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"Pace non trovo, et non ò da far guerra" di Petrarca: analisi e commento

Parafrasi Commento

Introduzione

 

Il sonetto Pace non trovo, et non ò da far guerra è un componimento contenuto nei Rerum Vulgarium fragmenta di Francesco Petrarca. Il testo è il numero 134 dell'ordinamento definitivo della raccolta petrarchesca ed è appartenente alla prima parte del Canzoniere, ovvero quella composta (dal primo componimento, Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono, al numero 263) dai testi cosiddetti "in vita di Madonna Laura", a cui seguono (dal testo 264 al 364) quelli che celebrano la "morte" della donna amata per una vita.

 

Tematiche, stile e poetica

 

Il dissidio interiore

 

Questo sonetto mette in luce e sviluppa una tematica centrale in tutta la produzione poetica di Petrarca: il "dissidio interiore" che nasce dal fatto che Laura non ricambia i sentimenti del poeta, che si trova quindi combattuto e scisso tra gli slanci emotivi ed illusori della passione (v. 2: "spero"; v. 3: "volo spra 'l cielo"; v. 4: "e tutto 'l mondo abbraccio") e l'amara coscienza della realtà (v. 2: "sono un ghiaccio"; v. 4: "nulla stringo"). Quello che si evidenzia maggiormente, alla luce di questo conflitto, è la condizione di assoluta precarietà emotiva e psicologica in cui l'io poetico si ritrova, data dall’impossibilità di rendere concreto il proprio sogno d'amore.

La forza d'amore, in particolar modo dalla seconda terzina, tormenta il poeta, che - non senza compiacimento, si direbbe - si confessa da un lato incapace di sfuggire alla "pregion" (v. 5) in cui si sente rinchiuso, ma dall'altro riconosce che il sentimento non lo "ancide" (v. 7), ma preferisce torturarlo a poco a poco. In questo limbo emotivo ed esistenziale, Petrarca può quindi sviluppare l'indole individualistica ed autoriflessiva della sua scrittura (come già preannunciava il sonetto proemiale ai vv. 5-8: "del vario stile in ch’io piango et ragiono | fra le vane speranze e ’l van dolore, | ove sia chi per prova intenda amore, | spero trovar pietà, nonché perdono").

 

Strutture oppositive, chiasmi ed antitesi

 

Osservando il sonetto nel suo complesso si vede come le coppie oppositive siano visibili in tutto il testo, ad eccezione dell’ultimo verso; ciò significa che Petrarca ricorre volutamente ad una serie di artifici retorici per esplicitare ancor meglio il "dissidio" su cui egli costruisce Pace non trovo, et non ò da far guerra. Sono allora ricorrenti le coppie oppositive, che presentano la lacerazione intima del poeta per mezzo di immagini assai vivide (il volo e l'abbattimento a terra, il carcere e il "laccio" che lo imprigiona, addirittura il desiderio di morte nella prima terzina). La figura retorica del chiasmo (cui spesso si sovrappone anche l'antitesi) organizza il discorso del poeta (come ad esempio ai vv. 2, 6, 9, 12). Invece nell’ultimo verso il poeta dà una chaive di lettura all'intero sonetto; egli afferma infatti che quanto detto nei versi precedenti è la rappresentazione della sua condizione attuale, dovuta all'atteggiamento di Laura, cui si allude espressamente col vocativo "donna". Il complemento di causa "per voi" (v. 14) è posto in sede rilevata (in chiusura di componimento e ulteriormente sottolineato dalla rima siciliana con "altrui" al v. 11) ed è una spiegazione in più della sofferenza del poeta, attivando un ennesimo meccanismo oppositivo: colei che da un lato è unico motivo di vita per il poeta diventa anche per lui la principale causa di tormento e di dolore.