Leonardo Sciascia nasce in Sicilia, e più precisamente a Racalmuto (Agrigento), l'8 gennaio 1921. Figlio di uno zolfataro, Pasquale Sciascia, e di una casalinga, Genoveffa Martorelli, Leonardo è il maggiore di tre fratelli. Dopo aver frequentato le scuole elementari a Racalmuto, segue la famiglia a Caltanissetta, dove s'iscrive all'istituto magistrale "IX Maggio". Qui incontra professori che lo segneranno e lo plasmeranno profondamente, figure fondamentali della sua formazione. Grazie a Vitaliano Brancati si accosta infatti agli autori francesi (che rimarrano sempre i suoi prediletti) e con la guida di Giuseppe Granata s'immerge nello studio degli illuministi e si appassiona di letteratura. In questi anni giovanili Sciascia inizia ad avvicinarsi alle posizioni del partito comunista e alla militanza antifascista. Conclude la carriera scolastica diplomandosi nel 1941, e trova lavoro al Consorzio Agrario di Racalmuto, esperienza che gli permette di osservare da vicino la vita agreste e la realtà contadina siciliana. Si sposa con Maria Andronico nel 1944 e ha due figlie, Anna Maria e Laura. Nel 1949, è nominato maestro alle scuole elementari di Racalmuto, ruolo che ricoprirà fino al 1957.
Nel 1950 inizia la vera e propria attività letteraria, pubblicando le Favole della dittatura (ventisette prose brevi molto curate dal punto di vista stilistico), seguite nel 1952 dalla raccolta di poesie La Sicilia, il suo cuore e nel 1953 dal primo saggio (Pirandello e il pirandellismo) dedicato all'amato corregionale. Al 1956 risalgono Le parrocchie di Regalpetra, in cui si comincia ad intravedere l'impegno civile dell'autore, e si riconosce la sua formazione illuminista: il libro è strutturato come una cronaca-saggio della vita di un immaginario paesino siciliano, dietro cui si può intravedere la nativa Racalmuto. Nel 1958 viene stampato il volume Gli zii di Sicilia, tre racconti che diverranno quattro quando nel 1961 verrà aggiunto L'antimonio, ispirato all'autore dalla guerra di Spagna. Nel 1961 Sciascia comincia a dedicarsi a quello che diverrà il tema prevalente nella sua produzione letteraria: il genere “giallo”. In Sciascia però, questo genere acquista un carattere di denuncia etica e sociale. Lo scrittore è infatti maggiormente interessato alla descrizione delle cause economiche e sociali che si annidano dietro ai delitti, piuttosto che alla risoluzione degli enigmi stessi. Così si susseguono romanzi che consolidano la fama dello scrittore agrigentino: Il giorno della civetta (1961), A ciascuno il suo (1966), Il contesto (1971), Todo modo (1974), Il cavaliere e la morte (1988) e Una storia semplice (1989), da cui spesso sono tratti film di pari successo.
Oltre all'attività di scrittore Sciascia porta avanti anche quella di giornalista, collaborando a fasi alterne con "La Stampa" e il "Corriere della Sera", e scrivendo su alcune testate minori siciliane. L'impegno civile di questa fase (dal 1975 Sciascia è candidato nelle liste del Partito Comunista) trova proprio nell'unione tra cronaca di fatti reali e scrittura d'autore il canale di comunicazione con il pubblico: del 1975 è La scomparsa di Majorana, mentre nel 1977 Candido è un amaro rendiconto autobiografico (mascherato attraverso il rimando letterario a Voltaire) delle delusioni della politica. Nel 1978 poi, L'affaire Moro indaga, con la formula del racconto-inchiesta, i retroscena del sequestro e dell'uccisione di Aldo Moro, suscitando polemiche sulla stampa, con gli intellettuali del tempo e con gli organi di partito. Passato nel 1980 nelle fila dei Radicali, Sciascia dedica gli ultimi anni di vita alla saggistica storico-letteraria e allo studio del fenomeno mafioso, come nell'occasione del maxi-processo palermitano a Cosa Nostra del 1986, nato dalle dichiarazioni del "pentito" Tommaso Buscetta.
Lo scrittore si spegne a Palermo nel 1989.