Aspetti generali
La critica a tradizione, pregiudizio e religione
L’Illuminismo è un movimento culturale e filosofico che si sviluppa in particolare in Francia e in generale tutta Europa nel XVIII secolo, e che propugna i valori della ragione, dello spirito critico e della circolazione democratica del sapere. Per gli illuministi, la ragione è lo strumento principe di cui la filosofia deve servirsi come guida in tutti i campi del sapere e della conoscenza, con il fine ultimo di un miglioramento della vita associata degli uomini. Indicativa, da questo punto di vista, la definizione di illuminismo che dà il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804) nel suo saggio Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo (1784):
L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. [...] Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti del tuo intelletto!
L’illuminismo si pone quindi alcuni obiettivi critici, da condurre davanti al cosiddetto “tribunale della ragione”; tra questi:
1) Il tradizionalismo in ogni suo aspetto, che dev’essere sottoposto a stretta indagine metodologica contro il principio dell’auctoritas, in un clima culturale ed intellettuale di secolarizzazione e laicizzazione del sapere nel suo complesso. In questo senso, l’Illuminismo si pone sulla scia del razionalismo seicentesco, ed è erede dell’impostazione scientifica di Galileo Galilei (1564-1642) e di Isaac Newton (1642-1727);
2) La superstizione e il pregiudizio fanatico in ogni loro forma, cui l’Illuminismo oppone - oltre all’indagine della ragione e della conoscenza empirica - il valore della tolleranza e la critica alle gerarchie dell’Ancien Régime che collocavano aristocrazia e clero al vertice della piramide sociale;
3) Le religioni rivelate (o “positive”), intese come sistemi di dogmi, riti e regole morali imposte dall’autorità politico-religiosa in maniera normativa, ma non validate dalla ragione. L’Illuminismo rivendica l’esercizio del libero arbitrio e si fa portatore di una prospettiva antimetafisica, che non si risolve tanto nell’ateismo quanto nel deismo, una forma di religiosità razionale che rifiuta il concetto di rivelazione delle religioni “storiche”. Le religioni sono inoltre percepite come responsabili, insieme con il potere politico, della condizione di ignoranza e di schiavitù culturale di larga parte del genere umano.
Il ruolo del filosofo: ottimismo, progresso, tolleranza
Il filosofo illuminista, o philosophe, si pone quindi una missione civile ben precisa: quella di “illuminare” il modo di ragionare e il rapporto con il mondo di chi gli è accanto, diffondendo i valori della ragione, della critica, del sapere come fonte di miglioramento concreto della realtà. Il primato della ragione, per la filosofia dei lumi, non dev’essere mai fine a se stessa, ma conoscere sempre una declinazione pratica nella vita collettiva.
A ciò si collegano due valori cardinali di tutto l’Illuminismo: la fiducia ottimistica nel progresso (sia quello intellettuale sia quello scientifico), che migliora le condizioni di vita dell’uomo e che influenza la concezione stessa della storia da parte degli illuministi, e il valore della tolleranza, che deve ispirare sia la vita quotidiana di ciascuno sia garantire la pacifica convivenza tra religioni. L’obiettivo è quindi quello di raggiungere il massimo grado di felicità condivisa; per fare ciò, i campi d’azione del philosophe sono principalmente due: l’azione diretta sui sovrani europei 1 o l’argomentazione del proprio pensiero presso l’opinione pubblica in via di formazione.
L’illuminismo, la borghesia e la Rivoluzione francese
Questi aspetti collegano storicamente l’Illuminismo all’emersione della borghesia sette-ottocentesca, della cui affermazione il movimento illuminista costituisce una fondamentale premessa teorica. Diversi sono i fattori che collegano il movimento alla nuova classe sociale in ascesa. Innanzitutto, c’è il richiamo alla ragione e al sapere pratico; in tal senso, le radici del movimento possono esser rintracciate nella corrente di pensiero dell’empirismo inglese, caratterizzato anch’esso dal principio dell’autolimitazione della ragione all’esperienza. Espressione peculiare di questa ricerca di ordine e di fiducia nella scienza è, nell’Illuminismo francese, la grande operazione culturale dell’Encyclopédie, curata tra il 1751 e il 1772 da Denis Diderot (1713-1784) e Jean-Baptiste D’Alembert (1717-1783). In questa sistemazione del sapere dell’epoca, l’uomo e le sue iniziative diventano il soggetto della storia, intesa come vettore di progresso e campo concreto di applicazione degli ideali dei Lumi. Se il passato è percorso dalle ombre del tradizionalismo e della superstizione, il presente e il futuro sono invece illuminati dalla fiducia nella ragione e nel metodo e dalla rivalutazione delle scienze pratiche.
