Marzo 1821 costituisce, insieme alle Odi civili, l'altro aspetto del progetto degli Inni Sacri. Anche quest'ode, come Il Cinque Maggio, vuole presentarsi come una poesia fortemente legata alle esigenze e ai sentimenti dei contemporanei. Essa si presenta come espressione di speranze nazionali, che emergono non solo attraverso il contenuto, ma anche tramite le scelte metriche. L'impiego di decasillabi comporta, infatti, un ritmo molto ribattuto e insistito (come nel coro dell'atto terzo dell'Adelchi). Il tema centrale è il diritto inalienabile di ogni popolo alla libertà. Collegandosi alle speranze che Carlo Alberto nel marzo 1821 aveva suscitato nei carbonari, Manzoni organizza un testo diviso in quattro momenti.
Nel primo vi è una narrazione in presa diretta dello stato d'animo dei piemontesi dopo il superamento del Ticino. L'azione è vista come se già stesse avendo attuazione, dove la patria acquista una valenza religioso di fratellanza, che cementa i cuori di chi partecipa all'impresa: "L’han giurato: altri forti a quel giuro | Rispondean da fraterne contrade, | Affilando nell’ombra le spade | Che or levate scintillano al sol. | Già le destre hanno strette le destre; | Già le sacre parole son porte; | O compagni sul letto di morte, | O fratelli su libero suol."
Nella seconda parte dell'ode, invece, che comincia sostanzialmente dal v. 41, abbiamo una proiezione della vicenda risorgimentale italiana su una prospettiva più universale e su un piano "metafisico". Dio stesso è visto come garante della libertà di un popolo, dio degli eserciti in una prospettiva di riscatto: "Sì, quel Dio che nell’onda vermiglia | Chiuse il rio che inseguiva Israele, | Quel che in pugno alla maschia Giaele | Pose il maglio ed il colpo guidò; | Quel che è Padre di tutte le genti, | Che non disse al Germano giammai: | Va’, raccogli ove arato non hai; | Spiega l’ugne; l’Italia ti do." (vv. 65-72).
Nella terza parte è presente un appello agli stranieri, che si configura come un discorso argomentativo teso alla persuasione. Esso insiste sulla legittimazione sancita da Dio affinchè l'Italia rivendichi la propria autonomia e la propria unità. In questi versi non si esprime, quindi, odio contro il nemico, ma gli si richiede che garantisca agli altri ciò che ha avuto per sè: "Dio rigetta la forza straniera; | Ogni gente sia libera e pèra | Della spada l’iniqua ragion." (vv. 54-56).
La quarta parte è dedicata ad un appello all'Italia, dove la invita a non attendere un intervento esterno ma di credere nelle proprie forze: "Oggi, o forti, sui volti baleni | Il furor delle menti segrete: | Per l’Italia si pugna, vincete! | Il suo fato sui brandi vi sta. | O risorta per voi la vedremo | Al convito dei popoli assisa, | O più serva, più vil, più derisa | Sotto l’orrida verga starà." (vv. 89-96).
Alessandro Mazzini è professore di Greco e Latino presso il Liceo Classico Manzoni. Si è laureato in Letteratura Greca con il professore Dario Del Corno presso L'Università degli Studi di Milano. Ha collaborato con riviste di divulgazione culturale e ha insegnato per 10 anni Lingua e Letteratura Italiana e Lingua e Letteratura Greca presso il Liceo della Scuola Svizzera di Milano. Dal 2001 è ordinario di Italiano e Latino nei Licei e dal 2003 ordinario di Greco e Latino al Liceo Classico.