La canzone compone di sei stanze, ognuna delle quali contiene quattordici versi tra endecasillabi e settenari. Le rime seguono lo schema ABC ABC CDdE eCDD.
- Donna pietosa e di novella etate,
- adorna assai di gentilezze umane 1,
- ch’era là ’v’io chiamava spesso Morte 2,
- veggendo li occhi miei pien di pietate,
- e ascoltando le parole vane,
- si mosse con paura a pianger forte.
- E altre donne, che si fuoro accorte
- di me per quella che meco piangia,
- fecer lei partir via,
- e appressarsi per farmi sentire.
- Qual dicea: "Non dormire",
- e qual dicea: "Perché sì ti sconforte?"
- Allor lassai la nova fantasia 3,
- chiamando il nome de la donna mia.
- Era la voce mia sì dolorosa
- e rotta sì da l’angoscia del pianto,
- ch’io solo intesi il nome nel mio core;
- e con tutta la vista vergognosa
- ch’era nel viso mio giunta cotanto,
- mi fece verso lor volgere Amore.
- Elli era tale a veder mio colore 4,
- che facea ragionar di morte altrui 5:
- "Deh, consoliam costui"
- pregava l’una l’altra umilemente;
- e dicevan sovente:
- "Che vedestù, che tu non hai valore?"
- E quando un poco confortato fui,
- io dissi: "Donne, dicerollo a vui.
- Mentr’io pensava 6 la mia frale 7 vita,
- e vedea ’l suo durar com’è leggiero,
- piansemi Amor nel core, ove dimora;
- per che l’anima mia fu sì smarrita,
- che sospirando dicea nel pensero:
- - Ben converrà che la mia donna mora -.
- Io presi tanto smarrimento allora,
- ch’io chiusi li occhi vilmente gravati,
- e furon sì smagati 8
- li spirti miei, che ciascun giva errando;
- e poscia imaginando,
- di caunoscenza e di verità fora,
- visi di donne m’apparver crucciati,
- che mi dicean pur: - Morra’ti, morra’ti 9-.
- Poi vidi cose dubitose molte,
- nel vano imaginare ov’io entrai;
- ed esser mi parea non so in qual loco,
- e veder donne andar per via disciolte 10,
- qual lagrimando, e qual traendo guai,
- che di tristizia saettavan foco.
- Poi mi parve vedere a poco a poco
- turbar lo sole e apparir la stella 11,
- e pianger elli ed ella;
- cader li augelli volando per l’are,
- e la terra tremare 12;
- ed omo apparve scolorito e fioco 13,
- dicendomi: - Che fai? non sai novella?
- Morta è la donna tua, ch’era sì bella -.
- Levava li occhi miei 14 bagnati in pianti,
- e vedea, che parean pioggia di manna 15,
- li angeli che tornavan suso in cielo,
- e una nuvoletta avean davanti,
- dopo la qual gridavan tutti: "Osanna";
- e s’altro avesser detto, a voi dire’lo.
- Allor diceva Amor: - Più nol ti celo;
- vieni a veder nostra donna che giace -.
- Lo imaginar fallace
- mi condusse a veder madonna morta;
- e quand’io l’avea scorta,
- vedea che donne la covrian d’un velo;
- ed avea seco umiltà verace 16,
- che parea che dicesse: - Io sono in pace -.
- Io divenia nel dolor sì umile,
- veggendo in lei tanta umiltà formata,
- ch’io dicea: - Morte, assai dolce ti tegno;
- tu dei omai esser cosa gentile 17,
- poi che tu se’ ne la mia donna stata,
- e dei aver pietate e non disdegno 18.
- Vedi che sì desideroso vegno
- d’esser de’ tuoi, ch’io ti somiglio in fede 19.
- Vieni, ché ’l cor te chiede -.
- Poi mi partia, consumato ogne duolo;
- e quand’io era solo,
- dicea, guardando verso l’alto regno:
- - Beato, anima bella, chi te vede! -
- Voi mi chiamaste allor 20, vostra merzede 21".
