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La morte di Primo Levi: l'enigma del suicidio

Le possibili ragioni che condussero Primo Levi al suicidio, analizzate da Marco Belpoliti.
 
L'11 aprile 1987 Primo Levi si uccise gettandosi dalla tromba delle scale della sua abitazione di Torino. Riguardo ai motivi che lo spinsero a compiere questo gesto, si possono fare soltanto delle ipotesi; come Levi stesso scrisse a proposito di Jean Amery (anch’egli un deportato morto suicida), "nessuno sa le ragioni di un suicidio, neppure chi si è suicidato". Probabilmente egli provava un senso di vergogna per essere sopravvissuto allo sterminio nazista, e la mancanza di risposte alla domanda "Perchè io?" (che farà da colonna portante a I sommersi e i salvati, forse il suo libro più importante) lo condusse ad una forte depressione. Lo scrittore sentiva, inoltre, di aver ricevuto un "dono avvelenato", ovvero quello di dover raccontare ciò che aveva vissuto, costringendolo a rivivere continuamente la sua sofferenza. Infine, un recente intervento alla prostata lo aveva costretto ad interrompere i farmaci antidepressivi.
 
Marco Belpoliti, scrittore e critico letterario, ha curato l'edizione critica delle Opere di Primo Levi uscite presso Einaudi (1997), e successivamente, dello stesso autore, una serie di volumi: Conversazioni e interviste 1963-1987L'ultimo Natale di guerra (racconti sparsi e ritrovati); L'asimmetria e la vita 1955-1987 (raccolta di articoli comparsi su giornali e riviste); Tutti i racconti (2005). Nel 1998 ha pubblicato un volume dedicato a Primo Levi presso l'editore Bruno Mondadori.