Il mito di chiusura della Repubblica: il mito di Er.
La Repubblica presenta nel finale del suo ultimo libro un mito, il MITO DI ER, per cui l’uomo che vuole essere fedele al suo compito di praticare la giustizia si trova di fronte al problema del suo destino. Er è l’eroe guerriero della Panfilia, morto in guerra, il cui corpo ritrovato dopo 10 giorni, viene portato su una pira 2 giorni dopo si ridesta e racconta quel che ha visto nell’aldilà. Ma come mai la Repubblica termina con questo mito? In un certo senso, è coerente questa proposizione del libro II, per cui "se una città è più grande di un individuo, nel campo più grande ci sarà una più grande giustizia e più facile da apprendere, per poi applicare all’individuo singolo la conformità con il modello più grande". Quindi è solo alla fine dell’intero dialogo che si pone il problema dell’individuo e della sua sorte.
Interessante è la parte centrale sulla scelta delle anime alla reincarnazione. Uscite dalle voragini del cielo e della terra dopo un viaggio di 1000 anni, ed una sosta di 7 giorni, le anime si dirigono per 4 giorni verso la luce della circonferenza del cielo, alle cui estremità è appeso un fuso tenuto a piombo da 8 vasi concentrici, che rappresentano gli otto cieli (Stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Venere, Sole, Luna e terra), fuso che gira sulle ginocchia di Ananke, con accanto le tre Parche (Moirai), Lachesi, Cloto e Atropo per il passato, il presente e il futuro.
Dice la Parca Lachesi: "Non è il dèmone che sceglierà la vostra sorte, ma siete voi che sceglierete il vostro dèmone. Il primo che la sorte avrà designato sarà il primo a scegliere il tenore di vita al quale sarà necessariamente legato. La virtù è libera a tutti; ognuno ne parteciperà più o meno a seconda che la stima o la spregia. Ognuno è responsabile del proprio destino, la divinità non è responsabile". (Repubblica, X, 617 e). Le anime scelgono tra i modelli di vita in gran numero offerti loro. In parte dipende dal caso in quanto i primi hanno maggior offerta ma anche gli ultimi hanno diverse scelte per avere una vita felice. Quindi il daimon che presiede alle sorti di ognuno in realtà dipende dalle scelte che facciamo noi. Le anime migliori scelgono talora male "perchè non sono stati provati dalle sofferenze" e si fanno abbagliare da vite ricche e potenti, che celano infelicità e male. Spesso si sceglie in base alla esperienza fatta nella vita precedente, come Ulisse che memore dei vecchi travagli sceglie una vita oscura e modesta. Dice Socrate: "E’ questo il momento più pericoloso dell’uomo ed è perciò che ciascuno di noi, trascurando tutte le altre occupazioni, deve cercare di attendere soltanto a questo: scoprire e riconoscere l’uomo che lo metterà in grado di discernere il genere di vita migliore e di saperlo scegliere" (618 c). E la vita migliore è quella che adotta la giustizia e la saggezza. Le anime bevono le acque del Lete e a mezzanotte con un terremoto, nascono tranne Er, che non avendone bevuto, si risveglia sulla pira funeraria con la memoria del suo mito. Il mito di Er chiude il dibattito sulla giustizia presente nella Repubblica, la virtù che l’uomo deve assumere per svolgere bene il suo compito in vita. Vediamo le conclusioni su questo mito di Socrate a Glaucone: " Abbiamo eliminato tutte le altre considerazioni circa la giustizia, senza mettere a profitto nè i compensi nè la buona reputazione…ma abbiamo trovato che la giustizia è il bene supremo per l’anima considerata nella sua vera natura e che perciò questa deve fare quello che è giusto". E Socrate conclude con queste parole: "È così, Glaucone, che ci fu conservato questo racconto senza andare perduto, racconto che può salvarci, se gli diamo fede; e allora traverseremo felicemente il fiume Lete e non ci macchieremo l’anima. Ma se voi darete retta a me, convinti che la nostra anima è immortale e capace di soffrire tutti i mali come di godere tutti i beni, noi seguiremo sempre la via che conduce in alto, e praticheremo in ogni modo la giustizia insieme con la saggezza. Così noi saremo amici a noi stessi e agli dei, non solo mentre viviamo qui, ma anche quando avremo riportato i premi della giustizia, come i vincitori dei giochi che raccolgono i doni degli amici, e saremo felici tanto su questa terra quanto in quel viaggio di mille anni che abbiamo descritto". ( fine del libro 10). Queste parole chiariscono in modo definitivo il significato ed il valore del racconto dell’eroe Er. Il mito di Er chiude i 10 libri della Repubblica, è il sigillo di tutta l’opera. Ma se questo è chiaro, allora il racconto mitico, che qui Platone esalta dimostra tutta la validità euristica e non favolistica del mito, in opposizione alle tesi sostenute altrove dello stesso Platone, dimostrando che ognuno è responsabile del suo destino ed è felice se sceglie di essere giusto e saggio.
Franco Sarcinelli, docente di Storia e Filosofia nei Licei milanesi, si è occupato in vari saggi di temi di epistemologia delle scienze umane e storiche, di fenomenologia e di ermeneutica. Tra i suoi volumi ha pubblicato per Mimesis "Filosofia della mancanza" (2007) ed è nel comitato di redazione di "Fenomenologia e società". Da due anni è invitato ad intervenire alle International Conferences on Ricoeur Studies per i suoi approfondimenti sul pensiero del filosofo Paul Ricoeur.
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