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"Le Grazie" di Ugo Foscolo: struttura e riassunto dell'opera
Buongiorno e benvenuti a questa seconda lezione dedicata a Le Grazie di Ugo Foscolo, in cui vedremo sinteticamente il contenuto dei tre inni.
Nel primo inno (che prendo come le altre citazioni dall’edizione del Chiarini) Foscolo immagina - e questo si vede fin dalla dedica a Canova - di dedicare un tempio alle Grazie, le tre figlie di Venere: Eufrosine, Aglaia e Talia. Questo perché gli antichi non ne fecero mai oggetto di culto specifico. L’idea di costruire un tempio si evince proprio dalla conclusione della dedica in cui dice a Canova “Entra ed adora.”, questo “entrare” naturalmente è allegorico. Delle Grazie, invece, Foscolo dice: “nate il dì che a' mortali | beltà ingegno virtù concesse Giove”. Insieme al fatto che vennero generate dal mare, da Venere, ricorrono due elementi che abbiamo già visto nelle poesie di Foscolo:
la visione vichiana, progressiva della storia, cioè il fatto che con la bellezza l’uomo è sottratto alla ferinità, alla condizione ferale di bestia e di selvaggio, potendo così iniziare il cammino della civiltà;il modo di vedere in chiave mitica la propria terra natia, la Grecia, e in particolare l’isola di Zacinto.Questo ricorrere di tematica si vede non tanto nella dedica a questo secondo, ma nei versi 37-46, quando Venere fa nascere le Grazie:
Perché clemente a noi che mirò afflitti
travagliarci e adirati, un dì la santa
Diva, all'uscir de' flutti ove s'immerse
a ravvivar la gregge di Nereo,
apparì con le Grazie; e le raccolse
l'onda Ionia primiera, onda che amica
del lito ameno e dell'ospite musco
da Citera ogni dì vien desïosa
a' materni miei colli: ivi fanciullo
la Deità di Venere adorai.
Salve Zacinto! […]
Parafrasando: "Perché mossa pietà dal vederci noi umani, mentre ci affliggevamo addolorati e irati, un giorno la santa dea [Venere], apparì con le Grazie uscendo dai flutti dove si era immersa a dar vita alla fauna marina [“la gregge di Nereo”, antica divinità marina] e le raccolse [le Grazie] per prima l’onda del mar Ionio, onda che amica del lido ameno e muscoso viene ogni giorno da Citera [l’isola di Venere] ai materni miei colli [materni colli del poeta]. Già da fanciullo adorai la dea Venere [fin da fanciullo, ebbe questo contatto privilegiato con la bellezza; si tratta di un riferimento al suo amore per la letteratura e per la bellezza]".
Questo inno è dedicato a Venere, la madre delle Grazie. Il secondo inno, invece, è dedicato a Vesta, cioè alla dea del focolare domestico. Venere sostanzialmente si congeda dalle Grazie con cui ha percorso tutta la Grecia, quindi i luoghi natii. Il poeta che è a Firenze, a Bellosguardo, si rivolge a tre donne da lui amate: Eleonora Nencini, Cornelia Martinetti e Maddalena Bignami, affinché celebrino un rito alle Grazie, cioè le celebrino come delle divinità. La celebrazione ha lo scopo di rappresentare l’arte in cui vivono le Grazie. Ogni sacerdotessa, ogni donna amata dal poeta, rappresenta un tipo diverso di arte. Progressivamente abbiamo la musica, la poesia e la danza. Le tre sacerdotesse concorrono alla visione dell’arte che, come detto, rappresenta una “via all’arcana melodia del mondo”, cioè l’idea che la natura sia regolata da una bellezza che è come un concerto cui l’uomo può partecipare pienamente e con coscienza attraverso l’arte. Cito dei versi dedicati a Nencini che suona l’arpa. Foscolo afferma che con l’arpa fa rivivere attraverso la musica quello che è la musica della creazione; versi 109-114:
Ispirata sollecita le note
che pingon come l'Armonia diè moto
agli astri all'onda eterea e alla natante
Terra per l'oceàno e come franse
l'uniforme creato in mille volti
coi raggi e l'ombre e il ricongiunse in uno
Significato: "Ispirata [la sacerdotessa], stimola le note che dipingono [notare il verbo] nello stesso modo in cui l’armonia diede movimento alle stelle, all’atmosfera [“onda eterea”], ai continenti che nuotano nell’oceano e come divise l’uniforme [ “uniforme” inteso come “ammassato”, cioè il caos primigenio] in mille aspetti, con la luce e le tenebre [è un riferimento al mito della genesi], ricomponendolo in uno".
Versi 118-120:
Sì che le cose dissonanti insieme
rendan concento d’armonia divina
e innalzino le menti oltre la terra.
Significato: "In modo che le cose che sono dissonanti, quindi non consuonano, sono caotiche e disordinate, rendano insieme un concerto di armonia divina e sollevino le menti umane oltre quella che è la realtà della terra. Questo è un riferimento a un esperienza trascendente, o meglio all’esperienza estetica del sublime, che è il grado di bellezza sopra i sensi così come li viviamo quotidianamente e che avvicina l’uomo al divino e all’assoluto".
