"Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia" di Manzoni: riassunto e spiegazione

La concezione della storia di Alessandro Manzoni espressa nel Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia: analisi del testo e commento a cura di Alessandro Mazzini.
 
Il Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia è un'opera particolarmente significativa per comprendere il rinnovamento nell'approccio degli studi storici di Manzoni. Il testo viene pubblicato nel 1822 insieme alla tragedia Adelchi, per correggere quel tratto eccessivamente romanzesco che ha scoperto una volta ultimata la tragedia.

Manzoni prende spunto dalla polemica contro la storiografia laica e giurisdizionalista, che aveva fatto della Chiesa la responsabile della mancata formazione di un spirito nazionale italiano. Manzoni, con intento apologetico, vuole dimostrare la falsità di questa tesi, ma anche che la Chiesa si era posta a tutela dei Latini, assoggettati dai Longobardi. Egli evidenzia come in realtà non ci fosse stata una fusione tra l'elemento longobardo e elemento latino, per cui era insensato parlare di una potenziale formazione di uno spirito nazionale.

Nella parte iniziale dell'opera, Manzoni si esprime sulla società umana a proposito della questione dei rapporti tra Longobardi e Latini. L'indagine storica deve presupporre la comprensione dei modi in cui la natura umana si piega e si adatta alla società. La storia non si giustifica da sola per il semplice motivo che è l'espressione di un'azione umana, che per natura è contraddittoria. Questa conflittualità che rivela il cuore umano si riflette nella dimensione storica e in una società, caratterizzata da una vitalità che produce contraddizioni e contrasti. Comprendere la storia significa quindi comprendere le ragioni dell'animo umano. Manzoni si rende conto che la storia non si è mai occupata di coloro che hanno subito la storia, senza viverla. Occorre dunque spostare lo sguardo su quella massa di quelle persone che hanno attraversato la storia senza lasciare traccia. Bisogna tentare di dar voce, anche per un atto di giustizia, ai "desideri, i timori, i patimenti, lo stato generale dell'immenso numero d'uomini" che non ebbero "parte attiva in quell'avvenimento, ma che ne provarono gli effetti". E proprio la mancanza di testimonianze sullo stato delle popolazioni latine durante la dominazione dei Longobardi induce Manzoni a questa riflessione sul compito della storia.

Alessandro Mazzini è professore di Greco e Latino presso il Liceo Classico Manzoni. Si è laureato in Letteratura Greca con il professore Dario Del Corno presso L'Università degli Studi di Milano. Ha collaborato con riviste di divulgazione culturale e ha insegnato per 10 anni Lingua e Letteratura Italiana e Lingua e Letteratura Greca presso il Liceo della Scuola Svizzera di Milano. Dal 2001 è ordinario di Italiano e Latino nei Licei e dal 2003 ordinario di Greco e Latino al Liceo Classico. 
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Un’opera particolarmente significativa per comprendere il rinnovamento nell’approccio degli studi storici, che è un altro campo in cui si cimenta Manzoni, è il Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia che Manzoni pubblica insieme ad Adelchi nel 1822 e che accompagna la tragedia per correggere quel tratto “eccessivamente romanzesco”, scoperto da Manzoni una volta ultimata la tragedia. In questo discorso Manzoni prende spunto dalla polemica contro la storiografia laica e giurisdizionalista che aveva fatto della Chiesa la responsabile della mancata formazione di uno spirito nazionale italiano. In realtà, Manzoni, con intento apologetico, nel discorso vuole dimostrare non che soltanto questa tesi non era vera, ma che anzi la Chiesa si era fatta responsabile di una sorta di tutela nei confronti dei latini assoggettati dai Longobardi; vuole dimostrare come in realtà non ci fosse stata nessuna, neanche iniziale, fusione tra l’elemento longobardo e quello latino, per cui non aveva senso parlare della potenziale formazione di uno spirito nazionale.


Proprio nella parte iniziale di quest’opera, Manzoni si esprime sulla società umana a proposito della questione dei rapporti tra longobardi e latini. Una volta messo in luce come queste relazioni di fatto non fossero indagate dalle testimonianze coeve, osserva che questa scoperta apre un problema: ma quali erano queste relazioni?

