Collocata in ventiduesima posizione ne Il porto sepolto, la poesia I fiumi, in strofe di versi liberi, è una delle più note di Ungaretti, che, come egli stesso dichiara, trasfonde qui alcuni motivi essenziali della sua poetica e della sua visione del mondo. La questione è spiegata dallo stesso poeta, nel momento in cui prepara le Note per l’edizione definitiva delle proprie opere: “[I fiumi] è il vero momento nel quale la mia poesia prende insieme a me chiara coscienza di sé: l’esperienza poetica è l’esplorazione d’un personale continente d’inferno, e l’atto poetico, nel compiersi, provoca e libera, qualsiasi prezzo possa costare, il sentire che solo in poesia si può cercare e trovare libertà”. In tal senso, I fiumi è utile per ricavare addirittura una definizione ungarettiana della poesia: “La poesia è scoperta della condizione umana nella sua essenza, quella d’essere un uomo d’oggi, ma anche un uomo favoloso [...]: nel suo gesto d’uomo, il vero poeta sa che è prefigurato il gesto degli avi ignoti nel seguito di secoli impossibile a risalire, oltre le origini del suo buio” 1.
Metro: versi liberi.
Cotici il 16 agosto 1916 2
- Mi tengo a quest’albero mutilato 3
- abbandonato in questa dolina 4
- che ha il languore
- di un circo
- prima o dopo lo spettacolo
- e guardo 5
- il passaggio quieto
- delle nuvole sulla luna
- Stamani mi sono disteso
- in un’urna 6 d’acqua
- e come una reliquia
- ho riposato
- L’Isonzo 7 scorrendo
- mi levigava
- come un suo sasso
- Ho tirato su
- le mie quattro ossa
- e me ne sono andato
- come un acrobata 8
- sull’acqua
- Mi sono accoccolato
- vicino ai miei panni
- sudici di guerra
- e come un beduino 9
- mi sono chinato a ricevere
- il sole
- Questo è l’Isonzo
- e qui meglio
- mi sono riconosciuto
- una docile fibra 10
- dell’universo
- Il mio supplizio
- è quando
- non mi credo
- in armonia
- Ma quelle occulte
- mani 11
- che m’intridono
- mi regalano
- la rara
- felicità
- Ho ripassato
- le epoche 12
- della mia vita
- Questi sono
- i miei fiumi
- Questo è il Serchio 13
- al quale hanno attinto
- duemil’anni forse
- di gente mia campagnola
- e mio padre e mia madre.
- Questo è il Nilo
- che mi ha visto
- nascere e crescere
- e ardere d’inconsapevolezza 14
- nelle distese pianure
- Questa è la Senna
- e in quel suo torbido 15
- mi sono rimescolato
- e mi sono conosciuto
- Questi sono i miei fiumi
- contati nell’Isonzo
- Questa è la mia nostalgia
- che in ognuno
- mi traspare
- ora ch’è notte
- che la mia vita mi pare
- una corolla
- di tenebre 16
- Mi appoggio a quest’albero tranciato dalla guerra
- abbandonato in questo avvallamento
- che ha la malinconia
- di un circo
- vuoto
- e guardo
- il passaggio quieto
- delle nuvole sulla luna
- Stamattina mi sono disteso
- in una tomba d’acqua
- e ho dormito
- un sonno eterno
- L’Isonzo scorrendo
- mi levigava
- come un suo sasso
- Mi sono
- rialzato
- e me ne sono andato
- in bilico sul greto del fiume
- sull’acqua
- Mi sono coricato per riposarmi
- vicino alla mia divisa
- sporca di guerra
- e come un nomade del deserto
- mi sono chinato ad asciugarmi
- al sole
- Questo è l’Isonzo
- e qui meglio che in ogni altro luogo
- ho capito di essere
- parte integrante
- dell’universo
- Il mio tormento
- è quando
- non mi sento
- in armonia con il mondo
- Ma quelle invisibili
- mani del Destino
- che mi bagnano
- mi regalano
- una rara
- felicità
- Ho ripercorso
- i momenti principali
- della mia vita
- Questi sono
- i miei fiumi
- Questo è il Serchio
- a cui hanno attinto
- forse i duemila anni
- dei miei avi che erano contadini
- e mio padre e mia madre.
