Dante nella sesta cornice del Purgatorio, quella dei golosi, incontra il poeta Bonagiunta Orbicciani, con il quale si ferma a parlare e discutono del dolce stil novo: i seguenti versi sono infatti considerati la definizione stessa dello stile in questione. Nei canti XXIII e XXIV il protagonista si imbatte inizialmente con Forese Donati (XXIII, vv. 37-70) e di seguito con Bonagiunta (XXIV, vv. 34-63) con i quali discute di poesia e di stile, per rievocare la sua passata giovinezza e farne ammenda nel percorso di elevazione nel suo viaggio ultramondano:
«[…] Ma dì s’i’ veggio qui colui che fore
Trasse le nove rime, cominciando
Donne ch’avete intelletto d’amore.»
E io a lui: «I’ mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
Ch’e’ ditta dentro vo significando.»
«O frate, issa vegg’io», diss’elli, «il nodo
che ‘l Notaro e Guittone e me ritenne
di qua dal dolce stil novo ch’i’ odo!
Io veggio ben come le vostre penne
di retro al dittator sen vanno strette,
che de le nostre certo non avvenne;
e qual più a gradire oltre si mette,
non vede più da l’uno a l’altro stilo»;
e, quasi contentato, si tacette. 1
Con Forese Dante aveva infatti scambiato una tenzone composta da sei sonetti di argomento comico; Bonagiunta era invece esponente di una poetica considerata ancora troppo legata all’esperienza precedente dei siciliani, oltre ad aver polemizzato con Guido Guinizzelli per la troppa oscurità filosofica del suo dettato poetico nel sonetto-tenzone Voi ch’avete mutata la mainera, a cui il poeta bolognese risponderà con Omo ch’è saggio non corre leggero. In questi due canti quindi Dante vuole superare la poetica precedente per poter essere in grado di cantare la sua materia ormai liberatosi dalla precedente esperienza giovanile. L’opera del poeta in cui meglio è rappresentato il dolce stil novo è la Vita Nova 2, un prosimetro in cui viene raccontato l’amore di Dante per Beatrice, seguendo un percorso spirituale del poeta nei confronti della donna amata e dei sentimenti che prova per lei. Possiamo tuttavia vedere come sia presente, già nel corso dell’opera “giovanile”, un'evoluzione dell’amore per Beatrice e della stessa concezione da parte dell’autore del sentimento amoroso, e della sue implicazioni morali, estetico-letterarie e filosofiche. Inizialmente Dante celebra l’amata secondo i dettami della poetica del dolce stil novo e aderendo alla lezione cavalcantiana dell’amore tormentato e doloroso; successivamente cerca di superare questa fase per dedicarsi completamente alla lode disinteressata della donna, optando di conseguenza per un cambiamento sia stilistico sia sostanziale, superando la poetica provenzale, siciliana e stilnovistica raggiungendo una concezione spirituale dell’amore, più strettamente legata alla concezione cristiana e agostiniana della vita. Infine questo amore, dopo la morte di Beatrice, diviene amore mistico, in cui viene realizzato il percorso di elevazione spirituale ed il poeta ha la possibilità ora di cantare l’amata nella beatitudine celeste. Questo percorso implica anche per Dante un serrato confronto con i propri modelli di riferimento.
Secondo alcuni eminenti dantisti, tra cui Singleton e Gilson, si vede come uno degli auctores presenti alla mente di Dante al momento di comporre il suo prosimetro sia Bonaventura da Bagnoregio, francescano poi collocato nel canto XII del Paradiso, ai vv. 31-105, quando il santo pronuncia l’elogio di San Domenico. Uno dei testi di Bonaventura che possiamo rilevare nelle opere di Dante è l’Itinerarium mentis in Deum (1259), in cui viene spiegato come:
l’illuminazione divina è necessaria all’uomo anche nella conoscenza razionale, ma non si arresta a questa: altri passi può compiere lo spirito umano aiutato dalla grazia, come insegna Bonaventura nell’Itinerarium, scritto a Verna, nel 1259, dum mente tractarem aliquas mentales ascensiones in deum (Prologo 2). 3
Bonaventura mette in luce tre passaggi fondamentali per l’ascesa dell’anima: in un primo momento ci si accorge della presenza di Dio nelle cose esteriori (extra nos), in seguito la ricerca è diretta verso la nostra interiorità (intra nos) per giungere infine al terzo stadio della consapevolezza in cui si arriva al riconoscimento della trascendentalità (super nos). Questa tripartizione viene messa in luce, sempre da Gilson, anche nel canto XXXIII del Paradiso, canto in cui lo studioso ha evidenziato una serie di locuzioni e di passaggi atti a significare una chiara connessione tra il canto dantesco e la trattazione del francescano 4.
