Entrati nella città di Dite, nel sesto cerchio della cavità infernale, Dante e Virgilio giugnono al cospetto degli eretici, che scontano qui la loro ribellione in vita alla legge divina. Spicca tra gli altri l'orgogliosa figura di Farinata degli Uberti, ghibellino di Firenze (ha partecipato da vincitore alla celebre battaglia di Montaperti nel 1260) che discute con il poeta delle vicende politiche della città toscana, prefigurandogli poi l'esilio (e qui il "duca" Virgilio spiegherà a Dante le qualità della preveggenza dei dannati). In mezzo, il colloquio tra l'Alighieri e Cavalcante de' Cavalcanti, padre dell'amico di Dante, Guido.
- Ora sen va per un secreto calle,
- tra 'l muro de la terra 1e li martìri 2,
- lo mio maestro, e io dopo le spalle.
- «O virtù somma 3, che per li empi giri
- mi volvi 4», cominciai, «com' a te piace,
- parlami, e sodisfammi a' miei disiri.
- La gente che per li sepolcri giace 5
- potrebbesi veder? già son levati
- tutt' i coperchi 6, e nessun guardia face 7».
- E quelli a me: «Tutti saran serrati
- quando di Iosafàt 8 qui torneranno
- coi corpi che là sù hanno lasciati 9.
- Suo 10 cimitero da questa parte hanno
- con Epicuro 11 tutti suoi seguaci 12,
- che l'anima col corpo morta fanno.
- Però a la dimanda che mi faci
- quinc'entro satisfatto sarà tosto,
- e al disio ancor che tu mi taci 13».
- E io: «Buon duca, non tegno riposto
- a te mio cuor se non per dicer poco,
- e tu m'hai non pur mo a ciò disposto».
- «O Tosco che per la città del foco
- vivo ten vai così parlando onesto,
- piacciati di restare in questo loco 14.
- La tua loquela ti fa manifesto
- di quella nobil patrïa natio,
- a la qual forse fui troppo molesto 15».
- Subitamente questo suono uscìo
- d'una de l'arche; però m'accostai,
- temendo, un poco più al duca mio.
- Ed el mi disse: «Volgiti! Che fai?
- Vedi là Farinata 16 che s'è dritto:
- da la cintola in sù tutto 'l vedrai 17».
- Io avea già il mio viso nel suo fitto;
- ed el s'ergea col petto e con la fronte
- com' avesse l'inferno a gran dispitto 18.
- E l'animose man del duca e pronte
- mi pinser tra le sepulture a lui,
- dicendo: «Le parole tue sien conte 19».
- Com' io al piè de la sua tomba fui,
- guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso,
- mi dimandò: «Chi fuor li maggior tui 20?».
- Io ch'era d'ubidir disideroso,
- non gliel celai 21, ma tutto gliel' apersi;
- ond' ei levò le ciglia un poco in suso 22;
- poi disse: «Fieramente furo avversi
- a me e a miei primi e a mia parte,
- sì che per due fïate li dispersi 23».
- «S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogne parte»,
- rispuos' io lui, «l'una e l'altra fïata;
- ma i vostri non appreser ben quell' arte 24».
- Allor surse a la vista scoperchiata
- un'ombra, lungo questa, infino al mento:
- credo che s'era in ginocchie levata 25.
- Dintorno mi guardò, come talento
- avesse di veder s'altri era meco;
- e poi che 'l sospecciar fu tutto spento,
- piangendo disse: «Se per questo cieco
- carcere vai per altezza d'ingegno 26,
- mio figlio 27 ov' è? e perché non è teco?».
- E io a lui: «Da me stesso non vegno:
- colui ch'attende là, per qui mi mena
- forse cui 28Guido vostro ebbe a disdegno».
- Le sue parole e 'l modo de la pena 29
- m'avean di costui già letto il nome;
- però fu la risposta così piena.
- Di sùbito drizzato gridò: «Come?
- dicesti "elli ebbe"? non viv' elli ancora?
- non fiere li occhi suoi lo dolce lume 30?».
- Quando s'accorse d'alcuna dimora
- ch'io facëa 31 dinanzi a la risposta,
- supin ricadde e più non parve fora.
