In seguito al referendum abrogativo sul divorzio (1974) e la vittoria dei “no”, il Partito radicale iniziò una raccolta firme per un nuovo referendum sull’aborto, per la legalizzazione di questa pratica. Nei primi giorni del 1975 Pier Paolo Pasolini espresse la sua contrarietà nei confronti di questa proposta, in un articolo apparso sul Corriere della Sera, poi raccolto negli Scritti corsari. La sua posizione apparve reazionaria e molti intellettuali a lui vicini, come Alberto Moravia, Italo Calvino e Elsa Morante, criticarono la sua scelta. Ma ciò che preoccupava Pasolini, in realtà, era ancora una volta il potere dei consumi - il nuovo fascismo come lo definisce egli stesso - che con l’apparenza di libertà e tolleranza, impone agli individui un nuovo sitle di vita, portandoli a una vera e propria sclerotizzazione dei valori.
L’aborto infatti, secondo lo scrittore, renderebbe ancora più facile il coito, e una maggiore libertà della coppia eterosessuale. Ma questa libertà, “tacitamente voluta [...] dal potere dei consumi”, è diventata “una convenzione, un obbligo, un dovere sociale, un'ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumatore”, creando una situazione insana, in cui la facilità del rapporto sessuale porta a una generale ossessione della coppia eterosessuale, perché in questo modo la nuova libertà riguarda solo la maggioranza, mentre la minoranza, cioè gli omosessuali, non sono interessati da questa norma: “tutto ciò che sessualmente è 'diverso' è invece ignorato e respinto”. Il nuovo potere apparentemente è solo tollerante, ma la maggioranza “è divenuta di una intolleranza così rozza, violenta e infame”, “il popolo italiano, insieme alla povertà, non vuole neanche più ricordare la sua 'reale' tolleranza: esso, cioè, non vuole più ricordare i due fenomeni che hanno meglio caratterizzato l'intera sua storia”.
Il nuovo potere ha cambiato gli italiani e la vecchia forza “clerico-fascista” democristiana è ormai superata. Ciò che evidenzia in conclusione Pasolini è il fatto che “tutti, dico, quando parlano dell'aborto, omettono di parlare di ciò che logicamente lo precede, cioè il coito...”.
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