Introduzione
Il capitolo decimo dei Promessi Sposi prosegue la narrazione in analessi delle vicende legate alla monaca di Monza. Il narratore descrive ora la cerimonia della monacazione cui Gertrude viene piegata col ricatto del biglietto consegnato al paggio; l’avvilente vita al convento e l’assenza di una reale vocazione di fede rendono ancora più drammatica la situazione della “sventurata”, che alla fine allaccia una relazione con il nobilotto Egidio e commette pure un omicidio. A loro, nel ventesimo capitolo de I promessi sposi, il personaggio dell’Innominato commissionerà il rapimento di Lucia. Dal punto di vista cronologico, siamo al’11 novembre del 1628.
Riassunto
Il capitolo, sempre all’interno dell’ampio flashback apertosi nel capitolo precedente, si apre col dialogo fra Gertrude e il principe 1, il quale approfitta della debolezza d’animo della figlia, caricandola, per convincerla a prendere i voti monacali, della vergogna del peccato dopo che la ragazzina è stata scoperta mentre consegnava un biglietto ad un paggio. Il padre, per raggiungere i suoi scopi e mantenere intatto il patrimonio di famiglia, si mostra premuroso ed amorevole, e disposto ipocritamente al perdono:
La misera ascoltatrice era annichilata: allora il principe, raddolcendo a grado a grado la voce e le parole, proseguì dicendo che però a ogni fallo c’era rimedio e misericordia; che il suo era di quelli per i quali il rimedio è più chiaramente indicato: ch’essa doveva vedere, in questo tristo accidente, come un avviso che la vita del secolo era troppo piena di pericoli per lei…
“Ah sì!” esclamò Gertrude, scossa dal timore, preparata dalla vergogna, e mossa in quel punto da una tenerezza istantanea 2
Il principe sfrutta dunque questa esclamazione della figlia, dettata dalla paura e dal disprezzo che la ragazzina sente nei propri confronti, per organizzare la monacazione della figlia 3. L’astuzia del padre si rivela anche nel presentarsi improvvisamente amorevole e compiacente nei confronti della figlia, finalmente asservita al suo volere:
A queste parole, Gertrude rimaneva come sbalordita. Ora ripensava come mai quel sì che le era scappato, avesse potuto significar tanto, ora cercava se ci fosse maniera di riprenderlo, di ristringerne il senso; ma la persuasione del principe pareva così intera, la sua gioia così gelosa, la benignità così condizionata, che Gertrude non osò proferire una parola che potesse turbarle menomamente 4.
Il principe, dopo aver dato l’annuncio alla moglie e al figlio della decisione “spontanea” della ragazza di prendere il velo, stabilisce che il giorno dopo si recheranno in convento per dare alla badessa la notizia del ravvedimento della sua “pecora smarrita” 5, e si reca dal vicario delle monache per fissare la data dell’esame, che si deve tenere da lì a due giorni. Nonostante ciò, il percorso di indottrinamento e la relativa violenza psicologica su Gertrude non possono dirsi conclusi, in quanto il padre, poco prima della cerimonia, spiega alla figlia quale portamento tenere:
“V’aspettano, e tutti gli occhi saranno sopra di voi. Dignità e disinvoltura. La badessa vi domanderà cosa volete: è una formalità. Potete rispondere che chiedete d’essere ammessa a vestir l’abito in quel monastero, dove siete stata educata così amorevolmente, dove avete ricevute tante finezze: che è la pura verità. Dite quelle poche parole, con un fare sciolto: che non s’avesse a dire che v’hanno imboccata, e che non sapete parlare da voi. Quelle buone madri non sanno nulla dell’accaduto: è un segreto che deve restar sepolto nella famiglia; e perciò non fate una faccia contrita e dubbiosa, che potesse dar qualche sospetto. Fate vedere di che sangue uscite: manierosa, modesta; ma ricordatevi che, in quel luogo, fuor della famiglia, non ci sarà nessuno sopra di voi” 6.
Da un lato ci sono le richieste indirette a mostrarsi convinta della propria scelta e di non far parola con nessuno “dell’accaduto” per non cadere nell’accusa gravissima di una monacazione forzata 7; dall’altro c’è l’astuzia psicologica per cui, per ottenere il consenso della figlia, si solletica il suo desiderio d potere e di rivalsa (“in quel luogo [...] non ci sarà nessuno sopra di voi”).