- Ma quell' altro magnanimo, a cui posta
- restato m'era, non mutò aspetto,
- né mosse collo, né piegò sua costa 32;
- e sé continüando al primo detto,
- «S'elli 33 han quell' arte», disse, «male appresa,
- ciò mi tormenta più che questo letto 34.
- Ma non cinquanta volte fia raccesa
- la faccia de la donna 35 che qui regge,
- che tu saprai quanto quell'arte 36 pesa.
- E se tu mai nel dolce mondo regge,
- dimmi: perché quel popolo è sì empio
- incontr' a' miei in ciascuna sua legge?».
- Ond' io a lui: «Lo strazio e 'l grande scempio
- che fece l'Arbia 37 colorata in rosso,
- tal orazion fa far nel nostro tempio 38».
- Poi ch'ebbe sospirando il capo mosso,
- «A ciò non fu' io sol», disse, «né certo
- sanza cagion 39 con li altri sarei mosso.
- Ma fu' io solo, là dove sofferto
- fu per ciascun di tòrre via Fiorenza 40,
- colui che la difesi a viso aperto».
- «Deh, se riposi mai vostra semenza»,
- prega' io lui, «solvetemi quel nodo
- che qui ha 'nviluppata mia sentenza.
- El par che voi veggiate, se ben odo,
- dinanzi quel che 'l tempo seco adduce 41,
- e nel presente tenete altro modo».
- «Noi veggiam, come quei c'ha mala luce,
- le cose», disse, «che ne son lontano 42;
- cotanto ancor ne splende il sommo duce.
- Quando s'appressano o son, tutto è vano
- nostro intelletto; e s'altri non ci apporta,
- nulla sapem di vostro stato umano.
- Però comprender puoi che tutta morta
- fia nostra conoscenza da quel punto 43
- che del futuro fia chiusa la porta».
- Allor, come di mia colpa compunto,
- dissi: «Or direte dunque a quel caduto 44
- che 'l suo nato è co' vivi ancor congiunto;
- e s'i' fui, dianzi, a la risposta muto,
- fate i saper che 'l fei perché pensava
- già ne l'error che m'avete soluto».
- E già 'l maestro mio mi richiamava;
- per ch'i' pregai lo spirto più avaccio
- che mi dicesse chi con lu' istava.
- Dissemi: «Qui con più di mille giaccio:
- qua dentro è 'l secondo Federico 45
- e 'l Cardinale 46; e de li altri mi taccio».
- Indi s'ascose; e io inver' l'antico
- poeta volsi i passi, ripensando
- a quel parlar 47 che mi parea nemico.
- Elli si mosse; e poi, così andando,
- mi disse: «Perché se' tu sì smarrito?».
- E io li sodisfeci al suo dimando.
- «La mente tua conservi quel ch'udito
- hai contra te», mi comandò quel saggio;
- «e ora attendi qui», e drizzò 'l dito:
- «quando sarai dinanzi al dolce raggio
- di quella il cui bell' occhio tutto vede 48,
- da lei saprai di tua vita il vïaggio 49».
- Appresso mosse a man sinistra 50 il piede:
- lasciammo il muro e gimmo inver' lo mezzo
- per un sentier ch'a una valle 51 fiede,
- che 'nfin là sù facea spiacer suo lezzo.
- Ora Virgilio procede su un sentiero nascosto,
- tra le mura della città [di Dite] e le tombe,
- ed io [cammino] dopo di lui.
- «O [uomo di] altissima virtù, che mi guidi per i gironi maligni
- a tuo piacimento», cominciai [a dire], «raccontami,
- ed esaudisci i miei desideri [di conoscenza].
- È possibile vedere le anime distese
- nelle tombe? I coperchi sono tutti sollevati
- e nessuno controlla».
- E Virgilio mi [rispose]: «Tutti [i coperchi] saranno chiusi
- quando [i dannati] faranno ritorno da Giosafat
- con quei corpi che hanno lasciato nel mondo terreno.
- Sono sepolti in questo luogo
- Epicuro e i suoi fedeli,
- che credono l'anima muoia col corpo.
- Ma la domanda che mi fai
- qui dentro sarà soddisfatta tra poco,
- e anche il desiderio che mi nascondi».