- Questo è il Nilo,
- che mi ha visto
- nascere e crescere
- e fremere d’inconsapevoli passioni
- in enormi spazi
- Questa è la Senna
- e nelle sue acque torbide
- mi sono immerso
- e sono maturato
- Questi sono i miei fiumi
- richiamati alla mente dall’Isonzo
- Questa è la mia nostalgia
- che da ognuno di questi fiumi
- mi giunge nel cuore
- ora che è notte
- e la mia vita mi sembra
- circondata
- dalle tenebre
1 G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di L. Piccioni, Milano, Mondadori, 1970, p. 505.
2 Cotici (o, secondo la grafia slovena, Cotiči) è un'altura, su cui sorge pure un piccolo borgo, presso San Michele del Carso, da cui il 19° Reggimento italiano difese Gorizia dall’assedio austriaco.
3 quest’albero mutilato: l’albero viene personificato attraverso l’uso del verbo "mutilare", tipicamente attribuito ad essere umani, e richiama così in maniera il campo semantico della guerra e della sofferenza, da cui il poeta pare astrarsi in un istante di pace.
4 dolina: cavità caratteristica del paesaggio carsico.
5 guardo: contemplando il cielo il poeta cerca un’astrazione dai dolori e dalle brutture della guerra, recuperando la propria dignità di essere umano.
6 mi sono disteso in un’urna: metafora che porta con sé il richiamo alla morte e alla tomba (dato che l’urna è appunto un antico vaso cinerario) ma che allude pure - nell’accezione ambivalente di Ungaretti - al riposo e alla pace con cui si entra in comunicazione con la propria identità più remota. La tomba e l’acqua rappresentano poi due chiari segnali del ciclo di vita e morte.
7 I quattro fiumi che ricorrono nel ricordo del poeta compongono quasi una cartina geografica (a sud il Nilo, ad ovest il Serchio, a nord la Senna, a ovest appunto l’Isonzo) che è anche una carta d’identità del poeta (il Serchio come fiume degli avi, il Nilo per l’infanzia, la Senna per la maturazione umana, l’Isonzo per il drammatico presente).
8 come un acrobata: similitudine che, riprendendo l’immagine del circo evocata al v. 4, sottolinea la difficoltà di camminare sui sassi bagnati dal fiume.
9 beduino: il termine rimanda all’infanzia del poeta, trascorsa in Egitto. Si chiude con questra strofe la prima parte della poesia, dove il poeta descrive la situazione dalla quale è scaturita la sua adesione alla vita; nei successivi, egli riporterà alla memoria tutti i fiumi che, autobiograficamente, scorrono ora per lui nell’Isonzo.
10 una docile fibra: è un passaggio fondamentale della lirica, dato che è in questo momento di pace e di unione con il tutto che, pur nella tragedia della guerra, Ungaretti scopre e riconosce l’intima armonia che lo rende parte (“fibra”, appunto) dell’intero universo.
11 occulte mani: per Ungaretti sono “le mani eterne che foggiano assidue il destino di ogni essere vivente” (G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di L. Piccioni, Milano, Mondadori, 1970, p. 524).
12 le epoche della mia vita: la sensazione di fusione con il tutto proietta il poeta come fuori dal tempo, tanto che gli eventi della sua breve esistenza (Ungaretti nel 1916 ha ventott’anni) diventano “epoche” storiche.
13 Il Serchio è un fiume della Lucchesia, la pianura attorno alla città di Lucca, di cui era originaria della famiglia del poeta.
14 ardere d’inconsapevolezza: Ungaretti allude al fatto che durante gli anni dell’adolescenza e della giovinezza in Egitto (che Ungaretti lascia nel 1912) era mosso da passioni che solo l’esperienza all’Isonzo gli ha permesso di decifrare compiutamente. Si ribadisce così l’importanza de I fiumi all’interno della poetica ungarettiana, e non solo de Il porto sepolto.
15 torbido: A Parigi Ungaretti compie passi importanti per la propria formazione, entrando in contatto con i principali esponenti delle avanguardie artistico-letterarie del periodo (da Apollinaire a Picasso, da Breton a Marinetti, da De Chirico ad Amedeo Modigliani), ma vive anche il grande dolore del suicidio dell’amico fraterno Moammed Sceab.
16 una corolla di tenebre: la poesia si chiude su quest’immagine che allude alle tenebre della guerra che, come in un fiore, si stringono attorno al poeta, chiudendogli ogni prospettiva di futuro. A ciò corrisponde non a caso una sensazione di ricordo misto ad angoscia.