Oltre ai già assodati recuperi di Boezio e del suo De Consolatione Philosophiae, del maestro Brunetto Latini (con il Tesoretto e la Rettorica) e dell’amico Guido Cavalcanti, nella Vita Nova si ravvisano il recupero e la revisione di altre fonti. Pensiamo ad esempio alle vidas e alle razos provenzali. Le vidas sono le biografie dei trovatori (poeti che scrivevano in lingua occitana, cioè la langue d’oc) e per la maggior parte delle volte sono fantasiose o romanzate; le razos, invece, sono delle spiegazioni o commenti dei testi dei singoli autori, anche in questo caso però non sempre veritieri ed affidabili da un punto di vista biografico, storico e sociale. Queste vidas e razos furono del resto compilate nel corso del XIII secolo, quindi in un periodo successivo alla creazione e alla scrittura dei testi poetici, elemento che rende chiaro il motivo per cui non debbano essere considerate sempre come puro documento con valenza storica, ma, seguendo Le Goff, come "documento/monumento" 5, dandogli quindi una valenza storica, se riscontrabile, e poi letteraria. Molti studiosi sono concordi nel dire che Dante avesse presente questi modelli: è possibile che dalle vidas venga in parte un’idea per il titolo dell’opera, e dalle razos la struttura costituita dalla spiegazione e dall’occasione del testo poetico, come si vede infatti l’utilizzo del termine "ragionare/ragione" in quei passi in cui spiega il motivo composizione o a cui rimanda per il commento della stessa 6. Fabrizio Beggiato, professore di Filologia Romanza presso l’Università di Tor Vergata, afferma invece che non è da ritenere così sicuro che Dante, pur conoscendo la lirica trobadorica, abbia:
mutuato l’uso di dare le ‘ragioni’ dei propri componimenti nella Vita Nova da quello analogo delle sillogi trobadoriche anche perché, fra i significati dell’italiano antico ‘ragione’, figura nell’uso pure quello di «tema», «soggetto», come per il termine provenzale razos (Convivio II XII). 7
Oltre a queste fonti, non possiamo ovviamente dimenticare il modello agiografico e quello dei leggendari (ovvero le narrazioni di vita e morte dei principali santi della cristianità), da cui Dante riprende la modalità narrativa, la descrizione delle virtù della donna, il diffuso misticismo presente nell’opera, il racconto delle apparizioni e delle visioni, oltre al fatto che la stessa Vita Nova si presetna come un racconto autobiografico esemplare, e segue quindi la funzione propria degli exempla di fede 8. Anche la Bibbia, infine - da considerarsi ovviamente nel suo complesso di Antico e Nuovo Testamento - è fonte importantissima per Dante, tanto che si può anche notare una maggiore presenza di citazioni dirette in seguito alla conoscenza sempre più approfondita del libro sacro; nella Vita Nova però non troviamo molti rimandi espliciti, e possiamo infatti individuare solo quattro citazioni dirette (VII, 7; XXIV, 4; XXVIII, 1; XXX, 1) e tre rimandi o glosse (VII, 3; XXIII, 25; XXXII, 5).
Attraverso una lettura delle fonti alla base del testo, si riesce a vedere come Dante si avvicini e utilizzi lo Stilnovo in fase giovanile con estrema perizia e maestria, per poi riuscire a superarlo per dare una connotazione differente al concetto di amore e di donna presente invece nei poeti suoi contemporanei, siano essi appartenenti alla corrente provenzale, siciliana e stilnovistica, riuscendo quindi a caratterizzare la sua poetica con una originalità marcata e, per molti aspetti, unica.
Bibliografia essenziale
Testi:
Purgatorio, a cura di U. Bosco e G. Reggio, Firenze, Le Monnier, 2002.
Vita Nova, a cura di M. Barbi, Firenze, Bemporad,1932.
Vita Nova, a cura di G. Gorni, Torino, Einaudi, 1996.
Studi:
Enciclopedia Dantesca, in Enciclopedia Treccani, Milano, Mondadori.
Voce: Documento/Monumento, a cura di J. Le Goff, in Enciclopedia Einaudi, Torino, 1978, vol. V, pp. 38-43.
1 Purgatorio, XXIV, vv. 49-63.
2 Per l’edizione della Vita Nova e la numerazione dei capitoli si faccia riferimento all’edizione di Barbi del 1932.
3 voce: Bonaventura da Bagnoregio, in Enciclopedia Dantesca
4 Per avere un’analisi approfondita di questo parallelismo si legga la voce: Bonaventura da Bagnoregio nella Enciclopedia Dantesca.
5 J. Le Goff, voce Documento/Monumento, in Enciclopedia Einaudi, Torino 1978, vol. V.
6 Ad esempio: XXXV, 4; XXXVII, 5; XXXIX, 7.
7 voce: Razos, in Enciclopedia Dantesca.
8 L’exemplum è il racconto della vita di una persona, molte volte un santo, che nel corso della sua vita grazie alle sue azioni è riuscito a raggiungere la salvezza; venivano raccontati ai fedeli maggiormente dai predicatori degli ordini mendicanti, Domenicani e Francescani, così che questi potessero avere degli ‘esempi’ di virtù da seguire per non cadere nel peccato.