Il Filocolo è stato composto da Boccaccio durante la sua giovinezza, attorno al 1337, e fa parte della produzione del periodo napoletano. Boccaccio scelse questo titolo, come fece anche per il Filostrato, secondo una sua personale interpretazione etimologica: "filocolo" significa infatti in questo caso "fatica d’amore". Il romanzo, composto in prosa e in lingua volgare, racconta una travagliata vicenda d’amore, che vede protagonisti Florio e Biancofiore: lui erede al trono spagnolo, lei ragazza orfana cresciuta a corte. I due si amano sin dalla più tenera età, ma i genitori del giovane ostacolano tenacemente il loro sentimento a causa della condizione sociale della ragazza. Boccaccio sottolinea come la passione tra i due innamorati sia divampata leggendo l’Ars amatoria di Ovidio, riferimento che ci riporta subito alla memoria i danteschi Paolo e Francesca.
Non riuscendo a tenere separati i giovani amanti, i genitori di Florio decidono di allontanare il figlio con la scusa dello studio, e di donare Biancofiore come schiava all’ammiraglio di Alessandria, perché la porti con sé in Oriente. Quando Florio scopre l’accaduto s’imbarca alla ricerca della sua bella, con il falso nome di Filocolo, ma, colto da una tempesta, deve sostare a Napoli, dove gode della raffinatezza della corte e della compagnia di Fiammetta. Ripreso il mare, giunge ad Alessandria, e riesce ad entrare nella stanza della torre dell’ammiraglio in cui è tenuta prigioniera Biancofiore. Ritrovatisi, i due amanti si sposano e consumano il matrimonio. Una volta scoperti però, vengono condannati a morte attraverso il rogo, pena che si rivela inefficace grazie all’intervento di un deus ex machina, in questo caso la dea Venere, che rende i due giovani immuni alle fiamme. Infine, secondo il classico meccanismo dell'agnizione, l’ammiraglio riconosce Florio, suo nipote, e vengono alla luce anche le origini nobili di Biancofiore. Così i due amanti vedono trionfare il loro amore nel più tipico lieto fine.
Boccaccio, nella stesura di quest’opera, prende spunto da un poemetto popolare intitolato Cantare di Florio e Biancofiore, del quale esistevano anche varie versioni francesi. In questo componimento s’intrecciano inoltre diversi piani narrativi, che generano molte digressioni nel corso della vicenda. Lo stile, letterario ed elevato, è modellato sugli esempi colti dell'ars dictandi medievale.