Alessandro Mazzini presenta le tre versioni dell'introduzione dei I Promessi Sposi.
Manzoni compone tre introduzioni del suo romanzo: la prima durante la stesura dei primi capitoli del Fermo e Lucia, la seconda a romanzo concluso e l'ultima, che premette l'edizione del 1827 de I Promessi Sposi, presente sostanzialmente inalterata anche in quella del '40. Queste tre versioni offrono un'interessante prospettiva sulla progressiva consapevolezza che Manzoni acquista in merito alla difficoltà della scrittura di un romanzo, evidenziando alcuni degli aspetti più importanti per la comprensione dell'opera.
Nella prima introduzione si può constatare la tonalità che caratterizza il Fermo e Lucia, un'opera considerata autonoma dai Promessi Sposi e fortemente sperimentale. Il moralismo manzoniano è molto più forte, rispetto a quello assunto nell'edizione del '27, e la forza dell'ironia è molto più evidente. Il tono dell'introduzione è sarcastico e presenta l'intenzione dell'autore di trascrivere un manoscritto, che riporta una storia del '600, perchè contenente riflessioni poco sensate. Manzoni comincia a ironizzare, giustificandosi dall'accusa di aver scritto un romanzo: tutta l'introduzione è giocata sul rifiuto da parte della tradizione italiana di questo genere letterario e sul fatto che Manzoni trascriva una storia realmente accaduta nel XVII secolo. Il tono di Manzoni è legato alla polemica contro il classicismo, contro gli oppositori del Romanticismo e contro coloro che bandivano dalla letteratura il genere del romanzo. Sempre in questa introduzione Manzoni identifica ironicamente i lettori del suo romanzo nelle donne, che non conoscono il latino ma sono in grado di cogliere il senso del bello e del brutto di un'opera letteraria. Ricorrendo a questo lettore ideale, l'autore mostra il pubblico a cui si rivolge: il più ampio possibile e fuori dalle pretese dei classicisti e intellettuali, interessati più alla forma che al contenuto.
Manzoni, ultimata la stesura del romanzo, dedica la seconda introduzione non più sulla polemica sul nuovo genere del romanzo, quanto sul problema linguistico, cioè sulla scelta della lingua da utilizzare all'interno di esso. Lo scrittore è consapevole che non esiste in Italia una lingua comune a intellettuali e pubblico popolare, e quindi non esiste uno strumento linguistico in grado di parlare ai lettori della realtà contemporanea.
Manzoni si rende conto di essersi servito fino a quel momento di una lingua profondamente artificiale, e mostra l'intenzione a ricercare uno stile nuovo, più autentico.
La tematica linguistica è presente anche nella terza introduzione, quella del '27, in cui viene evidenziato l'uso e il potere della lingua. Manzoni, inoltre, si interroga su cosa significa scrivere bene: sa che la tradizione imporrebbe l'utilizzo del toscano, ma è in dubbio sull'adeguatezza di questo di fronte alle esigenze dello strumento linguistico di cui si fa portatore. Ma per spiegare le sue scelte - dichiara Manzoni stesso - sarebbe necessario un ulteriore libro, quindi ironicamente conclude che usare un libro per spiegarne un altro è una cosa irragionevole, e che quando si pubblica un libro è già abbastanza, se non troppo.
Alessandro Mazzini è professore di Greco e Latino presso il Liceo Classico Manzoni. Si è laureato in Letteratura Greca con il professore Dario Del Corno presso L'Università degli Studi di Milano. Ha collaborato con riviste di divulgazione culturale e ha insegnato per 10 anni Lingua e Letteratura Italiana e Lingua e Letteratura Greca presso il Liceo della Scuola Svizzera di Milano. Dal 2001 è ordinario di Italiano e Latino nei Licei e dal 2003 ordinario di Greco e Latino al Liceo Classico.