- Ed io [risposi]: «benevola guida, tengo nascosto
- a te il mio desiderio per nessun [motivo] se non per [evitare di] disturbarti,
- perché non solo adesso mi hai indotto a tacere».
- «O Toscano che visiti l'Inferno da vivo
- parlando [in modo] così degno,
- ti faccia piacere fermarti [un po'] qui.
- Il tuo modo di parlare ti svela
- originario di quella nobile patria,
- alla quale forse [io] fui troppo gravoso».
- All'improvviso uscì questo suono
- da una delle tombe; per cui mi accostai,
- per il timore, un po' [più] a Virgilio.
- Ed egli mi disse: «Girati! Che [cosa] fai?
- Guarda laggiù Farinata che s'è drizzato:
- lo vedrai tutto [quanto] dalla vita in sù».
- Io avevo già conficcato il mio sguardo nel suo;
- ed egli teneva alti il torace e il viso
- quasi nutrisse un grande disprezzo per l'Inferno.
- E le mani leste e risolute della [mia] guida
- mi spinsero tra le tombe verso Farinata,
- dicendo[mi]: «fai che le tue parole siano ben ponderate».
- Appena arrivai davanti al suo sepolcro,
- mi guardò per un po', e poi, quasi sprezzante,
- mi chiese: «chi furono i tuoi avi?».
- Io, che ero smanioso di risponder[gli],
- non glielo nascosi, ma tutto gli rivelai;
- al che egli sollevò in su un poco le ciglia;
- e poi disse: «Degnamente furono nemici a me,
- ai miei avi e alla mia fazione,
- tanto che per due volte li sconfissi».
- «Se essi furono esiliati, tornarono anche da tutte le direzioni»,
- gli risposi, «entrambe le volte;
- mentre gli Uberti non furono tanto abili».
- A quel punto si eresse dall'apertura [della tomba]
- una figura, accanto a questa, [visibile] fino al mento:
- penso che si fosse alzata in ginocchio.
- Mi scrutò intorno, come se avesse voglia
- di vedere se qualcun altro fosse con me;
- e dopo che il [suo] dubbio cessò,
- disse piangendo: «Se ti aggiri per questa buia
- prigione in virtù del tuo intelletto,
- dov'è mio figlio? E per quale motivo non è con te?».
- Ed io [dissi] a lui: «Non sono qui a causa della mia volontà,
- Virgilio che [mi] attende poco lontano, qui mi guida
- forse verso colei, la quale vostro [figlio] Guido disdegnò.
- Ciò che disse e la sua punizione
- mi avevano presto suggerito chi fosse questo [dannato];
- per questo [gli] risposi in modo così puntuale.
- Alzato[si] all'improvviso urlò: «Cosa?
- hai detto “egli ebbe”? non è ancora vivo?
- la luce del sole non colpisce [più] i suoi occhi?
- Quando [Cavalcante] si accorse del mio indugio
- nel rispondere, cadde riverso
- nella tomba e più non si vide.
- Ma l'altro nobile, per il quale
- mi ero fermato, non cambiò espressione,
- né si girò, né piegò il fianco;
- e proseguendo il discorso interrotto prima,
- «Se essi hanno», disse, «imparato male quell'abilità,
- ciò mi assilla di più di questa pena.
- Ma il volto della Luna non arriverà ad illuminarsi
- cinquanta volte, [prima] che tu
- sappia quanto quell'abilità sia difficile.
- E se tu tornerai mai nel regno dei vivi,
- spiegami: perché i Fiorentini sono così crudeli
- con la mia famiglia nelle loro leggi?
- Ed io gli risposi: «il disastro e il grande massacro
- che colorò di rosso l'Arbia,
- fa deliberare tali leggi al nostro consiglio».
- Dopo che ebbe scosso la testa sospirando,
- «A quell'evento non partecipai io solo», disse,
- «tantomeno con gli altri mi sarei mosso senza una ragione.
- Ma fui soltanto io, quando altri
- accettarono di distruggere Firenze,
- colui che la difese apertamente».
- «Ahimé, possa trovar pace la vostra discendenza»,
- e [poi] lo pregai, «risolvetemi un dubbio
- che condiziona il mio giudizio.»
