Giovanni Pascoli: vita e opere

Riassunto della vita e delle opere di Giovanni Pascoli, a cura di Andrea Cortellessa.
 
Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855. Il padre, tenutario dell'importante famiglia Torlonia, ha una vita politica complessa e articolata prima di fede repubblicana, poi monarchica. Svolge diversi incarichi pubblici e diventa anche sindaco della città, prima di morire vittima di un omicidio, mai risolto, quando il poeta ha soltanto 12 anni. Pascoli ha spesso spinto i suoi critici a letture di tipo psicoanalitico, nelle quali viene attributo un grande peso al rapporto genitoriale. E' indubbio, infatti, che la figura del padre abbia avuto un ruolo decisivo nell'elaborazione del suo immaginario poetico e onirico. Per reagire al trauma della sua scomparsa, Pascoli costruì l'immagine del nido, dove i pulcini superstiti resistono alla perdita del capofamiglia. Altri lutti segnano la vita adolescenziale del poeta: la morte della madre e della sorella Margherita (1868), quella del fratello Luigi (1871) e del fratello Giacomo (1876). All'età di 17 anni Pascoli si avvicina al socialismo, tramite un movimento fondato da Andrea Costa, ma ne darà col tempo un'interpretazione sempre più riduttiva e deludente. Per aver elogiato pubblicamente l'anarchico Giovanni Passannante, il giovane poeta conosce un paio di mesi di carcere nel 1879. Si laurea con ottimi voti (1882), identificando nello studio il luogo dove trovare rifugio ai suoi stati di angoscia e tentare una strada indipendente. Comincia ad insegnare in diverse città d'Italia, fino ad ottenere nel 1905 la cattedra di Letteratura italiana all'Università di Bologna, appartenuta prima di lui a Giosuè Carducci. Muore il 6 aprile 1912 nella sua casa di Bologna, ucciso da un cancro al fegato.
 
Cortellessa si sofferma sull'analisi di alcuni scritti di saggistica: Pensieri sull'arte poetica, il nucleo dei pensieri di Pascoli sulla letteratura e lo stile poetico (ripubblicato con il titolo Il fanciullino nel 1903) e La base scientifica del mio socialismo (1901), dove egli rinnega il "gelido credo di Carlo Marx" ed identifica il "nuovo sole dell'avvenire" nei sentimenti di amore e carità. Segno della modernità del poeta è la scelta dei maestri letterari: Leopardi e Dante. Le ultime raccolte, dopo Myricae, i Poemi conviviali, i Poemetti, i Canti di Castelvecchio, saranno sempre più all'insegna dell'ufficialità e influenzate dalla figura in trasformazione di Pascoli: da una giovinezza dissipata e ribelle a una precoce senilità di poeta-professore. Egli imposterà anche una voce tonante, da vate della terza Italia, infondendo nei suoi ultimi componimenti toni retorici e nazionalisti; emblematica è l'orazioneLa grande proletaria si è mossa, pronunciata nel novembre del 1911 in sostegno della Guerra in Libia. Quando morì l'anno seguente, la sua originalità di scrittore era perduta da tempo.
 
Andrea Cortellessa è un critico letterario italiano, storico della letteratura e professore associato all'Università Roma Tre, dove insegna Letteratura Italiana Contemporanea e Letterature Comparate. Collabora con diverse riviste e quotidiani tra cui alfabeta2, il manifesto e La Stampa-Tuttolibri.