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Sallustio, “La congiura di Catilina”: riassunto e commento

Introduzione

 

Il De Catilinae coniuratione è la prima monografia scritta dallo storico romano Gaio Sallustio Crispo (86-34 a.C.) e tratta degli eventi concernenti la congiura attuata dal nobile romano Catilina e stroncata dal console Cicerone nel 63 a.C. Si ritiene che l’opera sia stata composta tra il 43 e il 40 a.C.

 

Contenuto

 

Riassunto

 

I primi quattro capitoli dell'opera rappresentano una dichiarazione di intenti programmatica, in cui l'autore spiega i motivi per cui ha scritto un'opera storica sui fatti della congiura dei catilinari. Al tempo di Sallustio infatti l'attività intellettuale veniva ancora vista a Roma come qualcosa di indegno per un nobile; lo scrittore cerca di contrapporsi a questa convinzione e afferma che il compiere imprese (bene facere) e il narrarle (bene dicere) sono attività parimenti degne. Dal momento che, secondo Sallustio, il clima di corruzione della vita poloitca a Roma gli ha impedito di procacciarsi la gloria mediante la vita attiva, gli rimane solo la possibilità di dedicarsi alle attività dell'intelletto, ben sapendo che l'alternativa sarebbe degradarsi compiendo attività degne solo di uno schiavo, come l'agricoltura e la caccia.

Dopo questo proemio (capitoli 1-4), troviamo subito un veloce ritratto di Catilina e del suo carattere moralmente depravato (capitolo 5). Sallustio introduce una sezione “archeologica” (capitoli 6-13) in cui viene velocemente passata in rassegna la storia di Roma e i motivi per cui proprio gli abitanti di questa piccola città siano divenuti tanto potenti 1. Il merito si trovava essenzialmente nei buoni costumi, ottenuti mediante la parsimonia e la libertà seguita alla mitica cacciata dei re. In aggiunta a questo la presenza di nemici potenti (il cosiddetto metus hostilis) aveva evitato lo scoppio di conflitti gravi all'interno della città, favorendo la pace civile. Ma, dopo la sconfitta definitiva di Cartagine, viene meno il nemico principale, mentre l'afflusso di sempre maggiori ricchezze contribuisce a depravare i costumi dei cittadini, rendendoli ambiziosi e disposti a tutto pur di arricchirsi.

Dopo questo primo excursus, Sallustio riprende la narrazione delle vicende legata alla congiura: astuto e capace di fingere, Catilina corrompe i giovani 2 legandoli ai propri voleri in mille modi diversi, e porta dalla propria aprte soprattutto (capitoli 14-18). Fallito un nuovo tentativo di prendere legalmente il potere mediante l'elezione al consolato, Catilina decide di passare alle vie di fatto: con l’aiuto del complice Manlio, raduna un esercito e tenta di assassinare il console Cicerone (capitoli 18-25). Fallito l'agguato, Cicerone pone sotto accusa Catilina in senato 3. In seguito a questa denuncia lo stesso Catilina decide di allontanarsi da Roma, unendosi a Manlio e il suo esercito a Fiesole e lasciando in città uomini fedeli pronti a scatenare la rivolta (capitoli 26-36).

A questo punto della narrazione (capitoli 37-39) si apre un secondo excursus in cui viene descritta la plebe di Roma, le cui indole avida e rivoluzionaria avrebbe favorito, secondo Sallustio, l’ascesa del potere personale di una figura corrotta come quella di Lucio Catilina.

Il ritorno alla narrazione coincide con le trame dei catilinari rimasti a Roma che nel frattempo si sono alleati con i galli Allobrogi per scatenare una guerra comune contro il senato romano; i congiurati vengono scoperti e arrestati. Viene quindi riunito il senato per decidere cosa fare dei catilinari arrestati, dal momento che Cicerone e altri, sulla scorta di nuove prove, sarebbero favorevoli a condannarli a morte senza l'appello al popolo 4 (come richiesto formalmente dalla legge 5). Sallustio riporta allora il discorso del giovane Giulio Cesare 6, secondo cui sarebbe giusto condannare a morte i catilinari senza il diritto d'appello, ma la cosa avrebbe creato un pericoloso precedente per fini meno leciti in futuro. Cesare suggerisce allora di confinare per sempre i colpevoli in qualche piccolo municipio dell'Italia, dove comminare loro una severa punizione.

La proposta legittimista di Cesare riceve un iniziale consenso, ma il successivo discorso dell’intransigente Catone convince il senato della necessità della condanna a morte degli imputati (capitoli 40-52). Segue la descrizione della battaglia di Pistoia tra l'esercito romano guidato dal console Antonio e i pochi catilinari rimasti. In questa battaglia viene descritto con meraviglia il coraggio dei catilinari e del loro leader, il cui cadavere viene ritrovato sommerso dai corpi dei nemici uccisi. L'opera si conclude con una descrizione del campo di battaglia, dove i lamenti di quelli che hanno scoperto tra i caduti un amico si mescolano alla gioia di quanti sono venuti a conoscenza della morte di un nemico giurato.

 

Genere dell’opera e stile

 

Il De Catilinae coniuratione appartiene al genere della monografia, ovvero un'opera storica che tratta di un solo evento o di un solo personaggio importante. Prima di Sallustio questo genere non era molto diffuso a Roma 7, data la generale predilezione per il genere annalistico.