- Sembra che voi [dannati] vediate, se ho capito bene,
- oltre ciò che il tempo [presente] porta con sé,
- ma non vedete chiaramente nel presente [stesso]».
- «Noi vediamo il presente come coloro che hanno una cattiva vista»,
- disse, «[e vedono solo] le cose che sono lontane;
- fino a questo punto Dio ci illumina ancora.
- Quando [gli eventi presenti] si avvicinano oppure sono,
- la nostra facoltà di vedere svanisce; e se altri non ci informano,
- non sappiamo nulla della vostra condizione.
- Perciò puoi capire che [questa] nostra facoltà svanirà
- completamente nel momento in cui
- il futuro non esisterà più».
- A quel punto, sentendomi in colpa,
- dissi: «allora riferirete a colui che [prima] è ricaduto [nel sepolcro]
- che suo figlio è ancora vivo;
- e, se prima non gli risposi,
- ditegli che fu perché già riflettevo
- sul dubbio che [ora] mi avete chiarito».
- E già Virgilio mi richiamava [a lui];
- perciò io pregai lo spirito più alla svelta
- che mi dicesse chi stava con lui [nel sepolcro].
- Mi disse: «Sono qui sepolto con moltissimi [dannati]:
- c'è Federico II e Ottaviano degli Ubaldini;
- e degli altri [ancora] non dico nulla.
- Poi scomparve [nella tomba]; ed io mi incamminai in direzione di Virgilio,
- pensando a quelle parole [di Farinata]
- che mi erano ostili.
- Virgilio si incamminò e mentre andava,
- mi disse: «Perché sei turbato?».
- Ed io accontentai la sua domanda.
- «Che la tua memoria costudisca ciò che ha sentito
- contro di te», mi ordinò [di fare] quell'[uomo] assennato;
- «e adesso ascolta», e sollevò il dito:
- «quando ti troverai davanti allo sguardo luminoso
- di colei il cui bell'occhio vede tutto,
- quella ti dirà il corso della tua vita».
- Poi avanzò volgendo a sinistra il passo:
- ci allontanammo dal muro [della città di Dite] e andammo verso l'interno,
- per una stradina che termina in una valle, [e]
- che esalava fin lassù il suo puzzo sgradevole.
1 terra: città. Sostituzione spesso ricorrente nella Commedia: un esempio si trova già in Inferno V, v. 97; VIII vv. 77 e 130, IX v. 104.
2 martìri: i tormenti, cioè le tombe in cui sono sepolti gli eretici.
3 O virtù somma: Virgilio. Viene apostrofato da Dante “virtù somma” in quanto, pur non avendo fatto esperienza della grazia divina, possiede le quattro virtù cardinali (prudenza, fortezza, temperanza, giustizia) proprie della ragione.
4 volvi: “volgi”. Il termine suggerisce il percorso circolare fatto dai due poeti.
5 La gente che per li sepolcri giace: al termine del canto IX (vv. 112- 133) Dante si sofferma a descrivere l'entrata del cerchio VI: un ampio e desolato cimitero, i cui sepolcri arroventati puniscono, divisi in gruppi, gli eretici di ogni setta.
6 già son levati tutt' i coperchi: i coperchi si ergono perpendicolarmente sui sepolcri.
7 nessun guardia face: i sepolcri non sono controllati da un guardiano.
8 Iosafàt: valle della Palestina in cui avverrà il Giudizio Universale.
9 In seguito al Giudizio Universale le anime torneranno coi loro corpi dalla valle di Giosafat e i sepolcri si chiuderanno in eterno sopra di essi.
10 Suo: “loro”. Di frequente si trova in Dante un pronome singolare riferito a un soggetto plurale
11 Epicuro: filosofo greco (Samo, 341- Atene, 271 a.C.) che ha diffuso una dottrina materialista per la quale il mondo è formato da atomi dalla cui unione o disunione si generano o muoiono le cose, compresa l'anima che perisce col corpo.
12 tutti suoi seguaci: gli epicurei, termine con il quale Dante designava indistintamente tutti coloro che basavano la propria vita su una dimensione terrena e negavano l'immortalità dell'anima, si trovano tutti quanti puniti nella stessa tomba.
