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Sallustio, Il ritratto di Giugurta nel “Bellum Iugurthinum”: traduzione e commento

Introduzione

 

Dopo alcuni capitoli del De bello Iugurthino dedicati alla riflessione teorica sull’importanza della virtù e dei beni immateriali nella vita dell’uomo (capp. 1-2), sul rifiuto della politica e la scelta di dedicarsi alla storiografia (capp. 3-4), Sallustio dichiara nel capitolo 5 di voler raccontare la guerra dei Romani contro Giugurta perché “allora per la prima volta si andò contro alla superbia dell’aristocrazia” (tunc primum superbiae nobilitatis obviam itum est), visto che il successo dei Romani fu determinato non dalle azioni dei nobili, spesso corrotti oppure inutilmente superbi, ma dal coraggio e dalla virtù di un homo novus 1, ovvero Caio Mario (157-86 a.C.). Ha quindi inizio la narrazione, che presenta al lettore un rapido quadro della situazione della Numidia sotto il regno di Micipsa. Alla corte di quest’ultimo, al fianco dei due figli ed eredi legittimi, Aderbale e Iempsale 2, vive anche il nipote Giugurta.

L’autore inserisce allora nel capitolo sesto della sua opera una icastica descrizione di questo personaggio: si tratta di un ritratto molto positivo, in cui si sottolineano, secondo i precetti della fisiognomica antica, le doti fisiche e morali del ragazzo, che non si abbandona all’indolenza e al lusso, ma si dedica a una vita attiva, senza mai vantarsi dei suoi successi, tanto da divenire molto popolare tra i Numidi. Sallustio insiste sugli aspetti positivi della personalità di Giugurta per due ragioni: da un lato, la vita intraprendente del rampollo di Numidia si contrappone a quella dei rappresentanti dell’aristocrazia romana, che sono invece pigri, inerti e dediti solo ai futili piaceri del corpo; dall’altro mostrare le qualità positive di Giugurta permetterà di mettere poi in luce, nel corso dell’opera, la trasformazione del personaggio in senso negativo, anche a causa del contatto con i costumi corrotti e immorali dei Romani (e, in particolar modo, della classe senatoria). Nei successivi capitoli, infatti, si racconta di come Micipsa avesse mandato Giugurta in aiuto ai Romani a Numanzia 3 nella speranza che lì  trovasse la morte e di come costui, per il suo coraggio e la sua saggezza, fosse invece diventato caro a tutti Romani e in particolare a Scipione. In seguito però furono proprio i Romani, più attenti alle ricchezze che all’onestà, a infiammare l’animo di Giugurta e a suggerirgli di prendere il potere della Numidi.

Nel primo paragrafo del capitolo si trova il breve ritratto di Giugurta, suddiviso in due sequenze: la prima contiene la descrizione delle qualità fisiche e morali del giovane, che è per sua natura forte e intelligente; la seconda delinea invece le sue abitudini e suoi interessi, che sono quelli di praticare attività fisica e di andare a caccia. Il secondo paragrafo, invece, si sofferma sulla trasformazione dei sentimenti del re Micipsa nei confronti del nipote: dapprima egli si compiace dei suoi successi, poi comincia a preoccuparsene, riflettendo sul fatto che il ragazzo è un uomo nel pieno delle forze mentre lui è ormai vecchio e i suoi figli sono ancora troppo giovani per governare al posto suo. Infine, nel terzo paragrafo la preoccupazione di Micipsa si trasforma in vera e propria paura, sottolineata dai due verbi che aprono e chiudono il periodo (“terrebat” e “anxius erat”), e il re inizia a pensare di liberarsi del nipote.

Lo stile di questo passo è quello tipico di Sallustio, caratterizzato dall’uso costante degli arcaismi e da una sintassi giocata sulla paratassi e l’asindeto.

 

Testo

 

[6.1] Qui 4 ubi primum adolevit, pollens viribus, decora facie 5, sed multo maxume 6 ingenio validus 7, non se luxu 8neque inertiae corrumpendum dedit, sed, uti 9 mos gentis illius est, equitare 10, iaculari; cursu cum aequalibus certare et, quom 11 omnis gloria anteiret, omnibus 12 tamen carus esse; ad hoc pleraque tempora in venando agere, leonem atque alias feras primus aut in primis ferire: plurumum 13 facere, minumum 14 ipse de se loqui. [2] Quibus rebus Micipsa tametsi initio laetus fuerat, existumans 15 virtutem Iugurthae regno suo gloriae fore, tamen postquam hominem adulescentem exacta sua aetate et parvis liberis magis magisque crescere intellegit, vehementer eo negotio permotus multa cum animo suo volvebat. [3] Terrebat 16 eum natura mortalium avida imperi et praeceps ad explendam animi cupidinem, praeterea opportunitas suae liberorumque aetatis, quae etiam mediocris 17 viros spe praedae transvorsos 18 agit, ad hoc studia Numidarum in Iugurtham accensa, ex quibus 19, si talem virum dolis interfecisset, ne 20 qua seditio aut bellum oriretur, anxius erat.

