A ciascuno il suo è un romanzo di Leonardo Sciascia del 1966, strettamente legato per temi e contenuto a Il giorno della civetta (1961). Si tratta infatti ancora di un "giallo" di ambientazione siciliana e mafiosa, ma, come avviene nel romanzo precedente, l’omicidio è connesso alla politica (attraverso la corruzione di alcuni funzionari pubblici) e alla fitta rete di "poteri forti" che ruotano attorno al mondo descritto dall'autore: non a caso, in A ciascuno il suo omertà e mafia sono forze occulte che verranno nascoste dietro alla giustificazione di un omicidio passionale.
La vicenda è ambientata nel 1964, in un paese dell’entroterra siciliano, in estate. Il farmacista Manno riceve una lettera minatoria (“per quello che hai fatto morirai”), e pensando che si tratti di un brutto scherzo, non ci bada. Tuttavia qualche giorno dopo viene ucciso in una battuta di caccia insieme a un amico, il dottor Roscio, e uno dei suoi cani. Da Roma viene inviato un commissario per indagare sull’omicidio; la prima pista che viene seguita è quella passionale: in tutto il paese si sospetta che il farmacista, considerato da tutti un bell’uomo, possa aver avuto una relazione con alcune sue clienti, mentre il dottor Roscio è rimasto fatalmente coinvolto nel regolamento di conti, in quanto si accompagnava a Manno. Tuttavia il professore d’italiano e latino Paolo Laurana, che si interessa al caso, nota sul rovescio della lettera recapitata a Manno la parola latina unicuique, che compare sulla testata de “L’osservatore romano” insieme a suum (da qui, l'espressione della legislazione latina unicuique suum, "a ciascuno il suo", che dà il titolo al romanzo). Il professore Laurana decide di indagare per conto suo come privato cittadino che vuole condurre la sua personale lotto contro l’opinione comune nel suo paese, che, in accordo con l'omertà mafiosa, recita “che il miglior diritto e la più giusta giustizia, se proprio uno ci tiene, se non è disposto a confidarne l’esecuzione al destino o a Dio, soltanto possono uscire dalle canne di un fucile”. Laurana, seguendo la "pista" de “L’osservatore romano”, scopre nell'edicola del paese che nessuno compra più da anni il quotidiano, ma che solo due persone vi sono ancora abbonate: l’arciprete e il parrocco di Sant’Anna, don Luigi Corvaia. Recatosi dai due ecclesiasti il professore inizia a sospettare che il vero obbiettivo del killer fosse in realtà il dottor Roscio. Dopo aver parlato con un deputato comunista, Laurana apprende che Roscio era stato a Roma per incontrarlo e aveva promesso al deputato documenti che provano che una persona di spicco del paese è corrotta. Tuttavia con la sua morte, la promessa non era stata mantenuta. Il professore capisce così che la lettera era stata inviata a Manno per sviare le indagini.
Il protagonista, parlando con il parrocco di Sant’Anna, scopre che misteriosa figura è l’avvocato Rosello, legato da un rapporto di amicizia e di affari con un deputato, ed inoltre cugino della vedova Roscio, l'affascinante Luisa, anch'essa interrogata dal professor Laurana. Il protagonista sospetta che dietro l’omicidio di Roscio ci sia un movente passionale, ma anche politico: ritiene, infatti, che l’avvocato Rosello abbia assoldato un sicario per uccidere il dottore, che aveva scoperto la relazione tra questo e la moglie Luisa e che per questo ricattava l’avvocato, sfruttando i documenti compromettenti in suo possesso per far cessare la relazione tra i due. Tuttavia, pur essendo giunto vicino alla verità, Laurana è attratto dalla vedova Roscio, che confida all’uomo che sta indagando sulla morte del marito e vuole incontrarlo per parlarne. Il professore rimane fatalmente sedotto dalla donna, che lo attira in una trappola. Rosello, infatti, non appena saputo che Laurana aveva scoperto tutto, decide di eliminarlo con la complicità dell’amante. Il professore viene così ucciso e seppelito in una solfatara. E i due amanti possono così impunemente sposarsi; un matrimonio atteso da tutti i paesani che lo ritengono la scelta migliore per “rimettere insieme la roba”, cioè il patrimonio delle due famiglie. Dal finale si comprende quindi che tutto il paese era a conoscenza della causa dell’omicidio e dei responsabili, e che aveva taciuto per connivenza ed opportunità; solo Laurana aveva deciso di scoprire la verità e rivelarla e per questo è stato eliminato. Il protagonista non è quindi di un classico detective vincente ed astuto, che scioglie l'enigma grazie alla propria intuizione superiore, ma un ingenuo ed uno sconfitto, perché non accetta la realtà con cui convivono ogni giorno gli abitanti del paese siciliano. Viene così messa in luce come l’interesse del potente e corrotto possa sopravvivere ed essere garantito dal silenzio di funzionari e dei paesani stessi, tanto che nel finale del romanzo Laurana è definito da uno dei personaggi come un “cretino”.
Nella logica mafiosa, è del tutto inutile aiutare con le indagini un morto, perché, come viene affermato da un proverbio riportato nel romanzo: “Regola: il morto è morto, diamo aiuto al vivo”.