Il secondo regno extramondano della Commedia si presenta radicalmente diverso da quello infernale da cui Dante e Virgilio provengono. L’approdo sulla spiaggia al primo canto disegna infatti una geografia nettamente nuova: all’imbuto infernale, che scende nelle viscere della Terra, si è sostituita un’isola a forma di ripida montagna, collocata nell’emisfero australe.
Il cambiamento ha molte conseguenze, tanto materiali quanto simboliche: il percorso di ascensione e di purificazione del personaggio principale risulterà infatti condizionato dello scorrere del tempo reale (di fatto, prima annullato dall’eternità delle pene infernali), cui si affianca ora l’attenzione scrupolosa di Dante nel descrivere la situazione atmosferica e cronologica di tutti gli eventi rilevanti della cantica. Ma questo fatto, come per tutti gli aspetti della Commedia, ha anche precisi risvolti simbolico-allegorici: il Purgatorio viene esplicitamente creato e pensato come luogo di passaggio e di transito per le anime non condannate all’Inferno, ma non ancor degne di contemplare la meraviglia di Dio nei cieli. Questo elemento è decisivo per l’alleviamento di stile, toni ed immagini rispetto al regno precedente; e anche l’atteggiamento dei personaggi in via di purificazione (nonché di Dante stesso) è ben distante dalla drammaticità di certi passi degli ultimi gironi infernali. Dal punto di vista teologico, la struttura si modella ancora sulla filosofia tomistica: dopo la spiaggia dell’Antipurgatorio, ascendiamo al monte vero e proprio, diviso in sette cornici, tante quanti sono i peccati capitali, disposti per gravità decrescente (e cioè, dal basso verso l’alto: superbia, invidia, ira, accidia, avarizia e prodigalità, gola, lussuria). In vetta, abbandonato il “dolce duca” Virgilio, Dante accederà al Paradiso Terrestre, e reincontrerà l’amata Beatrice, sua nuova guida per l’ultimo regno.
Non vengono meno, tuttavia, alcune costanti di tutto il poema: l’itinerario dantesco si presta sempre alla doppia lettura, tra cammino individuale e significato universale, sintetizzando così l’intera visione del mondo medievale. E poi, sono sempre centrali, a fianco dei ragionamenti filosofico-teologici, le figure singole che Dante incontra: la sua sensibilità di poeta è anzi esaltata dalla descrizione di alcuni episodi che arricchiscono la forza rappresentativa del suo poema. Dopo la memorabile figura di Catone (canto I), nell’Antipurgatorio il poeta incontra ad esempio Casella (canto II), l’erede alla corona imperiale Manfredi (canto III) e Sordello da Goito (canto VI, sempre di argomento politico). Seguono, mentre l’ascesa è scandita da canti religiosi, altre figure, come Marco Lombardo (canto XVI), Stazio (canto XXI), Forese Donati (canti XXIII-XIV), Bonagiunta Orbicciani (canto XXIV), Guido Guinizzelli e Arnaut Daniel (canto XXVI), Matelda (canto XXVIII), fino all’attesa apparizione di Beatrice (canto XXX).
Il Purgatorio è insomma il regno più vicino all’esperienza umana dell’uomo comune che Dante vuole impersonare: rispetto alle atroci sofferenze dell’Inferno e all’elevazione dello stile e della materia trattata del Paradiso, questo è il mondo in cui il poeta, anch’egli pellegrino in via di purificazione, può sentirsi più vicino all’esperienza che provano coloro che incontra sulla via.