Introduzione
Vergine bella, che di sol vestita è il componimento di chiusura dei Rerum vulgarium fragmenta di Francesco Petrarca, e quindi ricopre un ruolo fondamentale per quanto riguarda la struttura dell’opera e il senso profondo della poetica del suo autore. Il percorso di redenzione e di spiritualizzazione dell’amore per Laura si conclude infatti con una lunga canzone di preghiera alla Madonna, cui l’autore chiede perdono per i propri peccati terreni, in vista della vita eterna dopo la morte. Il componimento, assai elaborato stilisticamente, sarebbe stato composto secondo la critica petrarchesca tra il 1367 e il 1372.
Analisi
I temi della preghiera alla Madonna
La canzone, in esplicita lode alla Madonna (ogni stanza - non a caso - si apre con il termine “Vergine”), è strutturata come una lunga e protratta invocazione alla Vergine, con abbondanza di riferimenti a tutta la tradizione biblica e ai canti di preghiera per la madre di Cristo. In particolare, la Madonna costituisce l’altro polo rispetto alla passione terrena per Laura, che viene quindi riletta e reinterpretata in ottica del pentimento e della remissione dei propri peccati.
Alla celebrazione delle lodi e delle virtù della donna, si affianca sempre (spesso in chiusura di stanza) l’umile richiesta del poeta di aver aiuto per il proprio “dubio stato” (v. 25), di esser degno del regno dei cieli (v. 37) o di godere finalmente della pace del “cor” (v. 52). Il tema della sofferenza amorosa, che attraversa tutta la struttura del Canzoniere, diventa scoglio sulla via della salvezza, tanto che il poeta definisce la propria esistenza terrena una “torta via” (v. 65) agitata dalla “terribile procella” (v. 69) della passione, in cui Petrarca si confessa “sol” e “senza governo” (v. 70). Si ripresenta, ad aggravare ulteriormente la condizione esistenziale del poeta, il memento mori (ovvero, secondo l’espressione latina, il ricordo ossessivo di dover morire un giorno o l’latro), che rende ancor più urgente e necessario l’intervento salvifico della Vergine:
Mortal bellezza, atti et parole m’ànno
tutta ingombrata l’alma.
Vergine sacra et alma,
non tardar, ch’i’ son forse a l’ultimo anno.
I dí miei piú correnti che saetta
fra miserie et peccati
sonsen’ andati, et sol Morte n’aspetta 1.
L’intercessione della Madonna presso il divino Creatore è l’unica speranza di salvezza per il “cor lasso” (v. 114) del poeta, che quasi con vergogna ammette d’essere rimasto a lungo legato a Laura, cui si allude con la lunga perifrasi di “poca mortal terra caduca” (v. 121) che precede quella che è considerata dalla critica la dedica finale del Canzoniere. Ai vv. 124-128, Petrarca affida nelle mani della Vergine i frutti della sua fatica poetica e tutta la propria esperienza esistenziale:
Se dal mio stato assai misero et vileper le tue man resurgo,
Vergine, i’ sacro et purgo
al tuo nome et penseri e ‘ngegno et stile,
la lingua e ‘l cor, le lagrime e i sospiri 2.
Il congedo (vv. 131-137) ribadisce il senso ultimo della preghiera e la richiesta di “pace” (v. 137) per il proprio “spirto”.
Il rapporto con il sonetto proemiale
La canzone di explicit del Canzoniere stringe ovviamente rapporti molto profondi con il testo di apertura (Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono), che presentava i “sospiri” dovuti al “primo giovenile errore” dell’innamoramento per Laura. Già lì si spiegava che l’amore terreno è esperienza dolorosa e fuorviante (“le vane speranze e ‘l van dolore”, v. 6), che porta solo derisione e vergogna di sé (“favola fui gran tempo”, vv. 10-11) e necessità di perdono ed espiazione (“spero trovar pietà, nonché perdono”), poiché i beni terreni sono solo “breve sogno” (v. 14).
All’interno della struttura dei Rerum vulgarium fragmenta - composta di 366 componimenti, come se il Canzoniere fosse un breviario di purificazione personale dall’amore terreno all’amore spirituale - la canzone conclusiva indica il compimento di questo percorso di redenzione. Prova ne sia, dal punto di vista lessicale, che molti dei termini tipicamente usati per lodare la bellezza di Laura passano qui a designare la Madonna, secondo un complesso gioco di memoria e distanziamento dall’oggetto della propria passione.
Le fonti e lo stile
L’elevatezza dell’argomento, l’importanza della collocazione del testo nella raccolta, la funzione strutturale che esso ricoprre fanno sì che lo stile de Vergine bella sia particolarmente elevato, e che le fonti vengano selezionate con attenta cura da parte del poeta.
È stato sottolineato da più parti che la canzone assume la struttura di una litania, con la ripresa del termine che s’invoca all’inizio di ogni stanza (“Vergine”, per ben dieci volte), secondo una tecnica che Petrarca recupererebbe dalla poesia trobadorica in lingua d’oc. A questa impostazione stilistica concorrono anche la serie di formule ed epiteti con cui ci si riferisce alla Madonna, e le riprese e citazioni (più o meno fitte ed esplicite) dalla Bibbia (l’incipit ricorda Apocalisse 12, 1), dai Vangeli (in particolare quelli di Luca e Matteo), dai Salmi e dalla tradizione degli inni mariani (come il Regina Coeli e il Salve Regina).
Tra le fonti letterarie, oltre agli amati classici latini, sono significativi i rimandi alla poesia stilnovistica (che contribuisce al topos della spiritualizzazione della donna amata) e al trentatreesimo canto del Paradiso dantesco, dove l’Alighieri, per il tramite di San Bernardo, rivolge alla Madonna la sua preghiera alla Vergine.