Questo modo di vedere la musica è presente anche nella poesia. Se prendiamo il canto I, infatti, Foscolo nei vv. 5-7, nel chiedere l’ispirazione fa riferimento proprio a questo tipo di metafora. Riferendosi alle Grazie, dice: “a voi chieggo l'arcana | armonïosa melodia pittrice | della vostra beltà”, cioè a voi chiedo la segreta melodia che fa dipingere la vostra beltà. L’ispirazione vista come un’armonia segreta che permette al poeta di dipingere attraverso le parole, secondo quella metafora già vista di matrice oraziana per cui la poesia è come la pittura.
Sempre nel I inno (vv. 25-27):
Sdegno il verso che suona e che non crea;
perché Febo mi disse: Io Fidia primo
ed Apelle guidai con la mia lira.
"Sdegno il verso che suona, però è una musica a ruota, che non è creatrice quindi non partecipa veramente alla bellezza. Perché Febo mi disse: io Fidia primo e Apelle poi con la mia lira guidai". Fidia e Apelle sono dei riferimenti allegorici rispettivamente alla scultura e alla pittura, pertanto c’è sempre questa visione che le arti sono tra loro collegate a prescindere dalla tecnica perché è comunque la sorgente della loro arte.
Nel terzo inno, dedicato a Pallade, Foscolo rappresenta il turbamento delle Grazie che sono sconvolte perché Amore porta turbamento, eccessiva passione nei cuori degli uomini, accecandoli. Accecandoli, rende vane le virtù delle Grazie perché gli uomini, invasati e fuorviati, non riescono più a vedere la bellezza e contemplarla, tornando quasi a uno stato di ferinità. Le soccorre Pallade, trasportandole nel suo regno, l’isola mitica di Atlante, dove la dea fa tessere il velo promesso alle Grazie per proteggerle dall’assalto degli uomini. Dal punto di vista allegorico è interessante e difficile da capire il fatto che il velo è intessuto da più dee: le Parche, Flora, Iride, Psiche e Ore, che sono le dee delle fasi della giornata. Concorrono in questa allegoria vari aspetti del creato, come dire la bellezza e tutto ciò che l’artista mette a velo della bellezza è qualcosa che partecipa del creato. Il velo assume l’idea che l’arte debba velare e risignificare la realtà per poter mostrare all’uomo la vera bellezza, che altrimenti non coglierebbe perché le sue stesse passioni, facendolo eccedere, lo accecherebbero. È un’idea in linea con lo stile di Foscolo proprio perché è ricco di allegorie, la figura retorica che per eccellenza rappresenta i concetti velandoli in altre forme.
È interessante leggere la Dissertazione in cui questi concetti sono trattati con il senno di poi perché è nella fase inglese (mentre la seconda fase è del 1812-1814). In prosa spiega quello che si vede in versi che può risultare molto criptico perché le immagini sono chiare, ma il loro significato non è facilmente compenetrabile da chi le legge. Leggiamo la traduzione del testo originale che invece è in inglese:
Ma come le violente passioni avrebbero distrutte le più miti aspirazioni delle Grazie, sovvenne al poeta l’avventuroso pensiero di proteggere quelle deità con un velo dagli assalti dell’Amore, che governa questo globo impetuosamente e da tiranno.
Qui il velo non è più quello che fa Pallade, ma è il poeta che, attraverso la sua tecnica di coprire per risignificare, protegge le Grazie mostrandole in controluce all’uomo.
Di questo velo fu per avventura creduto che altro non fosse se non un simbolo di modestia; ma se si consideri in che modo è descritto, ci è mestieri supporre che nella sua allegoria avvolgeasi un senso più astruso e molteplice. Esso è lavoro di molte dee, cui dirige Pallade. Le fila dell’ordito sono tratte dai raggi del sole e acconce al telaio delle Ore; una porzione dello stame interminabile […] è messo sulla spola dalle Parche. Psiche siede silenziosa, compresa dalla memoria della lunga serie dei suoi affanni, e Tesse; [quindi testimone dei travagli dell’esistenza umana, che accoglie silenziosamente] mentre Tersicore le si svolge intorno al telaio, danzando per divertirla e animarla a finir l’opera. Iride dà i colori e Flora li moltiplica in mille varietà di tinte e figure, di che eseguire il ricamo, che Erato le detta cantando al suono della lira di Talia. [quindi partecipano tutte le divinità femminili a questo velo].
Foscolo ci fa vedere da dentro dell’immagine e della lingua quello che altrimenti sarebbe un principio abbastanza astratto, magari freddo e tecnico di come dovrebbe essere l’arte quindi non la esprime razionalmente in questa dissertazione, ma, anche parafrasando il terzo inno, ce la fa assolutamente e orazionamente vedere. Con questo concludo le lezioni dedicate a Le Grazie e a Foscolo. Arrivederci.