 

Qui dovrebbe cominciare la storia positiva, la vera, l’importante storia: qui si sente subito, che la scoperta di quell’errore non è tanto una cognizione quanto una sorgente di curiosità per chi nella storia vuol vedere in quante maniere diverse la natura umana si pieghi e s’adatti alla società: […].

L’indagine storica deve presupporre la comprensione dei modi in cui la natura umana si piega e si adatta alla società. Come rappresenta Manzoni la società?

 

[…] a quello stato così naturale all’uomo e così violento, così voluto e così pieno di dolori, che crea tanti scopi, dei quali rende impossibile l’adempimento, che sopporta tutti i mali e tutti i rimedi, piuttosto che cessare un momento; a quello stato che è un mistero di contraddizioni in cui la mente si perde, se non lo considera come uno stato di prova e di preparazione a un’altra esistenza.

La storia non si giustifica da sola per Manzoni perché è l’espressione di un’azione umana che ha le sue azioni all’interno di un cuore che è un guazzabuglio, un mistero, o come aveva detto nelle Osservazioni sulla morale cattolica, è uno spazio in cui si scontrano la miseria e l’idea della perfezione; è un abisso in cui il guazzabuglio del cuore umano si esprime in una complessità e in un contorcimento che soltanto se illuminato dalla fede può trovare un senso. Questo guazzabuglio, questa confusione, questa conflittualità, questo abisso, questo sguardo abissale che rivela il cuore umano si riflette nella dimensione della storia, in una società che è caratterizzata da questa incoercibile vitalità che produce contraddizioni, conflitti, contrasti e che, insomma, è un caos, è un caos tanto quanto il cuore umano che la determina e di cui è espressione.


Comprendere la storia significa comprendere le motivazioni del cuore umano; platonicamente, sembra dire Manzoni, occorre comprendere l’anima dell’uomo (il “cuore” nel linguaggio manzoniano), prima di cercare di comprendere a fondo le dinamiche della società e quindi della storia.
Proprio sulle istanze e l’incontro con Augustin Thierry, Manzoni si rende conto che la storia non si è mai occupata delle persone che hanno subito la storia; si rende conto che la storia, se ha tentato di comprendere le sue dinamiche, si è sempre concentrata sui grandi personaggi. In realtà, secondi Manzoni, occorre spostare lo sguardo su quella massa di persone che hanno attraversato la storia senza lasciare traccia e senza che nessuno se ne sia mai occupato. Occorre insomma cercare di dar voce per un atto di giustizia, perché anche la ricerca storiografica deve rispondere a un’istanza di giustizia; occorre dar voce a:


I desideri, i timori, i patimenti, lo stato generale dell’immenso numero d’uomini che non ebbero parte attiva in quell’avvenimento, ma che ne provaron gli effetti.

Questa deve essere la storia: indagare quelle masse che non hanno mai avuto voce in essa. E quindi diventa particolarmente interessante di quanto si rende conto Manzoni del fatto che, in merito alla questione dei rapporti tra longobardi e romani, non esistendo testimonianze, questo comporta la comprensione di qualcosa di profondo cioè:

 

Che se le ricerche le più filosofiche e le più accurate sullo stato della popolazione italiana durante il dominio de’ Longobardi, non potessero condurre che alla disperazione di conoscerlo, questa sola dimostrazione sarebbe una delle più gravi e delle più feconde di pensiero che possa offrire la storia. Un’immensa moltitudine d’uomini, una serie di generazioni, che passa sulla terra, sulla sua terra, inosservata, senza lasciarci traccia, è un tristo ma importante fenomeno.

Secondo Manzoni, occorre che la ricerca storiografica cerchi di sopperire in qualche modo a questa mancanza, cercando di comprendere quelle ragioni autentiche storicamente che fanno capo al cuore umano, che consentono certo di comprendere la storia e la società, ma che consentono soprattutto di rivelare l’uomo a sé stesso.