Introduzione
Il De Amore è un importante trattato in tre libri ad opera di Andrea Cappellano 1 (1150-1220), che è considerato il manuale e la summa dei precetti dell’amor cortese, composto in latino attorno al 1185.
L’opera, dedicata all’amico ciambellano Gualtieri 2, si propone, attraverso una precisa impostazione didattica e riutilizzando lo stile della trattatistica dell’epoca, di definire i canoni dell’amore cortese - con particolare rilievo per il fin’amor, ovvero l’amore perfetto - e le regole che un buon amante deve seguire per conquistare la sua dama 3.
Al di là delle censure ecclesiastiche, il De amore diventa un autentico punto di riferimento per tutto il XIII e il XIV secolo, divenendo fonte privilegiata, attraverso le numerosissime traduzione e i molti volgarizzamenti, per i poeti siciliani, gli stilnovisti, la Vita nova di Dante e il canto quinto dell’Inferno, il Decameron di Giovanni Boccaccio.
Riassunto delle tematiche principali
Nel primo libro del De amore, viene trattata la natura dell’amore, come si presenta e i turbamenti che provoca. Il sentimento amoroso si configura principalmente come pena, ma assumere una valenza positiva se debitamente indirizzato attraverso specifiche tecniche di corteggiamento. Viene quindi spiegato come corteggiare una donna appartenente a un ceto sociale superiore, o come invece corteggiarne una di un ceto inferiore. Secondo quello che sarà un topos della lirica stilnovistica (si pensi a Al cor gentile rempaira sempre amore e Amore e ‘l cor gentile sono una cosa), Cappellano precisa la differenza tra la noblità di sangue e la nobiltà di spirito degli amanti. La casistica di Cappellano include sia premi per chi cede in maniera onorevole all’amore di un corteggiatore degno sia punizioni per chi, nonostante gli sforzi dell’amante, si rinchiude nel rifiuto e nella castità. Infine, si specifica che atteggiamento debbano assumere gli appartenenti al ceto dei chierici e degli intellettuali.
Nel secondo libro si trattato le tecniche rivolte all’accrescimento e alla conservazione dell’amore, in una dimensione etico-morale prettamente cortese. Ciò vuol dire che l’amore, oltre che segreto, dev’essere necessariamente extraconiugale, e farsi metafora del legame fiduciario che intercorre tra feudatario e vassallo. L’amore quindi diventa il terreno privilegiato per far mostra delle proprie virtù cavalleresche, quali il valore, il coraggio, la gentilezza, la generosità e l’eleganza.
Il terzo libro del De amore presenta una curiosa ritrattazione, quasi nello stile della tradizionale palinodia dei canzonieri medievali. Il tono del discorso allora cambia, si fa più severo, insiste sui vizi della donna e l’immoralità del rapporto degli amanti. È assai probabile che tutto il terzo libro sia stato “ispirato” dal timore di incorrere in condanne ecclesiastiche per il contenuto licenzioso dei primi due volumi.
Il De amore accetta e codifica l’origine sensuale del sentimento, che è autentico solo se slegato dai condizionamenti sociali del matrimonio; in tal senso Cappellano stende nei primi due libri un manuale di comportamento dell’adultero, che però non si traduce in un semplice e basilare appello a godere dei sensi. Perché l’amore sia degno e nobile, occorre che esso sia sostenuto da comportamenti appropriati e pudici, dal rifiuto degli inganni e delle bugie, dal senso di equilibrio e dal perfezionamento continuo di sé. Tra i concetti del libro che meglio si fissano nella tradizione letteraria e nella mentalità collettiva:
- l’equivalenza tra l’amore e il “cuore gentile”: il sentimento d’amore non può che radicarsi in un cuore puro e nobile, quale che sia l’estrazione socio-culturale di chi viene ferito dalla freccia di Amore.
- il concetto del servitium amoris, ovvero il comandamento per cui l’amante deve porsi al completo servizio della figura femminile, intesa come una creatura superiore ed irraggiungibile.
- il principio della sublimazione della passione come perfezionamento morale; l’amante, di fronte all’irrealizzabilità dei suoi desideri, deve sfruttare i prorpi sentimenti per l’amata come strumento di perfezionamento intimo ed elevazione spirituale (fino alla sovrapposizione tra la passione terrena e la fede trascendente).
1 Sotto le spoglie di Andrea Cappellano (in latino Andreas Capellanus, in francese André le Chapelain) si può identificare storicamente Andrea di Luyères, cappellano della corte di Maria di Francia (1145-1198). Anche se vi sono tracce di Andrea Cappellano anche presso la corte del re di Francia Filippo II Augusto (1165-1223), è assai probabile che il De amore sia stato ideato e scritto presso la corte di Maria di Champagne, protettrice di Chrétien de Troyes e nipote del primo trovatore, Guglielmo IX di Acquitania.
2 Altri titoli con cui il testo è conosciuto sono infatti Gualtieri e De arte honeste amandi.
3 Tra le fonti privilegiati di Cappellano, c’è l’Ars amatoria di Ovidio, cui s’aggiungono i Remedia amoris.