Søren Aabye Kierkegaard vive la sua breve vita nella prima metà dell'800 (1813 - 1855). La sua adesione al cristianesimo appare come un motivo propulsore del suo pensiero. Egli, infatti, rivendica la singolarità dell'esistenza individuale (differentemente da Hegel) e il primato della fede. La sua filosofia è essenzialmente una ricerca vitale, che investe direttamente l'esistenza umana. In due delle sue principali opere, Aut-Aut e Timore e Tremore, il filosofo mostra come, di fronte all'uomo, si aprano possibilità di scelta esistenziale che corrispondono a tre precisi stadi di vita: estetico, etico e religioso. Non si tratta assolutamente di tappe collegate tra loro da un rapporto di necessità, al contrario, fra esse c'è un salto, per cui ogni stadio risulta alternativo all'altro. Fra queste modalità di vita s'impone, dunque, una scelta.
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Stadio estetico: l'esteta è colui che vive attimo per attimo, alla ricerca incessante del piacere e delle sensazioni più nuove, sfuggenti e irripetibili. Il poeta romantico e il seduttore incarnano questo ideale estetico, in cui si manifesta la consapevole mancanza di senso e responsabilità. La figura dell'esteta è il Don Giovanni di Mozart, il quale vive perennemente alla ricerca dell'attimo in cui la perfezione della bellezza si realizza, per svanire, subito dopo, nella noia delle ripetizioni, Questa mina l'esistenza del seduttore e lo rende consapevole del fatto che la sua vita dipenda da altro, il che lo conduce a intravedere altre possibilità di vita, in confronto alle quali quella estetica appare come insignificante e disperata. La dimensione estetica, con la sua radicale assenza di impegno e responsabilità, sfocia nella disperazione e tutto ciò porta la presa di coscienza dell'insensatezza e della vanità di quell'esistenza
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Stadio etico: implica l'accettazione di quelle responsabilità del tutto estranee alla leggerezza dell'esteta. Per chi compie la scelta etica, i doveri e gli incarichi sociali diventano il fulcro della quotidianità. Kierkegaard identifica il tipo etico in un personaggio che conduce una vita ordinata e senza scosse, da buon marito e cittadino; nell'adempimento del dovere, egli prende coscienza di sè formandosi una personalità e guadagnando quelle libertà che nello stadio estetico erano solo un'illusione. Tuttavia, l'essere dedito al proprio dovere e il non infrangere alcuna legalità, implica, alla lunga, un atteggiamento conformistico che svuota la soggettività dell'uomo: schiacciato progressivamente dal ruolo sociale che egli incarna, viene ad insinuarsi, in lui, un'inclinazione al male e al peccato cui egli tenta di sottrarsi.
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Stadio religioso: l'unica possibilità che ci può salvare dalla disperazione è la scelta religiosa. Essa viene esaminata in "Timore e Tremore" mediante la figura di Abramo, chiamato da Dio, per il sacrificio del suo stesso figlio. Il patriarca si piega al volere del Signore senza trovarvi nè senso nè giustizia: la fede non è morale e la morale non è fede, ma si tratta di due dimensioni tra loro incommensurabili. L'uomo è pertanto libero di credere o non credere e a lui spetta la scelta angosciosa fra queste due alternative.
Secondo Kierkegaard, la vita pone l'uomo sempre di fronte ad una scelta di molteplici possibilità, nessuna delle quali è garantita, così che ogni scelta comporti la possibilità del fallimento. L'angoscia è, dunque, un sentimento della possibilità, tuttavia ha, anche, un aspetto positivo quando viene a incontrarsi con la fede. È l'angoscia stessa del peccato che ha permesso ad Adamo di scoprire la propria effettiva esistenza di individuo e che lo ha condotto ad avere piena coscienza dinanzi a Dio, ossia all'infinito.
Bibliografia
- Abbagnano N., Storia della filosofia, Torino, UTET, vol. III, 2013.
- Abbagnano N., Fornero G., Ricerca del Pensiero, Torino, Pearson, vol. III, 2012.
- Geymonat L., Storia del pensiero filosofico e scientifico, Milano, Garzanti, vol. V, 1981.
- Maranzana M., Filosofia ed esperienza, Bologna, Zanichelli, vol. II, 2008.