La Commedia (l’attributo “divina” è posteriore, e compare per la prima volta nel Trattatello in laude di Dante di Boccaccio, radicandosi poi nella tradizione) è, senza alcun dubbio, l’opera maggiore di Dante Alighieri, e una delle più celebri e rilevanti dell’intera tradizione letteraria mondiale. Il poema descrive un lungo viaggio ultraterreno, quello che Dante stesso avrebbe compiuto in occasione della Pasqua del 1300, all’età di trentacinque anni. Ritrovatosi in una “selva oscura”, simbolo di un difficile periodo di traviamento personale, l’autore viene soccorso dal poeta latino Virgilio, che sarà sua guida in una discesa lungo i gironi infernali, di cui Dante contemplerà tutti gli orrori. Il viaggio di redenzione del poeta, sempre accompagnato dal maestro fidato, proseguirà poi sul monte del Purgatorio, là dove si purificano le anime in attesa di salire in Paradiso. Qui Dante, a compimento del personale percorso di ascesi, sarà guidato da Beatrice (e, nella parte finale, l’Empireo, dal mistico S. Bernardo) fino alla ineffabile contemplazione di Dio, che nemmeno la sua poesia può significare per mezzo di parole.
Incerti i limiti cronologici della composizione di un’opera così impegnativa: se è certo che la Commedia è opera del Dante maturo (e dopo l’esilio), alcuni ne fissano l’inizio della stesura attorno al 1304, altri un paio di anni dopo; per una serie di riscontri interni, pare comunque sicuro che Dante lavori alla prima cantica tra il 1307 e il 1309, mentre la datazione del Purgatorio risalirebbe agli anni tra il 1311 e il 1313. Il Paradiso, infine, vedrebbe la luce tra il 1316 e l’anno della morte del poeta, il 1321.
Anche la questione delle fonti è spinosa: per intenti, dimensione e complessità tecnico-stilistica, la Commedia è un’opera di cui si faticano a trovare modelli ed antecedenti. Se certo possiamo citare singoli autori (tra gli altri: Omero, Virgilio, Bonaventura da Siena o Bonvesin de la Riva), specifici testi (dalla Visione di S. Paolo all’Odissea e all’Eneide, passando per il Libro della Scala dell’VIII sec.) cui Dante si richiama, è sicuramente un dato rilevantissimo la novità di alcune scelte d'autore, che testimoniano la grandiosità del disegno dantesco. La struttura complessa del mondo ultraterreno si riflette nella accurata architettura del poema, diviso in tre cantiche, coincidenti con i tre regni (Inferno, Purgatorio, Paradiso) e suddivise a loro volta in 33 canti (nell’Inferno, s’aggiunge un canto proemiale, che ci introduce alla "selva oscura" e all'esperienza del viaggio), scanditi al loro interno dalla terzina dantesca. Recuperata dal genere minore del sirventese, la terzina di endecasillabi (secondo lo schema a rime incatenate ABA BCB CDC...) assicura sviluppo narrativo a tutte le tematiche fondamentali che Dante tocca nel suo viaggio: l’esperienza personale e quella collettiva, l’incontro con i personaggi ultraterreni, l’unione di mondo reale e mondo trascendente, la salvezza dal peccato grazie alla guida della ragione mossa in aiuto dell’umanità attraverso l’intervento della teologia e della fede.
Assolutamente determinante per lo scrittore e per la sua visione del mondo è che la Commedia non vuole affatto raccontare solo un viaggio individuale; anzi, la vicenda del singolo non è che la "figura" (e cioè, nei termini dell'esegesi cristiana medievale, la prefigurazione anticipatrice di un determinato evento) della salvezza collettiva di tutta l'umanità, alla luce del messaggio di redenzione di Cristo. Rilevante è - in continuità con le idee del Convivio - la scelta del volgare fiorentino per un tema così impegnativo; e proprio qui Dante dispiega tutte le sue doti di grandissimo scrittore. Lo stile varia considerevolmente, adeguandosi volta per volta al tema trattato. Le scelte di Dante sono allora orientate nettamente verso il plurilinguismo, piegando lo strumento alle esigenze espressive di ogni singola occasione, passando con notevole libertà dai registri più colloquiali a quelli più aulici e sublimi, e creando - quando necessario - neologismi ad hoc. Il poema dantesco, in considerazione della sua complessità e della sua influenza determinante, è allora uno dei testi-cardine per l’intera cultura medievale, che Dante porta, nella sua opera maggiore, al pieno e completo svolgimento.