Il Futurismo nasce come movimento artistico-letterario d’avanguardia il 20 febbraio 1909 quando Filippo Tommaso Marinetti pubblica sul periodico francese “Le Figaro” quel Manifesto che riassume programmaticamente il proposito di rottura radicale rispetto alle forme della tradizione; la “violenza travolgente e incendiaria” del movimento vuole svecchiare l’immaginario estetico e rivolgersi, come fonte d’ispirazione privilegiata, ai nascenti miti della modernità: la “bellezza della velocità” e dell’automobile, (preferita alla Nike di Samotracia, come afferma Mario Morasso nel suo La nuova arma, 1905), il treno, la motocicletta, le folle del gran pubblico della Belle époque.
Le innovazioni tecnologiche di fine secolo sono tra i principali motivi del dinamismo della realtà che i Futuristi provano a restituire con le loro opere. La simultaneità è allora alla basa di quella poetica che insegue al sintesi degli opposti, al di là delle convenzioni spazio-temporali. Il Manifesto tecnico della letteratura futurista (11 maggio 1912) e L’immaginazione senza fili (11 maggio 1913) precisano poi alcune parole d’ordine dei nuovi letterati: le “parole in libertà” e le “tavole parolibere” spezzano radicalmente il lessico e la sintassi tradizionale. Questi nuovi soggetti, cantati dai poeti futuristi, compaiono anche nelle opere dei principali pittori e scultori del movimento (Gino Severini, Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Luigi Russolo), ma sortiscono i loro effetti anche in campo teatrale, musicale, architettonico e cinematografico. Il Futurismo si conferma allora come un movimento organico e complesso, che dall’iniziale spunto artistico mira a rinnovare e stravolgere ogni aspetto della vita socio-politica.