Presentazione del trattato Il Principe di Niccolò Machiavelli, analisi dei capitoli I-V, a cura di Alessandro Mazzini.
Il trattato de Il Principe, composto, secondo alcuni, di getto nel 1513, in origine era dedicato a Giuliano de' Medici, ma dopo la sua morte avvenuta nel 1516, venne dedicato a Lorenzo de' Medici, duca di Urbino e nipote di Giuliano. La dedica al duca e la natura dell'opera del trattato indicano la volontà di Machiavelli di mostrarsi competente nelle questioni politiche, per essere chiamati dai Medici a realizzare un principato mediceo.
Il Principe, accanto alla tradizione degli specula principis, sembra richiamare la struttura del promemoria politico, offerto da un cittadino privato al suo signore, come i famosi libelli indirizzati ai Medici, in seguito al loro ritorno a Firenze.
Il titolo originale dell'opera era De Principatibus, e il trattato era diviso in ventisei capitoli. Nei primi undici vengono classificati i vari tipi di principati, divisi innanzitutto tra ereditari e nuovi. Machiavelli focalizza l'attenzione non solo sulla classificazione, ma soprattutto sulle difficoltà che un principe può avere nello sviluppare la sua azione di governo, in particolare quando si tratta di creare un nuovo organismo statale.
Nella prima parte si sviluppa il problema della stabilità e sicurezza del principato. Il principe si trova a dover agire in una realtà mutevole e rischiosa, dove occorre una grande virtù per far fronte ai rischi e alle difficoltà portati dalla Fortuna. Le soluzioni dei problemi devono essere attinte dagli esempi della storia antica e anche dalla storia contemporanea, che devono essere imitati. Ma essenziale è la virtù. Basandosi sulle proprie forze e sulla capacità di creare ampio consenso nei confronti del popolo, il principe, che acquisisce il potere, deve dimostrare una "extraordinaria virtù".
Il principe deve essere in grado di prevedere prima quello che la situazione presenterà, e quindi trovare le adeguate risposte al problema. Un altro principio su cui si fonda Machiavelli è il principio dell'utilitarismo: il principe agisce secondo quanto è necessario per mantenere il potere, conseguentemente il presupposto dell'azione politica deve essere sempre quello di conservare il potere. Per questo il principe deve essere pronto a utilizzare ogni mezzo, come blandire o uccidere i nemici o le popolazioni sottomesse, a seconda della richiesta che i tempi pongono al sovrano.
Nel capitolo V compare la contrapposizione tra principato e repubblica, che è intensa da Machiavelli come la forma politica e costituzionale che più compiutamente realizza il regno della legge e della libertà. Si affronta così il tema di come governare stati, che, prima della conquista, vivevano con le loro leggi e in libertà. Il metodo proposto da Machiavelli per gestire queste nazioni è "o ruinarle", cioè distruggere i loro lineamenti politici, utilizzando anche la violenza, o andando ad abitarvi personalmente. Si trova qui un elogio della maggior vitalità dell'uomo nei regimi repubblicani, si nota quindi come l'obiettivo di un'azione politica correttamente intesa è quello di arrivare a una condizione di libertà repubblicana.
Alessandro Mazzini è professore di Greco e Latino presso il Liceo Classico Manzoni. Si è laureato in Letteratura Greca con il professore Dario Del Corno presso L'Università degli Studi di Milano. Ha collaborato con riviste di divulgazione culturale e ha insegnato per 10 anni Lingua e Letteratura Italiana e Lingua e Letteratura Greca presso il Liceo della Scuola Svizzera di Milano. Dal 2001 è ordinario di Italiano e Latino nei Licei e dal 2003 ordinario di Greco e Latino al Liceo Classico.
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