- Donna caritatevole e di giovane età,
- colma di virtù umane e sentimenti nobili,
- che era là dove io invocavo spesso la Morte,
- vedendo i miei occhi gonfi di lacrime,
- e ascoltando le parole deliranti,
- iniziò con paura a piangere fortemente.
- E altre donne, che si accorsero
- di me poiché lei piangeva con me,
- la fecero allontanare,
- e si avvicinarono per farmi tornare in me.
- Una diceva: “Non dormire”,
- e l’altra diceva: “Perché sei così sconfortato?”
- Allora interruppi l’eccezionale visione,
- invocando il nome della mia donna.
- La mia voce era così addolorata
- e così spezzata dall’angoscia del pianto,
- che solo io compresi il nome nel mio cuore;
- e nonostante la vergogna
- che era a tal punto comparsa sul mio viso,
- Amore mi fece girare verso di loro.
- Il mio pallore era tale a vedersi,
- che portava gli altri a parlare di morte:
- “Su, consoliamo costui”
- si spronavano l’un l’altra dolcemente:
- e dicevano spesso:
- “Che cos’hai visto, che non hai forza vitale?”
- E quando fui un po’ confortato,
- dissi: “Donne, ora ve lo dirò.
- Mentre pensavo alla mia fragile vita,
- e notavo com’è effimera la sua durata,
- Amore si mise a piangere nel mio cuore, dove dimora;
- per cui la mia anima si smarrì così tanto,
- che pensai sospirando:
- - È inevitabile che la mia donna muoia -.
- Io allora fui preso da tanto smarrimento,
- che chiusi gli occhi schiacciati dalla tristezza,
- e i miei spiriti furono così privati
- di ogni forza, che ognuno girava senza una meta;
- e poi nel corso della visione,
- mentr’ero privo di controllo e di senno,
- mi apparvero visi di donne addolorati,
- che mi ripetevano: - Morirai, morirai -.
- Poi vidi cose molto temibili,
- nel delirio che cominciò;
- e mi pareva di essere non so in quale luogo,
- e di vedere donne che si aggiravano coi capelli
- scapigliati, chi piangendo, chi emettendo lamenti,
- che lanciavano fulmini di mestizia.
- Poi mi parve di vedere poco a poco
- oscurarsi il sole e apparir le stelle,
- e che tutti piangessero;
- che gli uccelli cadessero mentre volavano in aria,
- e che la terra tremasse;
- e apparve un uomo pallido ed emaciato,
- e mi disse: - Che fai? Non sai la novità?
- È morta la tua donna, che era così bella -.
- Ho alzato i miei occhi bagnati di pianto,
- e ho visto, come se fossero una pioggia di manna,
- gli angeli che risalivano su in cielo
- e avevano davanti una nuvoletta,
- dietro la quale tutti gridavano: “Osanna”;
- e se avessero detto altro, ve lo direi.
- Allora Amore diceva: - Non ti nascondo più nulla;
- vieni a vedere la nostra donna che è morta -.
- Il delirio mi condusse
- a vedere la mia donna morta;
- e quand’io l’ebbi vista,
- vidi alcune donne che la coprivano con un velo;
- e lei mostrava umiltà reale,
- che pareva che dicesse: - Io sono in pace -.
- Divenni nel dolore così mite,
- vedendo tanta umiltà impersonata in lei,
- che dissi: - Morte, ti considero assai dolce;
- tu devi ormai essere creatura gentile,
- poiché sei stata nella mia donna,
- e devi avere pietà e non disprezzo per gli uomini.
- Vedi che divengo così desideroso
- d’essere tra i morti, che in verità ti assomiglio.
- Vieni a me, poiché il cuore ti reclama”.
- Poi mi allontanai, consumato ogni dolore;
- e quando mi trovai solo,
- dissi, guardando verso il Paradiso:
- - Beato, anima bella, chi ti può vedere! -
- Voi mi chiamaste in quel momento, per grazia vostra”.
si
1 gentilezze umane: la “gentilezza” è appunto qualità imprescindibile all’interno del mondo stilnovistico, e il poeta poteva rivolgersi solo a tal tipo di interlocutrice.
