Zenone è il primo a usare il termine "logica". Gli stoici dividono la logica, intesa in senso generale come scienza dei discorsi, in retorica e dialettica. La retorica studia il discorso continuo, la dialettica il discorso diviso per domanda e risposta.
La dialettica si divide, a sua volta, in grammatica e in logica in senso stretto: la grammatica studia le parole, la logica studia ciò che le parole significano, cioè rappresentazioni, proposizioni, ragionamenti. La dialettica è, dunque, nel suo insieme la scienza di ciò che è vero, di ciò che è falso e di ciò che non è nè vero nè falso.
Per gli stoici il criterio di verità è la rappresentazione catalettica o comprensiva, ovvero la rappresentazione di una realtà esterna evidente e non contraddetta: la comprensione vera dell’oggetto. Le rappresentazioni si sedimentano nella memoria, da cui poi nasce l’esperienza. Dall’esperienza sorge, con un processo naturale, l’anticipazione, ovvero la nozione naturale dell’universale; tuttavia, per gli stoici ha realtà oggettiva solo ciò che è corporeo, l’universale in sè non ha alcuna realtà oggettiva. I concetti più generali secondo gli stoici sono quattro: la sostanza, la qualità essenziale, il modo d’essere o qualità accidentale, e il modo relativo o qualità che esprime relazione.
Le conoscenze possono essere formulate in un linguaggio: gli stoici distinguono tra le parole, che sono corporee, e il lektòn, ovvero il significato, l’esprimibile, che è incorporeo: per questo il criterio di verità non sarà nel concetto esprimibile, ma solo nella rappresentazione catalettica.
Gli stoici distinguono poi tra la concludenza e la verità di un ragionamento: la concludenza è la connessione formalmente corretta tra premesse e conclusione, ma la verità dipende solo dal criterio, ovvero dal reale. Gli stoici ritengono che i ragionamenti concludenti siano riducibili a cinque ragionamenti anapodittici, ovvero indimostrati o indimostrabili, ed evidenti per sè, che sono: 1) se è giorno c’è luce, ma è giorno, dunque c’è luce; 2) se è giorno c’è luce, ma non c’è luce, dunque non è giorno; 3) se non è giorno, è notte; ma è giorno, dunque non è notte; 4) o è giorno o è notte, ma è giorno, dunque non è notte; 5) o è giorno o è notte, ma non è notte, dunque è giorno. Questi tipi di ragionamento sono sempre validi, ma sono veri solo se l’interpretazione che ne diamo è confermata dai dati di fatto.
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