9'

“Purgatorio”, canto 2: analisi e commento

Introduzione

 

Il secondo canto del Purgatorio si apre quando Dante e Virgilio si trovano ancora sulla spiaggia ai piedi della montagna - siamo ancora nell’Antipurgatorio - dove si era svolto il rituale di purificazione ordinato da Catone nel canto precedente. È giunta intanto l’alba, che il poeta descrive con una complessa immagine astronomici, arricchiti dall’uso di metafore. Si avvicina un’imbarcazione, guidata da un angelo luminosissimo che al posto delle vele fa vento con le sue stesse ali. È così che le anime penitenti, destinate alla salvezza, raggiungono il luogo della loro espiazione.

Queste numerose anime sono smarrite poiché non conoscono il percorso che devono intraprendere: si avvicinano dunque a Dante e, rendendosi conto di trovarsi al cospetto di un uomo vivo, gli si accalcano intorno. Fra di loro Dante incontra il defunto amico e musico Casella, a cui chiede di intonare una propria canzone. Il canto è però interrotto dall’arrivo di Catone, che bruscamente le indirizza verso il loro cammino di redenzione. Anche Dante e Virgilio si allontanano velocemente.

 

Riassunto

 

Il secondo canto del Purgatorio comincia con una descrizione dell’alba: Dante unisce precisi elementi astronomici, dati espressivi, metaforici e mitologici e riferimenti zodiacali tipici della cultura medievale. Il poeta e Virgilio, ancora fermi sulla spiaggia ai piedi del Purgatorio, vedono venire verso di loro un punto luminoso che inizialmente sembra piccolo e confuso come Marte visto dalla terra nella foschia del mattino; man mano che quella luce si avvicina e diviene più grande, il poeta riesce a distinguere tre macchie bianche ai due lati e sotto di essa. Subito dopo Dante comprende che si tratta di ali: appartengono all’angelo nocchiero che guida e sospinge l’imbarcazione con la sua forza miracolosa, tale da non richiedere strumenti umani come vele o remi. Anche la nave mostra i segni di navigazione soprannaturale perché tocca a malapena l’acqua. Virgilio invita il suo protetto ad inginocchiarsi e a congiungere le mani in segno di rispetto.

L’angelo sta traghettando le anime destinate alla salvezza, che si raccolgono sempre presso la foce del Tevere, fino alla spiaggia del Purgatorio. La luce emanata dal viso dell’angelo diventa sempre più forte, fino a quando Dante è costretto a distogliere lo sguardo. Le anime sulla barca intonano, il Salmo 113 In exitu Istrael de Aegypto, che tratta della liberazione degli Ebrei dalla schiavitù egiziana: così le anime esprimono in modo allegorico la gratitudine per essere finalmentelibere dalle catene del corpo mortale.

L’angelo, una volta accostata l’imbarcazione alla spiaggia, benedice le anime e il loro percorso facendo il segno della croce; poi, senza dire una parola, le lascia scendere e riparte alla volta della foce del Tevere. Le anime si trovano così sperse, a osservare quel luogo che vedono per la prima volta e in cui non sanno come muoversi. Chiedono quindi indicazioni a Dante e Virgilio, pensando che si trovino lì da più tempo; il poeta latino le informa però che anche loro sono giunti da poco e che non conoscono affatto quel luogo.

Intanto le anime si accorgono che Dante respira e che dunque è ancora in possesso del suo corpo mortale; piene di meraviglia gli si accalcano intorno fissandolo, proprio come accade con i messaggeri che portano novità. Una delle anime si avvicina maggiormente a Dante, facendo per abbracciarlo con atteggiamento tanto affettuoso, che Dante è pronto a ricambiare. Stupito, non riesce stringere l’anima:è infatti inconsistente e priva di realtà corporea. L’ombra allora gli suggerisce di abbandonare ogni tentativo e, al suono della sua voce, Dante lo riconosce. Si tratta di Casella, musico fiorentino e suo personale amico, morto qualche mese prima.

Dante chiede come mai sia appena arrivato alla spiaggia del Purgatorio nonostante sia passato un po’ di tempo; Casella gli risponde che l’angelo, che decide secondo l’inconoscibile volontà divina chi può salire sulla sua barca, fino ad allora non lo aveva accolto, lasciandolo ad aspettare. Da tre mesi comunque - ossia da quando Bonifacio VIII (1230ca. - 1303)aveva promulgato il Giubileo e la possibilità di ottenere indulgenze - l’angelo ha concesso a chiunque lo volesse di salire senza opporsi.

Dante, ancora turbato da ciò che ha visto nell’Inferno, chiede a Casella di intonare per lui un ultimo canto, come quando era vivo. Il musico sceglie una canzone dello stesso Dante, tratta dal Convivio, ovvero Amor che ne la mente mi ragiona. Tutte le anime, compresi Dante e Virgilio, si fermano ad ascoltarlo, ma vengono interrotti da Catone, il custode del Purgatorio, che disperde le anime, ricordando loro il lungo cammino di espiazione che le attende. Il rimprovero sembra rivolto anche ai due poeti che quindi, come gli altri, si affrettano e si allontanano.

