Il largo influsso della filosofia eleatica si vede bene se prendiamo in considerazione una serie di filosofi - detti pluralisti - che, a partire dalle premesse della logica parmenidea, ritornano a trattare i problemi della Natura. Il primo di essi, l’agrigentino Empedocle (circa 490 a.C. – circa 430 a.C.), individua in quattro elementi “non riducibili” (aria, acqua, terra e fuoco) le radici di tutte le cose.
Scrivendo, come Parmenide, in versi, Empedocle afferma in maniera perentoria che gli elementi:
A vicenda predominano nel ciclo ricorrente
periscono l’uno nell’altro e si accrescono nella vicenda del loro destino.
Questi soli, appunto, sono gli elementi, ma , precipitando l’uno nell’altro,
nascono gli uomini e le altri stirpi di fiere,
una volta riuniti a opera dell’Amicizia in un solo cosmo,
una volta separati ciascuno per sé a opera dell’odio della Contesa
(DK fr. 31B26.1-6)*
Per Empedocle, a determinare l’unione o la separazione degli elementi sono i due moti antitetici di amore ed odio, che stanno alla base di quel "divenire" drasticamente rifiutato dagli eleatici. In tale moto incessante, tuttavia, non vi sono nascita e morte (come le intendono gli uomini), ma solo moti di trasformazione, mescolanza e separazione:
Ma un’altra cosa ti dirò: non vi è nascita di nessuna delle cose
mortali, né fine alcuna di morte funesta,
ma c’è solo mescolanza e separazione di cose mescolate,
ma il nome di nascita, per queste cose, è usato dagli uomini.
(DK fr. 31B8)
Democrito (circa 460 a.C. – circa 360 a.C.), sulla scia degli insegnamenti del maestro Leucippo, propone una teoria della materia fondata su due concetti, quelli di “atomo”,che significa “indivisibile”, e rappresenta la parte più piccola della realtà, e il vuoto, entro cui gli atomi si muovono incessantemente. È l’aristotelico Simplicio a riportarci il suo pensiero:
Democrito ritiene che la materia di ciò che è eterno consiste in piccole sostanze infinite di numero; e suppone che queste siano contenute in altro spazio, infinito per grnadezza; e chiama lo spazio con i nomi di “vuoto” e di “niente” e di “infinito”, mentre dà a ciascuna delle sostanze il nome di “ente” e di “solido” e di “essere”. Egli reputa che le sostanze siano così piccole da sfuggire ai nostri sensi; e che esse presentino ogni genere di figure e differenze di grandezza.
(DK fr. 68A37)
Infine, Anassagora di Clazomene prosegue la riflessione naturalista suggerendo una teoria in cui i “semi”, combinandosi tra loro, compongono la materia. Questi “semi” hanno qualità diverse tra loro (dice Anassagora: “bisogna supporre che in tutti gli aggregati ci siano molte cose e di ogni genere e semi di tutte le cose aventi forme d’ogni sorta e colori e sapori”; DK fr. 59B4) e sono guidati da una sorta di intelletto superiore, il “nous”, che per Anassagora è “la più sottile di tutte le cose” e quella che “ha cognizione completa di tutto e il più grande dominio” sulla realtà (DK fr. 59B12). In questo senso, il “nous” è il principio che sta alla base del divenire stesso del cosmo:
E qualunque [cosa] doveva essere e qualunque fu che ora non è, e quante adesso sono e qualunque altra sarà, tutte l’intelletto ha ordinato, anche questa rotazione in cui si rivolgono adesso gli astri, il sole, la luna, l’aria, l’etere che si vengono separando. Proprio questa rivoluzione li ha fatti separare e dal raro per separazione si forma il denso, dal freddo il caldo, dall’oscuro il luminoso, dall’umido il secco.
(ivi)
* I rimandi a questi frammenti seguono la classificazione Diels-Kranz, che suddivide le “testimonianze” (caratterizzate dalla lettera A) e i “frammenti” (lettera B), associando ad ogni autore un numero progressivo.