Il fondatore della scuola stoica è Zenone (Cizio, 336/335 a.C. – Atene, 263 a.C.). Allievo del cinico Cratete, inizia a tenere lezioni ad Atene, intorno al 300, sotto il Portico Dipinto ("Stoà Poikìle", da cui il nome "stoici"). Non ci è rimasto nessuno dei suoi scritti, ma sappiamo che nella sua "Repubblica" sosteneva l’abolizione della moneta, dei templi, dei tribunali, dei ginnasi e la comunanza delle donne tra i sapienti.
Gli succede Cleante (Asso, 304 a.C. – Atene, 233/232 a.C.), del quale ci rimangono quaranta versi di un Inno a Zeus. Cleante si distacca dal cinismo e dà una maggiore impronta teoretica. A Cleante succede Crisippo (Soli, 281/277 a.C. – Atene, 208/204 a.C.), considerato il secondo fondatore dello stoicismo. Pare abbia scritto più di settecento libri, dei quali rimangono solo pochi frammenti. Con Crisippo tradizionalmente si chiude lo stoicismo antico. Segue uno stoicismo medio, tra il II e il I secolo avanti Cristo, una fase più eclettica in cui vengono integrati anche elementi epicureici, platonici e aristotelici, e infine una Nuova Stoà che riprende lo stoicismo delle origini.
Lo stoicismo ebbe grande fortuna nell’antichità, formando spesso uomini dei ceti dirigenti e influenzando le masse; motivi stoici confluiranno anche nel cristianesimo. Dal cinismo lo stoicismo eredita un certo materialismo, l’idea di autosufficienza del saggio e la matrice socratica, specialmente nell’idea di identità di conoscenza e virtù. Nel pensiero stoico l’individuo è decontestualizzato dalla polis e ricontestualizzato in un ordine razionale del cosmo di stampo determinista, rispetto al quale l’etica stoica si configura come ubbidienza al fato, coincidenza di libertà e necessità. Già da Zenone la scuola stoica divide la filosofia in logica, fisica ed etica: se la virtù è conoscenza e se il sapiente è colui che conosce l’ordine del mondo e ad esso si conforma, per vivere bene occore vivere in armonia con il cosmo e per farlo è necessaria la conoscenza della logica e della fisica.