Anassagora di Clazomene (circa 500 a.C. – circa 430 a.C.) si trasferì dalla Ionia ad Atene, dove entrò a far parte della cerchia di Pericle e dove insegnò per circa trent’anni, introducendo la filosofia, prima di essere processato per empietà.
Di lui ci rimangono alcuni frammenti di un Perì physeos. Anche il suo naturalismo risente dell’eleatismo: niente nasce, niente muore; le cose piuttosto si separano e si uniscono. Tuttavia Anassagora è un pluralista: il suo universo è basato sulla mescolanza di elementi primari qualitativamente distinti, i "semi", tutti compresenti in misure diverse in ogni cosa, il che rende possibile il divenire nei processi di trasformazione e di assimilazione. In origine gli elementi erano disordinati, mescolati in una massa infinita e immobile, poi ordinata da un Nous, un intelletto cosmico. In Anassagora il Nous perde, dunque, il carattere dell’intuizione per divenire una sorta di principio superiore: passo fondamentale che gli riconoscono sia Platone sia Aristotele, seppur con qualche riserva. Il Nous di Anassagora appare, infatti, a Platone come un principio troppo cieco, privo di vera causalità dell’ordine delle cose, e ad Aristotele come qualcosa di non sviluppato a dovere, un’entità di cui Anassagora si serve quando non è in grado di indicare un’altra causa.
Jacopo Nacci, classe 1975, si è laureato in filosofia a Bologna con una tesi dal titolo Il codice della perplessità: pudore e vergogna nell’etica socratica; a Urbino ha poi conseguito il master "Redattori per l’informazione culturale nei media". Ha pubblicato due libri: Tutti carini (Donzelli, 1997) e Dreadlock (Zona, 2011). Attualmente insegna italiano per stranieri a Pesaro, dove risiede.