Video su Alessandro Manzoni
Manzoni, "Storia della colonna infame": riassunto e commento
Le Osservazioni sulla morale cattolica, unitamente al Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia consentono di mettere in luce il fatto che è a partire dall’interiorità del cuore umano che si può tentare di comprendere la storia e la società. In particolare, secondo Manzoni, dallo scontro tra ragione e passioni si può delineare la fonte di quel pervertimento di fondo che sembra cogliere costantemente la riflessione sulla storia di Manzoni, quel pervertimento di fondo che determina il contrasto tra ciò che dovrebbe essere e ciò che in effetti è. In questa linea di pensiero si colloca la Storia della colonna infame, un’opera conclusa nel 1829; in origine doveva far parte del romanzo, ma a causa della sua lunga estensione viene estrapolata e condotta a termine nel 1829 per poi essere pubblicata insieme alla seconda edizione de I Promessi Sposi.
Nell’opera Manzoni rifiuta l’opinione espressa da Verri, per il quale il processo e la condanna dei presunti untori dovevano spiegarsi con l’ignoranza e l’oscurantismo dei tempi, uniti all’uso abominevole della tortura. Per Manzoni questo porterebbe a negare o ad accusare la Provvidenza e lascerebbe sgomenti perché indurrebbe a pensare che l’uomo sia necessitato al male. In realtà questi, con simili comportamenti, si spiegano come il frutto di passioni pervertitrici, cui si consente di prevalere consapevolmente, infrangendo tutte le regole e tutte le leggi, anche se “Dio solo”, precisa Manzoni, “può leggere fino in fondo nell’abisso del cuore umano”. Ancora una volta, davanti a uno specifico caso storico, tornano le polarità dell’abisso del cuore umano e del caos incomprensibile e abissale delle relazioni sociali e quindi delle dinamiche storiche. Ancora una volta è l’interiorità dell’uomo cui occorre rivolgersi per la comprensione di una dinamica storica. È interessante quello che Manzoni osserva all’inizio dell’opera:
Se, in un complesso di fatti atroci dell'uomo contro l'uomo, crediam di vedere un effetto de' tempi e delle circostanze, proviamo, insieme con l'orrore e con la compassion medesima, uno scoraggiamento, una specie di disperazione. Ci par di vedere la natura umana spinta invincibilmente al male da cagioni indipendenti dal suo arbitrio, e come legata in un sogno perverso e affannoso, da cui non ha mezzo di riscotersi, di cui non può nemmeno accorgersi. Ci pare irragionevole l'indignazione che nasce in noi spontanea contro gli autori di que' fatti, e che pur nello stesso tempo ci par nobile e santa: rimane l'orrore, e scompare la colpa; e, cercando un colpevole contro cui sdegnarsi a ragione, il pensiero si trova con raccapriccio condotto a esitare tra due bestemmie, che son due deliri: negar la Provvidenza, o accusarla.
Il pensiero religioso di Manzoni non può obliterare, rimuovere la dimensione della Provvidenza nell’analisi storica eppure questa Provvidenza agli occhi di Manzoni, tenendo conto anche del senso complesso, del senso di profonda contraddizione che caratterizza la sua sensibilità religiosa, ebbene questa Provvidenza, se diviene oggetto di ragionamento, rivela anch’essa un aspetto abissale che si configura come la terza polarità che si intreccia nell’analisi della complessità che caratterizza l’approccio epistemico di Manzoni nella sua riflessione. In un’opera tarda Un dialogo filosofico dell’invenzione, un’opera del 1850 in cui affronta in modo definitivo i problemi posteri alla riflessione sull’estetica, Manzoni osserva che la Provvidenza, se viene resa oggetto di riflessione, si presenta con queste caratteristiche:
Un ordine che passa immensamente la nostra cognizione e le nostre previsioni; e sono quindi lontane le mille miglia dall'immaginarsi che, in un incognito di questa sorte, in un complesso di futuri, che per noi è un caos di possibili, si possa cercare né l'unica né la principale e eminente regola delle deliberazioni umane.
In questo passo Manzoni sta affrontando la questione della separazione tra “utile” e “giusto” e osserva, a questo si riferisce l’uso della terza persona plurale, che le genti, se si approcciano la questione in termini di fede, si rendono conto che in Dio e nella sua Provvidenza “utile” e “giusto” non possono essere in contraddizione. Tuttavia questo è appunto oggetto di fede perché se la ragione tenta di focalizzare il concetto di Provvidenza, è in questo momento che si presenta come un caos di possibili quindi il caos del cuore umano, il guazzabuglio del cuore umano, si esprime in un caos di inesplicabili contraddizioni che è la società e la storia in cui la società agisce; trova un senso se rapportata però a un altro abisso: l’abisso della Provvidenza di Dio. Ancora una volta è la problematicità che Manzoni ha il coraggio di guardare fino in fondo, affrontando tutte le contraddizioni e tutte le problematiche che questa determina.