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"Il Principe" di Machiavelli, capitolo 26: analisi di alcuni estratti

Il capitolo XXVI del Principe, (intitolato Esortazione a liberare la Italia da’ barbari), esprime tutto il coinvolgimento affettivo di Machiavelli per le sorti del suo paese, sommerso da una condizione di profonda crisi. Ma l’autore è convinto che proprio la condizione sfavorevole in cui si trova l’Italia possa essere terreno fertile per l'azione di un Principe nuovo, e creare quell’”occasione” che, se nutrita dalla virtù, porterebbe ad un sicuro successo:

 

[...] mi pare concorrino tante cose in beneficio d’un Principe nuovo, che non so qual mai tempo fusse più atto a questo. E se, come io dissi, era necessario, volendo vedere la virtù di Moisè, che il popolo d’Istrael fusse schiavo in Egitto, ed a conoscere la grandezza e l’animo di Ciro, che i Persi fussero oppressi da’ Medi, e ad illustrare l’eccellenza di Teseo, che gli Ateniesi fussero dispersi; così al presente, volendo conoscere la virtù di uno spirito Italiano, era necessario che l’Italia si conducesse ne’ termini presenti, e che la fusse più schiava che gli Ebrei, più serva che i Persi, più dispersa che gli Ateniesi, senza capo, senz’ordine, battuta, spogliata, lacera, corsa, ed avesse sopportato di ogni sorta rovine.

Machiavelli esorta dunque il Principe (teoricamente il destinatario dell’opera Lorenzo de’ Medici, ma praticamente una figura di regnante ideale e per ora immaginifica), a farsi avanti e a prendere la situazione in mano. Questo Principe nuovo godrebbe inoltre dell’appoggio dell’intero popolo italiano, che sta aspettando un redentore che gli si ponga innanzi sventolando una bandiera:

 

Non si deve adunque lasciar passare questa occasione, acciocchè la Italia vegga dopo tanto tempo apparire un suo redentore. Nè posso esprimere con quale amore ei fussi ricevuto in tutte quelle provincie che hanno patito per queste illuvioni esterne, con qual sete di vendetta, con che ostinata fede, con che pietà, con che lacrime. Quali porte se gli serrerebbono? Quali popoli li negherebbono la obbidienza? Quale invidia se gli opporrebbe? Quale Italiano gli negherebbe l’ossequio? Ad ognuno puzza questo barbaro dominio.

La razionalità fino ad ora espressa e perseguita dal Machiavelli viene completamente travolta e sostituita dall’impeto passionale, dalla volontà e dal tono profetico. L’autore cita infine le parole del Petrarca della canzone Italia mia, sperando con queste d’infiammare definitivamente gli animi:

"Virtù contro al furore | Prenderà l’armi, e fia il combatter corto; | Chè l’antico valore | Negli Italici cuor non è ancor morto”.