Altra fondamentale connotazione dell’Illuminismo è la sua attenzione per i problemi politici e giuridici, nel periodo di passaggio dalle monarchie assolutistiche alla società borghese. Anche se l’Illuminismo non ha mai avuto un programma politico organico, tra le idee principali del movimento queste possiamo identificare:
1) la felicità, intesa come pace tra gli uomini, soddisfatti nei rispettivi bisogni materiali e spirituali;
2) la libertà dal giogo del potere politico di stampo assolutistico ed aristocratico;
3) la laicità delle istituzioni pubbliche, che necessitano di essere salvaguardate dalle ingerenze ecclesiatiche;
4) il superamento delle barriere delle singole nazionalità in vista di una situazione di fraternità generale tra popoli;
5) uno stato di diritto governato dalle leggi invece che dagli uomini.
Tutti questi punti sono fondanti per le rivendicazioni giuridiche circa i diritti fondamentali di uguaglianza, libertà e rappresentatività cui si ispirano le moderne costituzioni. Tali rivendicazioni costituiscono il retroterra ideale su cui che verrà condotta la battaglia della borghesia francese contro la nobiltà e i suoi privilegi del clero nella Rivoluzione del 1789.
L’illuminismo in Europa
L’illuminismo in Francia e in Inghilterra
L’illuminismo ha il proprio centro propulsore in Francia, dove è fondamentale la battaglia politica e culturale al tempo stesso di Diderot, D’Alembert e gli altri philosophes dell’Encyclopédie, fautori di un riformismo critico del sistema sociale, problema particolarmente sensibile dopo gli anni di monarchia “assoluta” di Luigi XIV (1638-1715) e Luigi XV (1710-1774) e, in generale, dell’Ancien Régime.
Possiamo considerare il primo manifesto dell’Illuminismo francese il Dizionario storico e critico (1697) di Pierre Bayle (1647-1706), incentrato sulla necessità di superare le superstizioni e i pregiudizi, secondo l’atteggiamento di indagine razionale che sarà poi ereditato da Charles Louis Montesquieu (1689-1755; Lo spirito delle leggi, 1748), Voltaire (François-Maire Arouet, 1694-1778) e Nicolas de Condorcet (1743-1794). Sviluppi in direzione materialistica e naturalistica, nonché di riforma sociale, sono invece l’oggetto degli studi di Denis Diderot, Julien Offray de La Mettrie (1709-1751), Claude-Adrien Helvétius (1715-1771) e Paul Henry Thiry D’Holbac (1723-1789). Particolare è poi l’esperienza di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), su cui si fondano i principi democratici illuministici e che è stato - più volte a torto - ritenuto il padre spirituale della rivoluzione francese per le sue teorizzazioni della sovranità popolare e la sua difesa delle istanze democratiche.
Se la Francia ne è il centro propulsore, l’Inghilterra può essere considerata la prima culla dell’Illuminismo, sviluppato soprattutto in direzione di un’indagine di questioni morali e religiose. In particolare, l’Illuminismo inglese, conduce un’aspra polemica religiosa, contrapponendo ai culti istituzionali una religione naturale fondata sulla ragione e solo su quelle verità che la ragione può raggiungere. I suoi principali esponenti sono Bernard de Mandeville (1670-1733), che identifica nel male e nel vizio il fondamento della società, e Adam Smith (1723-1790; Teoria dei sentimenti morali, 1759), il primo pensatore a dare un’esposizione scientifica dell’economia politica. Molto importante poi è la filosofia di John Locke (1632-1704) e David Hume (1711-1776).
L’Illuminismo in Germania e in Italia
L’Illuminismo tedesco, invece, vive una minor politicizzazione del pensiero, assestandosi su un indirizzo più razionalistico e accademico. Christian Wolff (1679-1754) è sostenitore di un metodo filosofico le cui regole siano analoghe a quelle matematiche; Alexander Gottfried Baumgarten (1714-1762) è indicato come il fondatore dell’estetica tedesca; Gottfried Efraim Lessing (1729-1781) sostiene invece l’immanenza di Dio nel mondo come spirito di armonia.
In Italia, l’Illuminismo italiano è composto da figure strettamente legate alla scena politica e sociale, il cui pensiero si è di conseguenza sviluppato in tematiche di ordine giuridico, economico e morale. Milano è il centro più vivo dell’Illuminismo in Italia, con il periodico «Il Caffé», diretto nel biennio 1764-1765 dai fratelli Pietro e Alessandro Verri. Pietro Verri (1728-1797), oltre che animatore della vita culturale milanese, è anche economista e filosofo e fonda la il suo pensiero su un’analisi del piacere morale e di quello fisico che avrà elaborazione compiuta nel Discorso sull’indole del piacere e del dolore (1728-1797). Cesare Beccaria (1738-1794) con il suo celebre Dei delitti e delle pene (1764) apre invece il diritto penale all’indagine razionale, proclamando che il fine di ogni vita associata sia “la massima felicità divisa nel maggior numero”.
1 In questo caso, si conierà l’espressione di “monarchia illuminata” o “dispotismo illuminato” per regnanti quali Federico II di Prussia, detto “Il Grande” (1712-1786), Maria Teresa d’Austria (1717-1786), Caterina II di Russia (1729-1796) e Leopoldo di Toscana (1747-1792).