Lo stile di Sallustio si oppone fortemente alla concinnitas ciceroniana e alla semplicità di Cesare, riprendendo l'arcaismo delle opere di Catone il censore. Il suo stile tende dunque all'inconcinnitas (disarmonia), ovvero all'asimmetria dei costrutti della sintassi e alla varietas. Frequente è anche l'uso di formule arcaiche (come l'uscita dell'accusativo plurale in -is invece che in -es, la terminazione -umus invece che -imus, etc.), il ricorso all’infinito storico o narrativo, il ricorso a figure retoriche (il chiasmo, l’antitesi, l’allitterazione, la litote) per caratterizzare stilisticamente la pagina.

 

Commento dell’opera

 

Il De Catilinae coniuratione è un’opera per molti versi indicativa sia del periodo storico in cui viene composta (tra il 43 e il 40 a.C.) sia del punto di vista del suo autore.

A Sallustio preme innanzitutto indagare i motivi della crisi contemporanea di Roma: secodno una tesi assai diffusa, di stampo moraleggiante, egli ne individua le cause profonde nella fine del metus hostilis (ovvero, della “paura dei nemici” alla base delle virtù morali e guerriere del popolo romano) dopo la terza guerra punica (146-149 a.C.), la diffusione dei vizi dell’avidità (avaritia) e del lusso e, nel secondo excursus posto a metà del De Catilinae coniuratione, lo scontro tra il senato e la fazione dei populares 8, che prosegue dai tempi della dittatura di Lucio Cornelio Silla (138-78 a.C.). Sallustio proclama la propria indipendenza e condanna allo stesso grado sia i nobili (responsabili di voler ciecamente mantenere le loro posizioni di privilegio) sia i ceti più bassi, acceccati esclusivamente dalla fame d’oro 9.

Nel De Catilinae coniuratione, comunque, più che l’analisi storiografica scrupolosa prevale lo sviluppo drammatico delle vicende e il ritratto in chiaroscuro dei personaggi principali, in cui Sallustio dà prova delle sue doti di scrittore. Se Cicerone resta senza dubbio in ombra, l’attenzione è concentrata su Cesare e Catone, due figure agli antipodi nei loro interventi in senato ma che costituiscono per l’autore le virtù complementari di un ideale uomo politico romano. Spicca comunque, sopra a tutti, il fascino cupo e perverso di Catilina, che viene ritratto moralisticamente e a tinte forti (come capita del resto con Sempronia, sua complice negli intrighi di potere), sottolineando sia i suoi smisurati vizi sia la sua sovrumana forza ed energia, che vengono risaltate dalla sua fine eroica. Lucio Catilina, in particolare nel capitolo quinto, è dunque sia un frutto della corruzione dei costumi dell’aristocrazia romana sia un individuo d’eccezione, che cade sconfitto perché ha inseguito un sogno troppo grande ed ambizioso.

 

Bibliografia

 

- Gaio Sallustio Crispo, La congiura di Catilina, a cura di L. Storoni Mazzolani, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli (BUR), 1999.
- Gaio Sallustio Crispo, La congiura di Catilina, a cura di L. Canali, Milano, Garzanti, 1999
- M. Fini, Catilina. Ritratto di un uomo in rivolta, Milano, Mondadori, 1996.
- G. Pontiggia - M. C. Grandi, Letteratura latina. Storia e testi, vol. II, Dalla tarda repubblica al principato, Milano, Principato, 1996.

1 L'avere inserito una sezione archeologica all'interno di un'opera storiografica non deve essere motivo di stupore, dal momento che questo stesso tipo di excursus era stato usato anche da Tucidide (460-404 a.C.) nel primo libro della Guerra del Peloponneso.

2 Significativamente Sallustio afferma che Catilina avrebbe sedotto una Vestale (sacerdotessa notoriamente legata a un rigido voto di castità) e, innamoratosi successivamente di una certa Aurelia Orestilla, ne avrebbe ucciso il figlio per evitare che questi ponesse problemi alla loro unione.

3 Il contenuto di questa denuncia non è altro che la prima Catilinaria di Cicerone, che tuttora conserviamo.

4 La cosiddetta Provocatio ad popolum prevedeva per ogni cittadino romano la possibilità di appellarsi al popolo riunito in assemblea nel caso di condanna a morte. Chiaramente Cicerone voleva evitare questa possibilità, per il timore che i catilinari approfittassero dell'assemblea per sobillare il popolo contro il senato.

5 Ricordiamo qui velocemente come proprio questo fatto sarebbe stata la causa della condanna all'esilio di Cicerone nel 58 a.C.

6 L'intervento di Cesare a favore dei catilinari viene solitamente giustificato dal fatto che lui stesso avesse avuto in precedenza legami molto stretti con Catilina e i suoi seguaci. Vedi Svetonio, Vita di Cesare, 9.

7 Si contano ad esempio l'opera di Celio Antipatro, centrata sugli eventi della Seconda Guerra Punica. Ma le caratteristiche peculiari di quest'opera che tendeva ad accentuare le caratteristiche drammatiche degli eventi, la rendono più letteraria che storica.

8 Sallustio tornerà su questi argomenti anche nel Bellum Iughurtinum.

9 L’autore sottolinea come gli strati più bassi della popolazione siano composti da persone che guadagnano di più dalle elargizioni pubbliche e private che dal duro lavoro nei campi, e che sperano quindi in una nuova guerra civile, ricordandosi dei grandi doni concessi in precedenza.