Dal discorso all'Essere: prima lezione dedicata alla filosofia di Parmenide.
Di Parmenide di Elea (circa 515 a.C. – circa 450 a.C.), il più importante rappresentante della scuola eleatica, ci rimangono alcune parti del poema Sulla natura. Esso racconta di come, una volta salito sul carro del Sole, Parmenide venga condotto al di là delle porte del giorno e della notte, e come qui una dea gli annunci che gli sarà rivelata ogni cosa, sia il cuore dell’alétheia (la verità), sia la doxa (l’opinione umana), nella quale - dice la dea - non c’è vera certezza.
Il poema è diviso in due parti: nella prima, che ci è giunta più integra, è esposta la metafisica dell’Essere; nella seconda, molto frammentata, troviamo tracce di una filosofia naturalista. Parmenide prende le mosse dalla disgiunzione «o è o non è», rispetto alla quale non è possibile pensare o dire una terza cosa. Ciò che si può propriamente pensare e dire che "è", è necessariamente immobile, unico, eterno, sempre identico a sè: è dalla logica che Parmenide deduce il contenuto, l’Essere, l’unico del quale si può dire con certezza che "è", mentre risulta impossibile applicare queste proprietà agli enti del mondo che conosciamo.
Dunque la ricerca di Parmenide si presenta come radicalmente nuova: prende le mosse non dall’osservazione, ma da ciò che può essere propriamente detto e pensato, dalla corerenza interna del discorso, indipendentemente dalla corrispondenza al mondo sensibile. Parmenide pone una nuova sfida, che diverrà centrale nella ricerca filosofica dei secoli successivi.
Jacopo Nacci, classe 1975, si è laureato in filosofia a Bologna con una tesi dal titolo Il codice della perplessità: pudore e vergogna nell’etica socratica; a Urbino ha poi conseguito il master "Redattori per l’informazione culturale nei media". Ha pubblicato due libri: Tutti carini (Donzelli, 1997) e Dreadlock (Zona, 2011). Attualmente insegna italiano per stranieri a Pesaro, dove risiede.