13 disio ancor che tu mi taci: il riferimento di Virgilio, che legge nell'animo di Dante, è a Farinata degli Uberti, concittadino di Dante già menzionato nella conversazione con Ciacco (Inferno, VI, vv. 79-87).
14 il dialogo di Dante e Virgilio è improvvisamente interrotto dalla voce di Farinata degli Uberti, che si trova tra gli “epicurei”, il quale, come poi dichiara, ha riconosciuto in Dante un suo concittadino per via dell'accento.
15 fui troppo molesto: il riferimento di Farinata è la battaglia di Montaperti (1260), in cui l'esercito ghibellino vinse quello guelfo e governò a Firenze fino al 1266.
16 Farinata: Farinata degli Uberti o Manente di Iacopo degli Uberti, detto Farinata, nacque a Firenze all'inizio del XIII secolo e fu capo ghibellino dal 1239. Sconfisse i guelfi nel 1248, ma dieci anni dopo con la restaurazione dei guelfi a Firenze, tutta la famiglia degli Uberti fu costretta all'esilio. Riparatosi a Siena, con l'appoggio dell'imperatore Manfredi riorganizzò le forze ghibelline e sbaragliò l'esercito nemico a Montaperti nel 1260, rientrando a Firenze. Morì nel 1264. Nel 1283 fu pronunciata contro di lui la condanna postuma di eresia e furono confiscati dal governo fiorentino tutti i beni di famiglia. All'epoca Dante era quasi ventenne e osservò in prima persona la vendetta operata a posteriori e il terrore generato dalle feroci lotte tra le fazioni della città in seguito a questi fatti. Per questo motivo la figura di Farinata, pur non avendola mai direttamente conosciuta, si impresse profondamente nel suo animo.
17 da la cintola in sù tutto 'l vedrai: immagine di grande effetto; Farinata si è alzato in piedi dal suo sepolcro e si mostra maestoso ai visitatori dalla cintola in sù.
18 com' avesse l'inferno a gran dispitto: continua la descrizione del dannato che, con imponente dignità, mostra di avere in spregio l'Inferno stesso. La forma "dispitto" è un gallicismo (dal francese antico, despit).
19 conte: aggettivo dalla vasta apertura semantica; dal francese antico cointe, in origine prende il significato di “noto”, “familiare”, “conosciuto”; incrociato poi col latino comptus assume il significato di “ornato”, “elegante”. La figura di Farinata richiede, secondo Virgilio, deferenza e rispetto. La provenienza guelfa di Dante è forse il motivo di questo monito alla prudenza.
20 Chi fuor li maggior tui?: Farinata, morto un anno prima della sua nascita, domanda a Dante di nominare i suoi antenati. Si può notare come per l'orgoglioso nobile fiorentino, la stirpe sia sempre un tratto distintivo del carattere di un uomo.
21 non gliel celai: Dante appartiene ad una famiglia guelfa, di parte avversa.
22 ond' ei levò le ciglia un poco in suso: seguita l'atteggiamento altero di Farinata, che compie un gesto di disappunto nel sentire nominati i componenti di una famiglia guelfa.
23 sì che per due fïate li dispersi: Farinata si riferisce alle due vittorie ghibelline del 1248 e del 1260 delle quali fu il principale artefice.
24 S'ei fur cacciati...arte: Dante si riferisce al rientro in patria dei Guelfi avvenuto nel 1251 e nel 1267, rispettivamente dopo la morte dell'imperatore Federico II e del figlio Manfredi. La risposta di Dante è sprezzante e altezzosa e poco si attiene alla raccomandazione di Virgilio del v. 39.
25 La scena muta improvvisamente con la comparsa, accanto a Farinata, di un'altra figura, di cui Dante riesce a scorgere soltanto il viso: è Cavalcante de' Cavalcanti, guelfo e padre di Guido Cavalcanti, il poeta sodale di Dante che si imparentò con la famiglia degli Uberti sposando Beatrice, figlia di Farinata. È noto che i Cavalcanti simpatizzassero con le tesi di Epicuro, e cioè non credessero nell'immortalità dell'anima.
