Introduzione
Il settimo libro dei Commentarii de bello Gallico contiene la narrazione degli eventi dell'anno 52 a.C., quando una violenta rivolta, scoppiata mentre Cesare si trova in Italia, arriva a minacciare la presenza dei Romani dalla Gallia. Capo di questa rivolta è il nobile arverno Vercingetorige, di cui in questo capitolo Cesare dà una rapida presentazione, inframezzandola con la narrazione degli eventi.
Gli Arverni erano una popolazione della parte centrale della Gallia, la cui capitale, Gergovia, corrisponde all'odierna Clermont-Ferrand. In un passo precedente dell’opera (De bello gallico,VI, 11) lo stesso Cesare ci ha narrato come tra i galli fosse diffusa l'abitudine di dividersi in fazioni non solo dentro la stessa città, ma addirittura all'interno delle singole famiglie:
In Gallia non solum in omnibus civitatibus atque in omnibus pagis partibusque, sed paene etiam in singulis domibus factiones sunt.
Questo passo sembra adattarsi molto bene alla situazione di Gergovia nel 52 a.C., dove la popolazione si divide in una fazione filo-romana, guidata da Gobannizione, zio paterno di Vercingetorige, e una anti-romana, capitanata appunto da Vercingetorige in persona. Dopo un iniziale prevalere dei filo-romani, Vercingetorige raduna una schiera di diseredati e riesce a prendere il potere, creando alleanze con numerose popolazioni. Cesare si sofferma a descrivere la severità (spesso spietata) a cui Vercingetorige ha sottoposto i suoi uomini, nel chiaro tentativo di imporre la disciplina al proprio esercito e di coalizzare le forze di tutti contro il nemico. Questo fatto è di per sé una cosa rara tra i galli, che erano famosi per la loro sregolatezza in guerra. Ma Vercingetorige, avendo precedentemente militato nella cavalleria romana 1, conosce bene i punti di forza dei romani e così, grazie ad alcune vittorie iniziali, diventa il nemico più pericoloso di Cesare in tutta la campagna gallica e in tutto il De bello gallico.
Bisogna notare come la descrizione di Vercingetorige non viene fatta in maniera esplicita (come fa ad esempio Sallustio nel descrivere Catilina, Mario o Silla ne De coniuratione Catilinae o nel Bellum Iugurthinum); piuttosto, il carattere e la forza del personaggio emergono direttamente dalle sue azioni. Vercingetorige è una personalità carismatica e decisa, le cui azioni sono caratterizzate da velocità e rapidità 2, ma anche animata da un’ambizione che non poteva essere percepita positivamente da un lettore romano: il continuo riferimento al fatto che si fosse fatto proclamare re e che suo padre Celtillo fosse stato ucciso mentre tentava di fare la stessa cosa, non poteva infatti essere visto positivamente da un popolo come quello di Roma, che aveva fatto della cacciata dei re e dell'odio nei confronti dell'idea stessa di monarchia un mito fondante dello stato repubblicano. Come spesso succede nelle opere storiche, l'esaltazione di Vercingetorige e delle sue qualità ha una finalità retorica abbastanza trasparente: e cioè a far risaltare a contrasto il valore del condottiero Cesare, che alla fine risulterà infatti vincitore su Vercigetorige e sui suoi uomini.
Lo stile, com’è tipico di tutto il De bello gallico, è sintetico e conciso, basato sull'uso di frasi brevi e spesso prive di ipotassi. Mentre i numerosi ablativi assoluti rendono la sintassi più veloce, l'uso del presente al posto del passato (presente storico) vivacizza la narrazione, rendendola più immediata e coinvolgente, come se fossimo anche noi presenti sul campo dell’azione.
Testo
Simili ratione 3 ibi 4 Vercingetorix, Celtilli filius, Arvernus, summae potentiae 5adulescens 6, cuius pater principatum Galliae totius obtinuerat 7 et ob eam causam, quod regnum appetebat 8, ab civitate erat interfectus, convocatis suis clientibus 9 facile incendit 10. Cognito eius consilio 11 ad arma concurritur 12. Prohibetur ab Gobannitione, patruo suo, reliquisque principibus, qui hanc temptandam 13 fortunam non existimabant; expellitur ex oppido Gergovia; non destitit tamen atque in agris habet dilectum 14egentium ac perditorum. Hac coacta manu 15, quoscumque adit ex civitate 16 ad suam sententiam perducit; hortatur ut communis libertatis causa 17 arma capiant, magnisque coactis 18 copiis adversarios suos a quibus paulo ante erat eiectus expellit ex civitate. Rex ab suis appellatur. Dimittit quoque versus legationes; obtestatur ut 19 in fide maneant. Celeriter sibi Senones 20, Parisios 21, Pictones 22, Cadurcos 23, Turonos 24, Aulercos 25, Lemovices 26, Andos 27 reliquosque omnes qui Oceanum attingunt 28 adiungit: omnium consensu ad eum defertur imperium. Qua oblata potestate 29 omnibus his civitatibus obsides 30 imperat, certum numerum militum ad se celeriter adduci iubet, armorum 31 quantum quaeque civitas domi quodque ante tempus efficiat constituit; in primis equitatui studet 32. Summae diligentiae summam imperi severitatem addit; magnitudine supplici dubitantes cogit. Nam maiore commisso delicto 33 igni atque omnibus tormentis necat 34, leviore 35 de causa auribus desectis aut singulis effossis oculis domum remittit 36, ut sint reliquis documento 37 et magnitudine poenae perterreant alios 38.
