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Salvatore Quasimodo, “Ed è subito sera”: commento, analisi e parafrasi del testo

Analisi

 

Il celebre componimento è quello che dà il titolo al “libro aureo” della produzione ermetica di Salvatore Quasimodo, uscito nel 1942, diventando ben presto una sorta di “manifesto” del modo di far poesia alla maniera degli Ermetici. Ed è subito sera - già pubblicata nel 1930 come strofa di una poesia più lunga - è posta in apertura del libro: in soli tre versi la descrizione ellittica di un tramonto si carica di forti connotazioni esistenziali e simboliche. L’estrema brevità del testo si combina con l’assenza di dettagli concreti, antefatti temporali o riferimenti narrativi alla situazione e al contesto della percezione del poeta. Ne deriva quindi uno scenario fortemente astratto in cui l’immagine poetica vuole generare un’atmosfera sospesa e quasi surreale.

La lirica si riferisce a un soggetto collettivo (“ognuno” del v. 1): l’io del poeta sembra sciogliersi in una specie di fratellanza universale, basata sulla comune esperienza del dolore. Questa dialettica tra radicamento e sradicamento, lo smarrimento esistenziale e la fugacità del vivere vengono espressi attraverso un sistema di immagini rapido e scarno, che veicola la visione del mondo, tormentata e problematica, dell’autore stesso: dall’affermazione perentoria sulla solitudine degli uomini (verso 1), al sole che prima ferisce (v. 2) e poi tramonta all’improvviso (v. 3). Se insomma Ed è subito sera sviluppa alcuni temi tipicamente ermetici, non bisogna dimenticare che l’autore, in saggio del 1946 (Poesia contemporanea, poi in Poesie e discorsi sulla poesia, 1971) che sicuramente risente anche della tragedia del secondo conflitto mondiale, spiega che la sua attività vuole contribuire alla ricomposizione e alla ricostruzione dell’uomo contemporaneo:

Rifare l’uomo: questo è il problema capitale. Per quelli che credono alla poesia come a un gioco letterario, che considerano ancora il poeta un estraneo alla vita, uno che sale di notte le scalette della sua torre per speculare il cosmo, diciamo che il tempo delle ‘speculazioni’ è finito. Rifare l’uomo, questo è l’impegno.

Ed è subito sera rimane comunque un testo esemplare della fase ermetica di Salvatore Quasimodo, basata sulla rappresentazione di esperienze interiori e sulla dialettica tra inclusione ed esclusione dal mondo esterno. La lirica ha valore programmatico anche rispetto alle soluzioni stilistiche adottate in questo periodo: tra la altre, l’uso di immagini astratte (il “cuor della terra”), la retorica preziosa e raffinata, il gusto per gli effetti di luce, la sintassi paratattica e la ricerca fonico-timbrica. L’estrema brevità del testo - influenzata anche dall’importante traduzione quasimodiana dei Lirici greci del 1940 - mette in evidenza la trama di corrispondenze foniche come allitterazioni e insistenze timbriche. La sintassi paratattica e le soluzioni prosodiche creano un effetto musicale di “staccato” che conferisce ai versi un andamento grave e sentenzioso.

Metrica: Componimento di tre versi liberi di lunghezza variabile: un dodecasillabo, un novenario e un settenario.

 

  1. Ognuno sta solo 1 sul cuor 2 della terra
  2. trafitto da un raggio di sole 3:
  3. ed è subito sera 4.
  1. Ciascun uomo vive in solitudine al centro dell’esistenza,
  2. attraversato con dolore dalla luce solare:
  3. poi immediatamente cala la sera.

 

Bibliografia

S. Quasimodo, Poesie e e discorsi sulla poesia, Milano, Mondadori, 1971.
G. Finzi, Invito alla lettura di Quasimodo, Milano, Mursia, 1972.
L. Cardilli, I meccanismi figurali in Salvatore Quasimodo: tecnica, critica, ideologia, «Chroniques italiennes», n. 24 (3/2012), ora consultabile online a questo indirizzo.

1 Il verso è fortemente apodittico: enuncia una verità indiscutibile - la solitudine esistenziale - di cui si può solo prendere atto. In questo modo Quasimodo costruisce un’immagine dell’io lirico basata contemporaneamente sull’autocommiserazione e sul titanismo.

2 cuor della terra: sebbene gli uomini siano soli, sono al contempo radicati nell’esistenza, intesa in senso quasi biologico o naturale. “Cuore” è una parola molto frequente nel vocabolario del primo Quasimodo. Il verso si basa su una serie di suoni cupi, con prevalenza di “u” e di “o”, che contribuisce all’intonazione dolorosa e lapidaria del dettato.

3 trafitto da un raggio di sole: è una sinestesia con un vago sapore ossimorico. Questa figura retorica ha una doppia funzione: da un lato si lega al tono dolente del primo verso, rafforzate dal contrasto tra la luce (elemento benefico) e i suoi effetti dannosi; dall’altro, produce un’impressione di rapidità che anticipa il tramontare del sole. Simbolicamente, la vita umana è una condizione di tormento che tramonta presto nel buio della morte.

4 La rappresentazione del tramonto viene omessa: si percepisce solo la velocità, rafforzata dalla congiunzione e dall’avverbio di tempo. Il sopraggiungere della sera conferma, coem se si trattasse di una “massima” filosofica, la condizione di sofferenza dell’io e insieme rappresenta la brevità della vita e la sua repentina conclusione.