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“Mattina” di Giuseppe Ungaretti: parafrasi e commento

Introduzione

 

Si tratta di una delle più famose poesie di Giuseppe Ungaretti e, più in generale, di uno dei capolavori del poeta, tanto da essere considerata poi un testo considerato esemplare dall’Ermetismo 1. Mattina, infatti, è composta da quattro sole parole, impiegate per rappresentare una condizione individuale che si eleva, grazie alla forza dello stile e all’incisività dei vocaboli scelti, a condizione universale.

La lirica compare per la prima in un’antologia collettiva del 1918 (nella Antologia della Diana), con il titolo Cielo e mare. Con il titolo definitivo Ungaretti la include in Allegria di naufragi (1919) e poi nella sezione Naufragi dell’Allegria (1931, 1936 e 1942).

Metrica: versi liberi; nei due versi, è rintracciabile un settenario spezzato.

Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917 2.


M’illumino
d’immenso 3.

Commento

 

Pochi sono i termini a cui si può fare riferimento per comprendere il senso e il valore di questa poesia; eppure proprio questa esiguità rende ogni vocabolo un nodo da cui si diramano significati e interpretazioni diverse e intersecate tra loro. Con Mattina, Giuseppe Ungaretti trova la formula più emblematica e radicale per esprimere la propria poetica, fondata sulla fiducia nel “valore della parola” di fronte all’abisso scavato dalla guerra nella condizione umana. Scandite e isolate nel bianco della pagina, le poche parole che compongono la lirica, “nude ed essenziali”, acquistano un valore quasi magico, poiché riescono a evocare una condizione esistenziale presentata come assoluta. Tuttavia, l’indicazione finale di luogo e data del componimento, tuttavia, e il titolo - che segnala il momento del giorno in cui si è prodotta questa epifania 4 - servono, come sempre in Ungaretti, ad ancorare alla realtà concreta della storia, individuale e collettiva, l’apertura all’universale e al metafisico.

La tecnica con cui Ungaretti riesce a ottenere un simile effetto poetico consiste in un procedere per via di “levare”, ovvero riducendo progressivamente la quantità di termini impiegati per esprimere il nucleo concettuale del componimento. Maggiore è la concentrazione verbale, maggiore risulta anche la densità semantica dei vocaboli, che vengono così caricati – ma talvolta anche sovraccaricati – di senso e di valore. Il caso di Mattina è esemplare: in una prima fase, quando s’intitolava ancora Cielo e mare, la poesia (come testimonia una lettera a Giacomo Papini) era così composta: “M’illumino | d’immenso | con un breve | moto | di sguardo”. Tagliando completamente la seconda parte (gli ultimi tre versi) per l’edizione di Allegria di naufragi, Ungaretti ha accresciuto la fulmineità e anche l’icasticità di una poesia che riesce a esprimere il senso assoluto di pienezza e apertura verso l’esterno che può essere prodotto da un istante di sintonia tra l’uomo, pur afflitto dalle inquietudini di una guerra ancora in corso, e il mondo che lo circonda.

Proprio questo attento processo di selezione e di lavoro sulle parole (si veda ad esempio l’insistenza sui suoni di - l -, - m -, - n -) indica bene come la poesia ungarettiana, sia in questa fase sia in quella successiva, non sia affatto una poesia “facile” ed immediata, e ben lontana dalla maniera superficiale di molti suoi imitatori.

1 Va tuttavia ricordato che la raccolta ungarettiana “ermetica” in senso vero e proprio sarà Sentimento del tempo, pubblicato nel 1933. Della prima parte della produzione poetcia di Ungaretti, gli ermetici riprendono soprattutto il dramma interiore, elevato ad universalità, di un uomo di fronte alla guerra e al suo dolore indicibile.

2 Piccolo paese della pianura friulana a sud di Udine; di lì passò Ungaretti verso il fronte del Carso, durante la Prima Guerra Mondiale.

3 Il componimento di riduce a un’unica, ma potentissima figura retorica, la sinestesia, che accosta lo stimolo visivo e in certo senso anche corporeo della luce con l’immagine astratta ed esclusivamente concettuale dell’infinità.

4 Si tratta di un termine che, nella storia letteraria del Novecento, ha assunto un valore concettuale e delle implicazioni teorico-critiche molto forti, soprattutto in relazione alle poetiche del Modernismo (con autori quali James Joyce, Virginia Woolf, Marcel Proust); qui è sufficiente tradurlo nel senso di una “rivelazione improvvisa e folgorante del senso profondo della vita e delle cose”.