 

Analisi e commento: la luce, l'antitesi con l'Inferno, i sentimenti umani

 

Uno dei principali protagonisti del canto - e in generale di tutto il Purgatorio - è la luce: questa caratteristica si contrappone all’oscurità della “selva” e dell’Inferno.e. Come il buio rappresenta il peccato e l’estraneità da Dio, la luce identifica invece la sua presenza e la sua benedizione. Essa domina quindi nel Purgatorio a simboleggiare come le anime che lo abitano siano benvolute dal Signore e destinate alla salvezza, benché attraverso un cammino di espiazione più o meno lungo e faticoso. Dante insiste perciò prima sulla luce dell’alba e poi su quelladell’angelo di Dio.

Nella rappresentazione astronomica (vv. 1-9) dantesca si riflettono diverse necessità espressive. In primo luogo, il poeta deve dar conto del tempo che passa cosicché il suo lettore possa orientarsi e comprendere come si sta svolgendo il suo viaggio. Nell’Inferno il senso del tempo è perduto, perché si tratta di un mondo chiuso e sotterraneo, mentre il Purgatorio si trova sulla Terra, anche se nel disabitato emisfero australe, composto quasi solo di acque e sconosciuto agli uomini, e quindi ne condivide la cronologia 1. Secondariamente Dante raccoglie tutte le consuetudini e le conoscenze tipiche e diffuse nella sua epoca. Lascia quindi spazio a immagini concrete, fisiche (come la notte personificata) o mitologiche, che appaiono più immediate all’immaginazione del lettore rispetto ai dati tecnici e scientifici. Eppure essi non mancano, nascosti sotto il velo della poesia e della metafora.

La rappresentazione della luce angelica non è altrettanto ricca sul piano tecnico ma molto efficace nel suggerire l’immagine del nocchiero che si avvicina velocemente, tanto splendente da essere infine insopportabile. Dante spiega a chi legge la natura improvvisa di questa esperienza, il rispetto che gli ha ispirato e l’origine miracolosa che la contraddistingue. L’angelo viene evidentemente descritto in opposizione al nocchiero infernale Caronte: luminoso, bello, chiaramente emissario della benevola volontà divina, come anche il suo vascello, leggero e veloce, in contrasto alla pesante barca infernale che attraversa l’Acheronte. L’angelo inoltre è del tutto imperturbabile: non dice nulla, non presta attenzione a Dante e Virgilio e si limita ad attenersi al compito che gli è stato affidato da Dio, del quale è mero strumento. Non a caso il suo unico gesto è quello di benedizione, che appunto viene dal Signore. Le anime sono contraddistinte da due elementi essenziali: la gioia e l’amore reciproco. Entrambi sono segnali eloquenti della loro condizione, destinata alla salvezza. In tutto il Purgatorio infatti le ombre purganti, anche se soffrono per la pena, sono felici, perché sanno cosa le aspetta alla fine e di essere del tutto in accordo con la volontà divina: ancora una volta, la situazione dei dannati nell’Inferno è del tutto opposta 2. Cantando il salmo che celebra la liberazione degli Ebrei dalla servitù in Egitto, le anime del Purgatorio comunicano proprio il loro sollievo e la loro speranza, e sono in perfetta armonia tra loro, a differenza dei dannati infernali, che sono sempre pieni di ostilità reciproca. Tutti questi temi sono in realtà importanti in tutta la seconda cantica: l’amore reciproco, la concordia, la speranza, la musica e il canto.

I medesimi aspetti tornano nella scena finale che introduce il musico fiorentino Casella. Per altro anche il fatto che si tratti di un amico di Dante anticipa un’ulteriore tendenza del Purgatorio, che è ricco di incontri con compagni di vita di Dante. Spesso il poeta esprimerà il desiderio di stare insieme a loro più di quanto la situazione lo consenta e il bisogno di conoscere la loro condizione, riprendendo per brevi scene le consuetudini della vita quotidiana terrena. Il rapimento con cui il canto trascina persino le anime desiderose di intraprendere il loro percorso di redenzione ribadisce la celebrazione della musica: non dobbiamo dimenticare, in effetti, che Dante in gioventù era stato tra i più importanti esponenti dello Stil Novo, un’esperienza letteraria innovativa, in cui era centrale la ricerca di modi stilistico-linguistici che esaltassero la dolcezza del canto. Inoltre il riferimento ad esperienze poetiche precedenti dello stesso Dante è frequente in tutto il poema (basti pensare a ciò che succede nel canto ventiquattresimo).

Tuttavia l’indugiare delle anime di fronte al canto di Casella sottolinea anche quanto il Purgatorio sia a sua volta pieno di indugi - sia delle anime sia di Dante e Virgilio. Le anime del Purgatorio, e soprattutto quelle dell’Antipurgatorio, pur essendo tese verso l’espiazione sono ancora intrise di sentimenti umani e terreni e di ricordi legati alla loro vita passata. Il severo rimprovero di Catone vuole però ricordare come la via del perdono necessiti di sciogliersi dai legami terreni.

1 Non a caso, alla fine dei tempi, quando tutti gli uomini saranno stati giudicati colpevoli o innocenti, il Purgatorio non esisterà più.

2 Dante insiste su queste opposizioni nei canti iniziali del Purgatorio proprio per sottolineare il cambiamento radicale cui ha assistito: si pensi ad esempio all’immagine della “navicella del mio ingegno” nel primo canto (Purgatorio, I, vv. 1-2).