Dopo aver pronunciato la sua richiesta alla badessa, Gertrude viene colta da profondo sconforto, e solo lo sguardo di approvazione del padre la consola per un breve istante. Il giorno successivo, Gerturde deve sostenere l’esame del vicario, e il padre, con velata minaccia, le spiega che si tratta di “coronar l’opera” e di dimenticare i “grilli di gioventù” 8. Superato l’esame, l’“infelice” 9Gertrude entra in monastero e, cominciata la sua vita monacale, rendendosi conto di tutta la sua frustrazione e di tutto ciò cui ha rinunciato; diviene dunque insofferente di quel mondo:
La vista di quelle monache che avevan tenuto di mano a tirarla là dentro, le era odiosa. Si ricordava l’arti e i raggiri che avevan messi in opera, e le pagava con tante sgarbatezze, con tanti dispetti, e anche con aperti rinfacciamenti. A quelle conveniva le più volte mandar giù e tacere: perché il principe aveva ben voluto tiranneggiar la figlia quanto era necessario per ispingerla al chiostro; ma ottenuto l’intento, non avrebbe così facilmente sofferto che altri pretendesse d’aver ragione contro il suo sangue: e ogni po’ di rumore che avesser fatto, poteva esser cagione di far loro perdere quella gran protezione, o cambiar per avventura il protettore in nemico 10
La giovane monaca diviene anche maestra delle educande e non riesce a dominare l’invidia per quelle fanciulle, che possono ancora scegliere il loro destino 11, se non nell’esercizio del proprio potere personale 12
La relazione illecita tra Gertrude ed Egidio 13 nasce allora come estremo tentativo di ribellione e di fuga, ma si conclude con la tragica uccisione di una compagna della monaca che ha scoperto la tresca e il cui cadavere viene occultato nel giardino del convento.
SI chiude qui la lunga parentesi dedicata a Gertrude, e la narrazione torna al momento in cui Lucia e Agnese arrivano al convento in cerca di rifugio. Prima di accogliere le due donne Gertrude interroga morbosamente Lucia sulla persecuzione da parte di don Rodrigo, tanto da far arrossire la pudica ragazza. Il capitolo X si conclude dunque con le due donne sistemate in monastero, mentre l’occhio del narratore si sposta sul palazzotto di don Rodrigo.
1 Manzoni, esplicitando la propria condanna, rifiuta di conferirgli il titolo di "padre": “non ci regge il cuore di dargli in questo momento il titolo di padre” (A. Manzoni, I promessi sposi, a cura di E. Raimondi e L. Bottoni, Milano, Principato, 1988, p. 214).
2 Ivi, p. 215.
3 Così il padre spiega a Gertrude i propri intenti, mascherandoli dietro l’amore e l’affetto per lei: “[...] tocca a me a farne tornare tutto il vantaggio e tutto il merito sopra di voi. Ne prendo io la cura. [...] Avete sperimentato in parte il padre severo; ma da qui innanzi proverete tutto il padre amoroso” (ibidem).
4 Ibidem.
5 L’uso da parte del principe del lessico evangelico storpiato e perverso è l’indice di misura dell’ipocrisia e della sotterranea violenza all’interno della famiglia di Gerturde, vittima delle leggi e delle convenzioni sociali. non a caso, il narratore è sarcastico quando commenta quando descrive i parenti di Gertrude che giungono a palazzo “per farle onore, e per rallegrarsi con lei de’ due felici avvenimenti, la ricuperata salute, e la spiegata vocazione” (ivi, p. 217).
6 Ivi, p.. 220-221.
7 Si spiega così la precauzione della badessa che, dopo la cerimonia, chiede al padre, per puro rispetto delle regole, se no ci sono state pressioni sulla figlia. La monacazione forzata era infatti punita con la scomunica.
8 Ivi, p. 225.
9 Ivi, p. 227.
10 Ivi, p. 231.
11 Ivi, p. 232: “Quando le veniva in mente che molte di loro eran destinate a vivere in quel mondo dal quale essa era esclusa per sempre, provava contro quelle poverine un astio, un desiderio quasi di vendetta; e le teneva sotto, le bistrattava, faceva oro scontare anticipatamente i piaceri che avrebber goduti un giorno”.
12 Ivi, p. 231: “Qualche consolazione le pareva talvolta di trovar nel comandare, nell'esser corteggiata in monastero, nel ricever visite di complimento da persone di fuori, nello spuntar qualche impegno, nello spendere la sua protezione, nel sentirsi chiamar la signora; ma quali consolazioni!”.
13 Egidio è un giovane nobile, la cui casa confina con il giardino del monastero dove Gertrude conduce le educande; dietro questa figura, c’è il personaggio realmente esistito di Giovanni Paolo Osio, amante di Suor Maria Virginia di Leyva e colpevole d’omicidio. L’Osio venne ucciso a tradiemnto nel 1608.