corte, i Pensieri sull’interpretazione della natura (1754), Il nipote di Rameau (1760), Il sogno di d’Alembert (1769), in cui traccia “un audace schizzo di quella che, con Lamarck e Darwin, diventerà la teoria dell’evoluzione delle specie 2.

Le sue opere sono permeate dalla fiducia illuminista nella ragione, intesa come sola guida dell’azione umana, e dalla concezione di una divinità concepita in ottica deista, come sensibilità diffusa nel mondo e a tratti impenetrabile. Non deve stupire, da questo punto di vista, il percorso culturale di Diderot che, educato in giovinezza dai gesuiti e avviato alla vita ecclesiastica, abbandona la religione per studiare a Parigi, dove inizialmente vive lavorando come traduttore fino ad ottenere l’incarico di dirigere il progetto che sarebbe poi sfociato nell’Encyclopédie. Diderot dedica e sacrifica la sua vita alla lotta per la diffusione della cultura e, rimasto solo a dirigere l’Encyclopédie dopo la crisi del 1757 con il collega D’Alembert, redige un numero impressionante di articoli occupandosi di qualsiasi argomento, per quanto i suoi maggiori sforzi sono dedicati alla diffusione della storia della filosofia e delle arti meccaniche. Pensatore dai vasti interessi, Diderot mantiene sempre nei confronti della scienza un atteggiamento aperto, che ritiene inutile indagare problemi metafisici, poiché esulano dai dati della coscienza. La concezione della natura di Diderot è di stampo monistico e vitalistico, e questo dinamismo si ritrova anche nella sua narrativa romanzesca, tra cui si possono ricordare La monaca (1760), Il nipote di Rameau (1762) e Giacomo il fatalista (1773).

 

L’Illuminismo di D’Alembert

 

Jean-Baptiste Le Rond D’Alembert (1717-1983), figlio illegittimo di una marchesa e di un cavaliere, abbandonato dalle madre sui gradini di Notre Dame, cresce in orfanotrofio e in seguito presso una famiglia adottiva di origne poolare, ma riesce ugualmente a conseguire gli studi grazie a una rendita che il padre biologico, pur non riconoscendolo, gli accorda.

Animatore con Diderot del grandioso progetto dell’Encyclopédie, è suo il Discorso preliminare col piano illustrativo dell’opera. Qui D’Alembert presenta una classificazione delle discipline principali e delle attività spirituali, nonché la tesi - d’ispirazione lockiana - per cui ogni conoscenza deriva dai sensi e il passaggio dalla sensazione all’oggetto esterno non deriva dal ragionamento ma dall’istinto. Pertanto d’Alembert identifica nel pensiero tre modi di operare sugli oggetti: la memoria, intesa come conservazione passiva della conoscenza; la ragione, intesa come riflessione sulle conoscenze acquisite; e l’immaginazione, intesa come imitazione creativa delle conoscenze. Ma le scienze in cui d’Alembert si distingue fin dalla giovane età sono quelle fisico-matematiche, e non a caso nella redazione dell’Encyclopédie su occuperà delle parti ad essere riferite. Profondamente illuminista, d’Alembert sottilinea nelle sue opere i limiti della ragione e “la consapevole accettazione del limite, il puntiglioso rifiuto di ciò che non è verificato, lo [rendono] sostanzialmente sordo all’arte e alla poesia” 3.

1 La filosofia dell’Encyclopédie (a cura di P. Casini), Bari, Laterza, 1966, p. 8.

2 ivi, pag. 24.

3 Ivi. pag. 19.