 

Traduzione

 

[6.1] Costui, non appena fu ragazzo - e prestante di forza fisica, di bell’aspetto, ma soprattutto ben fornito d’intelligenza -,  non si fece indebolire dal lusso e dalla pigrizia, ma, com’è abitudine di quel popolo, andava a cavallo e si esercitava nel lancio del giavellotto; gareggiava nella corsa con i coetanei e, nonostante superasse tutti in gloria, era comunque simpatico a tutti; oltre a ciò, trascorreva la maggior parte del tempo nell’andare a caccia e per primo o tra i primi feriva leoni e altre belve: faceva moltissimo, ma parlava di sé pochissimo. [2] E sebbene all’inizio Micipsa fosse stato contento di queste cose, pensando che il valore di Giugurta sarebbe stato di vanto per il suo regno, tuttavia, dopo che capì che il giovane si faceva sempre più uomo mentre la sua vita era ormai passata e i suoi figli erano piccoli, fortemente preoccupato da quella situazione, pensava a molte cose tra sé. [3]  Lo spaventava la natura degli uomini, insaziabile di potere e incline a soddisfare i desideri del proprio animo, poi la condizione dell’età sua e dei figli, che spinge anche gli uomini mediocri fuori dalla retta via con la speranza di un successo, e oltre a questo le simpatie dei Numidi nate nei confronti di Giugurta, dalle quali era in ansia che nascesse una qualche rivolta o una guerra, se avesse ucciso con l’inganno un tale uomo.

1 Nella politica romana gli homines novi erano coloro che provenivano da una famiglia che non aveva ancora ricoperto incarichi pubblici (quali ad esempio la pretura, la censura o le cariche di edile, pretore, console o senatore).

2 I due figli di Giugurta verranno assassinati da Giugurta stesso nella sua scalata al potere.

3 La città spagnola di Numancia fu protagonista di una ribellione e di una fiera resistenza a Roma a metà del II secolo a.C., e fu domanta solo dopo un assedio di circa quindici mesi organizzato da Scipione l’Emiliano nel 133 a.C.

4 Qui: nesso relativo, in riferimento a Giugurta, di cui si parla già nel periodo precedente.

5 decora facie: ablativo di qualità, a differenza del precedente “viribus”, ablativo di limitazione. Si noti il parallelismo sul piano morfologico e la voluta variatio, invece, su quello sintattico.

6 maxume: forma arcaica per maxime.

7 Si può notare la presenza di un chiasmo tra le qualità fisiche (definite tramite la coppia aggettivo-sostantivo, come “pollens viribus”) e quelle morali (modellate al contrario sulla serie sostantivo-aggettivo, come in“ingenio validus”).

8 luxu: forma arcaica di dativo per luxui; come il successivo “inertiae”, è un dativo d’agente in dipendenza del gerundivo “corrumpendum”.

9 uti: forma arcaica per ut.

10 equitare: si tratta di un infinito narrativo, come i successivi “iaculari”, “certare”, “esse”, “agere”, “ferire”, “facere”, “loqui”, tutti coordinati per asindeto.

11 quom: forma arcaica per cum.

12 omnis […] omnibus: poliptoto.

13 plurumum: forma arcaica di plurimum.

14 minimum: forma arcaica di minimum.

15 existumans: arcaismo per existimans (da existimo, existimas, existimavi, existimatum, existimare).

16 Il verbo “terrebat” (terreo, terres, terrui, territum, terrere) ha qui tre soggetti: “natura”, “opportunitas”, “studia”.

17 mediocris: forma arcaica per mediocres.

18 transvorsos: arcaismo per transversos.

19 quibus: il pronomepotrebbe riferirsi sia a “studia” sia a “Numidarum”; nella traduzione si privilegia la prima possibilità.

20 ne: la congiunzioneintroduce una subordinata completiva dipendente da “anxius erat” e segue il costrutto dei verba timendi (ha pertanto valore affermativo); “ne […] oriretur” è inoltre l’apodosi del periodo ipotetico di cui la protasi è “si […] interfecisset”.