Traduzione
In una maniera simile, in quel luogo Vercingetorige, figlio di Celtillo, Arverno, giovane di somma potenza, il cui padre aveva ottenuto il principato di tutta quanta la Gallia e per questo motivo, ovvero perché aspirava al regno, era stato ucciso dalla cittadinanza, convocati i suoi protetti, li entusiasmò facilmente. Dopo che venne conosciuto il suo piano, si corre alle armi. Venne bloccato da Gobannizione, suo zio paterno, e dai restanti principi, che non ritenevano che bisognasse tentare questa occasione; viene cacciato dalla città di Gergovia; tuttavia non desistette e tenne nei campi un arruolamento di poveri e delinquenti. Riunita questa schiera, porta al suo volere chiunque lui avvicini dalla città; li esorta a prendere le armi per la libertà comune e radunate molte truppe scaccia dalla città i suoi avversari da cui poco prima era stato scacciato. Viene chiamato re dai suoi. Manda anche ambascerie ovunque; supplica di prestare fede al giuramento. Velocemente unisce a sé i Senoni, i Parisi, i Pittoni, i Cadurci, i Turoni, gli Aulerci, i Lemovici, gli Andi e tutti gli altri che si trovano vicini all'Oceano: con il consenso di tutti viene conferito a lui il comando supremo. Una volta offerto questo potere, ordina a tutte queste città di consegnare ostaggi, e ordina che gli vengano condotti velocemente un numero stabilito di soldati, e stabilisce quante armi ogni città debba produrre in patria e prima di quale tempo; si occupa soprattutto della cavalleria. Aggiunge alla massima diligenza anche la massima severità del comando; costringe i dubbiosi per mezzo della grandezza della pena. Infatti se è stato commesso un molto grande, uccide i colpevoli con il fuoco e tutti i tormenti, per un motivo più leggero, strappate le orecchie o cavati gli occhi a ognuno, rimanda in patria i colpevoli, affinché siano di ammonimento ai restanti e terrorizzino gli altri con la grandezza del castigo.
1 Secondo lo storico greco Cassio Dione (XL, 41) Vercingetorige era stato addirittura amico di Cesare prima di far scoppiare la rivolta. Ma l'autore del De bello Gallico non dice nulla circa questa presunta amicizia, forse per un evidente imbarazzo da parte del generale.
2 Non a caso per descrivere gli ordini che impartisce ai suoi uomini viene usato l'avverbio celeriter, “velocemente”.
3 Nel capitolo precedente Cesare aveva descritto lo scoppio della rivolta dei Carnuti, che avevano attaccato la città di Cenabo massacrando tutti i mercanti italici che erano finiti nelle loro mani.
4 Ibi: “lì”, ovvero in Arvernia.
5 summae potentiae: si tratta di un genitivo di qualità.
6 adulescens: l'adulescentia per i latini durava fino ai trent'anni, quindi all'epoca dei fatti Vercingetorige non era un adolescente nel senso che diamo noi oggi al termine, ma più genericamente un giovane.
7 La volontà monarchica di Celtillo si mostra persino all'interno del nome del figlio: Vercingetorige infatti vuol dire “il grande re degli eroi”. La terminazione -rix dei nomi gallici corrisponde infatti al latino rex.
8 ob eam causam, quod regnum appetebat: La causale dichiarativa introdotta da “quod” ha valore esplicativo, ovvero serve a spiegare meglio quanto veniva solo accennato dalla preposizione causale “ob eam causam”. L'utilizzo di questa tecnica ha valore fortemente enfatico e serva a evidenziare il forte rifiuto che i galli avevano nei confronti della monarchia, particolare che li accomunava ai Romani. Lo stesso Cesare dopo la vittoria su Pompeo avrebbe rifiutato la corona di re che gli era stata platealmente proposta da Marco Antonio durante la celebrazione dei Lupercali, probabilmente temendo gli effetti che una simile proclamazione avrebbe avuto sull'opinione pubblica romana.
