In principio c’era il droghiere: un bottegaio che vendeva sostanze vegetali secche e aromatiche, utilizzate per dare sapore a cibi e bevande o, al massimo, come piccoli medicamenti naturali.
Uno dei fili conduttori tra il significato condiviso di droga del passato e quello moderno, sicuramente è da ricercare nel concetto di “alterazione della percezione”.
Nel vocabolario italiano* attuale, infatti, viene chiamata “droga” qualsiasi sostanza capace di modificare temporaneamente lo stato di coscienza o comunque lo stato psichico dell’individuo.
Dalle sostanze naturali come la marijuana, il peyote, i funghi allucinogeni, alle sostanze di sintesi, come l’ecstasy, l’LSD, l’MDMA, la cocaina e il crack, le droghe vengono classificate in vari modi che tengono conto della loro origine, della loro composizione e anche degli effetti.
Proprio quest’ultimo aspetto, ovvero gli effetti che le droghe hanno sull’uomo, è l’altro filo conduttore tra le varie definizioni: la dipendenza, a vari livelli, rappresenta uno dei problemi più seri e difficili da affrontare per chi ne fa utilizzo, anche non necessariamente prolungato nel tempo.
Ma una definizione universale di droga resta un concetto da chiarire, soprattutto perché legato all’identità culturale, all’utilizzo che se ne fa e all’ambiente sociale in cui contestualizzarla.
E’ per questo che sempre più spesso nelle politiche di prevenzione e di lotta all’abuso di sostanze stupefacenti (illegali in molti paesi) sono incluse anche sostanze apparentemente fuori dall’immaginario delle droghe e socialmente accettate come l’alcol e la nicotina. L’utilizzo prolungato e sconsiderato di tali sostanze può portare a conseguenze altrettanto gravi, e comparabili agli effetti di sostanze universalmente riconosciute come pericolose e/o illegali.
*In inglese il termine “drug” ha un significato più ampio che va dalle semplici spezie, ai farmaci, alle sostanze stupefacenti.