26 per altezza d'ingegno: Cavalcante crede erroneamente che il viaggio di Dante nell'oltretomba sia giustificato dai suoi meriti terreni, anziché dalla Grazia divina.
27 mio figlio: cioè Guido Cavalcanti, nato qualche anno prima di Dante, intorno al 1258, fu la figura di riferimento dello stilnovo fiorentino assieme a Lapo Gianni e allo stesso Dante, dei quali era grande amico. Autore di numerose rime (sonetti, canzoni e ballate) aveva fama di ateo ed abbracciò la dottrina averroistica.
28 cui: Beatrice, e cioè la Teologia.
29 e 'l modo de la pena: cioè, il fatto di trovarlo nel sepolcro degli epicurei.
30 Cavalcante si alza improvvisamente in piedi credendo di aver ascoltato la notizia della morte del figlio, ma il riferimento di Dante, e in particolare il frainteso utilizzo del passato remoto nella precedente terzina, servono ad indicare una specifica scelta che Guido fece ad un certo punto della sua vita e che mai più egli mise in discussione. Nel tempo in cui Dante immagina di dialogare con Cavalcante Guido è in verità ancora vivo.
31 Dante resta spaesato di fronte alla reazione ansiosa di Cavalcante: non intuisce che, sebbene i dannati conoscano gli eventi futuri, essi non sono tuttavia in grado di collocarli nel presente. Questo dubbio troverà risposta poco più avanti.
32 né piegò sua costa: Farinata resta fieramente indifferente al dramma di Cavalcante.
33 S'elli: gli Uberti.
34 letto: metonimia che indica il luogo al posto dell'oggetto. Il "letto" è per contiguità logica la tomba in cui il dannato sconta la sua pena, e dunque la pena.
35 la faccia de la donna: Proserpina (o Ecate), moglie di Plutone, signora dell'Inferno, identificata con la Luna nel mito antico.
36 quell'arte: e cioè la possibilità di rientrare a Firenze dall'esilio.
37 Arbia: fiume che scorre nei pressi di Montaperti. Il ricordo della strage che si consumò nella battaglia rende le leggi fiorentine molto restrittive nei confronti dei diretti responsabili e perciò anche per la famiglia degli Uberti.
38 nostro tempio: metafora di carattere sacro, cominciata con le stesse parole di Farinata della precedente terzina, "empio" (v. 83) e proseguita con "orazion" e "tempio" al v. 87.
39 Le ragioni che hanno fatto sì che i ghibellini di Farinata si organizzassero per la battaglia stanno nel desiderio di rientrare a Firenze dall'esilio e di mettere fine al governo guelfo.
40 Farinata si riferisce ai fatti di Empoli, dove, dopo Montaperti, i ghibellini riuniti in assemblea decisero di distruggere Firenze.
41 dinanzi quel che 'l tempo seco adduce: cioè, avete la facoltà di vedere nel futuro.
42 che ne son lontano: come coloro che mettono a fuoco solo le cose che si trovano lontane, cioè i presbiti.
43 da quel punto: dopo il Giudizio Universale.
44 a quel caduto: a Cavalcante de' Cavalcanti, padre di Guido.
45 Federico: l'imperatore e re di Napoli Federico II di Svevia (1194-1250). Secondo la Cronaca di Salimbene da Parma era epicureo e non credeva nell'immortalità dell'anima.
46 Cardinale: Ottaviano degli Ubaldini, di famiglia ghibellina, fu nominato vescovo di Bologna nel 1240 e poi cardinale nel 1244. I contemporanei lo soprannominarono il "Cardinale", ma viene ricordato come un acceso sostenitore della causa imperiale.
47 quel parlar: ovvero la profezia di Farinata dei vv. 79-81.
48 quella il cui bell' occhio tutto vede: Beatrice, che vede in Dio ogni cosa.
49 saprai di tua vita il vïaggio: in realtà gli accadimenti futuri della vita di Dante saranno svelati dal suo antenato Cacciaguida nel canto XVII del Paradiso e non da Beatrice.
50 a man sinistra: i due poeti scendono nell'Inferno procedendo sempre a sinistra.
51 una valle: è il cerchio VII che compare di sotto. "Fiede" letteralmente significa “ferisce”, mentre qui ha valore di “termina”.