2 chiamava spesso Morte: il componimento si apre da subito sotto una chiave cupa e drammatica, in quanto Dante invoca la Morte (questo il senso del verbo “chiamava” in tale contesto), che diviene parola-chiave di Donna pietosa e di novella etade, tanto da comparire in ciascuna delle sei strofe.
3 la nova fantasia: si tratta di una “visione” allucinata e straordinaria poiché, come precisa anche nella parte in prosa che precede la canzone, Dante ha la visione della futura morte di Beatrice.
4 Anastrofe: il soggetto della frase “mio colore” è posto dopo il verbo, a sua volta preceduto da un pronome prolettico, “elli”.
5 che facea ragionar di morte altrui: in pratica, il pallore e le condizioni di Dante fanno pensare a tutti che sia praticamente agonizzante. Da notare che, rispetto all’introduzione in prosa, la canzone omette di spiegare la condizione di infermità in cui è caduto Dante, e si apre in medias res con la visione di morte. In tal modo, secondo una tecnica approvata dallo stesso autore anche nel Convivio, il sogno della morte di Beatrice occupa la parte conclusiva della canzone, e può dunque rimaner ben impresso nella mente del lettore.
6 pensava: qui il verbo pensare è costruito in modo transitivo.
7 la mia frale vita: dal latino fragilis, -e attraverso l’antico francese fràile, il termine contribuisce a innalzare il livello stilistico-lessicale del testo poetico rispetto a quello prosastico.
8 smagati: dal latino tardo exmagare (“indebolire, infiacchire”), è un termine tecnico dello Stilnovismo, in quanto spesso riferito all’azione di Amore sugli spiritelli umani.
9 Forma apocopata di futuro, formata dal verbo e dal pronome enclitico “ti”, con funzione di dativo.
10 veder donne andar per via disciolte: i capelli sciolti e spettinati rappresentano uno dei simboli del lutto e una prefigurazione della sorte di Beatrice.
11 apparir la stella: “la stella” può essere usato al singolare per sineddoche (indicando il tutto della volta celeste) oppure alludere a Venere, primo pianeta che appare nel cielo al tramonto e per questo chiamato anche “stella della sera”.
12 Dante allinea così, nei vv. 49-53, una serie di prodigi naturali che anticipano la sciagura della morte della donna amata.
13 scolorito e fioco: un’altra interpretazione di “fioco” potrebbe essere “con la voce debole”.
14 Levava gli occhi miei: rimando quasi letterale all’incipit del Salmo 120: "Levavi oculos meos in montes" (“Alzai i miei occhi in direzione dei monti”).
15 che parean pioggia di manna: gli angeli, che hanno appena preso in custodia l’anima di Beatrice, risalgono verso il cielo e sembrano una pioggia della “manna”, cioè il termine ebraico con cui viene designato il cibo, dalla consistenza di una specie di brina gelata, con cui Dio avrebbe nutrito Mosé e il popolo d’Israele dopo la liberazione dalla schiavitù egiziana e durante in quarant’anni di esodo verso la Terra promessa.
16 umiltà verace: l’espressione è in voluta contrapposizione con lo “imaginar fallace” (v. 65) che caratterizza la visione di Dante.
17 cosa gentile: qualcosa di “gentile” e cioè, stilnovisticamente, di nobile ed eletto.
18 pietate e non disdegno: la virtù di Beatrice e così mirabile che, nell’ultima stanza di Donna pietosa e di novella etade, “umanizza” addirittura la Morte che, dal consueto disprezzo per le sorti degli uomini, inizia a provare un sentimento di pietà.
19 ch’io ti somiglio in fede: il poeta allude qui al proprio pallore, anticamera della morte.
20 Voi mi chiamaste allor: Dante si riferisce qui alle donne che l’hanno destato dalla visione.
21 vostra merzede: da intendere “per vostra grazia” ma anche “al momento giusto” per spezzare il sogno profetico.