Dopo l’introduzione del primo capitolo, nel terzo capitolo assistiamo ad uno degli eventi centrali della trama de I Malavoglia: il tragico naufragio della “Provvidenza”, la barca di famiglia che, guidata da Bastianazzo, figlio di Padron ‘Ntoni, doveva portare a Riposto una partita di lupini. La scelta di destinare l’imbarcazione, solitamente utilizzata per la pesca, a fini commerciali è dettata da un altro evento saliente: ‘Ntoni, figlio di Bastianazzo e della Longa (soprannome di Maruzza) nel 1863 è costretto alla leva militare dal nuovo Stato unitario, quanto mai estraneo ed alieno alle dinamiche del minuscolo paesino siciliano di Aci Trezza. Per supplire alla perdita di forza-lavoro (e quindi, per adeguarsi ad una inflessibile legge economica) il capofamiglia acquista il carico di legumi da zio Crocifisso noto usuraio del paese; ma le “le prime irrequietudini pel benessere” cui Verga si richiamava nella Prefazione al romanzo sono la causa primigenia della rovina della famiglia.
Il capitolo si apre così su una scena stravolta dalla tempesta, quasi un preannuncio del dramma che incombe; il tutto è reso attraverso l’ottica “bassa” e deformata della narrazione corale, che ricollega l’infuriare degli elementi naturali paragonandoli con i referenti che meglio conosce, secondo la tecnica della similitudine o la scelta di immagini ed espressioni enfatizzanti:
Dopo la mezzanotte il vento s’era messo a fare il diavolo, come se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paese, e a scuotere le imposte. Il mare si udiva muggire intorno ai fariglioni che pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di Sant’Alfio, e il giorno era apparso nero peggio dell’anima di Giuda.
La tensione della scena è tutta osservata, senza giudizi diretti da parte del narratore, da un’ottica impersonale ed impassibile, ma che riesce a cogliere il nascosto agitarsi delle passioni di Maruzza (“Maruzza la Longa non diceva nulla, com’era giusto, ma non poteva star ferma un momento, e andava sempre di qua e di là, per la casa e pel cortile, che pareva una gallina quando sta per far l’uovo”) o, attraverso le battute in dialogo diretto, il giudizio della comunità sulla improvvida scelta di Padron ‘Ntoni. Così commenta, ad esempio, Padron Fortunato Cipolla, sfruttando la forza concettuale dei proverbi:
Adesso tutti vogliono fare i negozianti, per arricchire! [...] e poi quando hanno perso la mula vanno cercando cercando la cavezza.
La “bettola di suor Mariangela la Santuzza” diventa allora la scena su cui transitano tutte le figure del paese; anzi, il fatto che il narratore si concentri sul “coro” popolare che commenta il dramma dei Malavoglia permette di tradurre sulla pagina il progressivo distanziamento tra l’ottica della comunità e quella della famiglia colpita dal lutto imminente. Così, ai commenti fatti in chiesa sull’assenza di Maruzza (“Comare la Longa non ci viene in chiesa, eppure ci ha il marito in mare con questo tempaccio! Poi non bisogna stare a cercare perché il Signore ci castiga!”) segue, sempre attraverso la voce popolare, l’emersione della logica economica sotterranea, quella per cui al dolore personale si aggiunge la rovina dei Malavoglia:
Ciascuno non poteva fare a meno di pensare che quell’acqua e quel vento erano tutt’oro per i Cipolla; così vanno le cose di questo mondo, che i Cipolla, adesso che avevano la paranza bene ammarata, si fregavano le mani vedendo la burrasca; mentre i Malavoglia diventavano bianchi e si strappavano i capelli, per quel carico di lupini che avevano preso a credenza dallo zio Crocifisso Campana di legno.
Alla perdita del centro del nucleo familiare (il capitolo si chiude appunto sul dolore straziante della Longa), si aggiunge allora l’obbligo di restituire i soldi, come spiegherà pure l’incipit del capitolo quarto, aperto, ancora una volta, da considerazioni di ordine pratico sulle infelici sorti finanziarie della famiglia. Ecco come il punto di vista distorto e distorcente della comunità racconta, in indiretto libero, la reazione dell’usuraio:
Stavolta i Malavoglia erano là, seduti sulle calcagna, davanti al cataletto, e lavavano il pavimento dal gran piangere, come se il morto fosse davvero fra quelle quattro tavole, coi suoi lupini al collo, che lo zio Crocifisso gli aveva dati a credenza, perché aveva sempre conosciuto padron ‘Ntoni per galantuomo; ma se volevano truffargli la sua roba, col pretesto che Bastianazzo s’era annegato, la truffavano a Cristo, com’è vero Dio! ché quello era un credito sacrosanto come l’ostia consacrata, e quelle cinquecento lire ei l’appendeva ai piedi di Gesù crocifisso; ma santo diavolone! padron ‘Ntoni sarebbe andato in galera! La Legge c’era anche a Trezza!