9 convocatis suis clientibus: ablativo assoluto. Quello della “clientela” era un istituto tipico della Gallia. Come scrive lo stesso Cesare (De bello gallico VI, 15) i cavalieri (ovvero i nobili galli) erano soliti circondarsi di clienti (cioè privati cittadini che si erano posti sotto la protezione dei nobili in cambio della fedeltà assoluta) e di ambacti (servi stipendiati) che erano una rappresentazione fisica del proprio potere.
10 incendit: sottinteso “eos”, “loro”.
11 cognito eius consilio: un altro ablativo assoluto, che scandisce i momenti diversi della ribellione.
12 concurritur: Il verbo, posto alla terza persona singolare passiva, è impersonale e va tradotto in italiano con il “si”.
13 temptandam: bisogna sottintendere“esse”. È una perifrastica passiva inserita all'interno di una subordinata infinitiva.
14 habet dilectum: habere dilectum è un gergo tecnico usato per indicare l'arruolamento dei soldati per l'esercito. L'uso di un verbo così specifico all'interno di questo contesto sembra però ironico: i soldati che Vercingetorige arruola sono solo poveri e delinquenti.
15 hac coacta manu: ablativo assoluto. Coacta è participio perfetto del verbocōgo, cōgis, cœgi, coactum, cōgĕre).
16 quoscumque adit ex civitate: la subordinata relativa, introdotta dal pronome relativo-indefinito “quicumque” è anticipata rispetto alla reggente. Si parla quindi di prolessi del relativo.
17 communis libertatis causa: “causa”, preceduto dal genitivo, ha valore di complemento di fine.
18 magnisque coactis copiis: ablativo assoluto. Il verbo cogo (cōgo, cōgis, cœgi, coactum, cōgĕre ) è composto di cum + ago (ăgo, ăgis, egi, actum, ăgĕre) e indica l'azione di riunire insieme più elementi.
19 obtestatur ut: il verbo di preghiera regge una completiva retta da ut e il congiuntivo.
20 Senones: popolazione gallica che viveva lungo l'alto corso della Senna.
21 Parisios: popolazione che viveva lungo il corso della Senna. La loro capitale, Lutetiae Parisiorum, è l'odierna Parigi, che prende dunque il nome proprio da questa popolazione.
22 Pictones: popolazione che abitava l'area a Sud della foce della Loira.
23 Cadurcos: popolazione che confinava a Sud con la provincia romana.
24 Turonos: popolazione che abitava il medio corso della Loira.
25 Aulercos: abitavano l'odierna Normandia.
26 Lemovices: abitavano nei pressi dell'attuale città di Limoges, che prende il nome proprio da questa popolazione.
27 Andos: abitavano a Nord del basso corso della Loira, nell'attuale Anjou.
28 reliquos omnes qui Oceanum attingunt: si tratta delle nationes armoricane.
29 Qua oblata potestate: ablativo assoluto. “Qua”è un nesso relativo e va tradotto come se fosse “et ea”.
30 Quella di consegnare ostaggi (solitamente i giovani figli dei cittadini più in vista) era abitudine tipica dei popoli antichi quando si doveva siglare una alleanza.
31 armorum: è un genitivo partitivo retto da “quantum”e introduce una subordinata interrogativa indiretta.
32 equitatui studet: il verbo studeo (stŭdĕo, stŭdes, studui, stŭdēre) regge di norma il dativo (in questo caso “equitatui”).
33 maiore commisso delicto: ablativo assoluto, che può essere anche tradotto, seppur raramente, con valore ipotetico, come in questo caso. “Maiore” è un comparativo di maggioranza irregolare dell'aggettivo di prima classe magnus, -a, -um. In questo si tratta di un comparativo assoluto: quando un comparativo di maggioranza in latino non possiede un secondo termine di paragone (né esplicito né sottinteso) non si traduce in italiano normalmente, ma mediante un rafforzativo come “molto, piuttosto”.
34 necat: sottinteso “reos”, “i colpevoli”.
35 leviore: comparativo di maggioranza dell'aggettivo di seconda classe levis, leve, concordato a“causa”.
36 remittit: sempre sottinteso “reos”, “i colpevoli”.
37 sint reliquis documento: si tratta di un doppio dativo, una costruzione latina caratterizzata dalla presenza di due dativi, uno con valore di complemento di fine (“documento”) e l'altro di vantaggio (“reliquis”).
38 ut sint reliquis documento: subordinata finale introdotta da ut più il congiuntivo.